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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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La Repubblica - La Stampa - Corriere della Sera - L'Unità Rassegna Stampa
28.09.2009 E' giusto tirare sassate agli ebrei che pregano
Ed è sbagliato riconoscere i rischi per Israele connessi al nucleare iraniano

Testata:La Repubblica - La Stampa - Corriere della Sera - L'Unità
Autore: Alberto Stabile - Francesca Paci - La redazione del Corriere della Sera - La redazione dell'Unità
Titolo: «A Gerusalemme cresce la paura. Dobbiamo fermarli subito - Così Ahmadinejad è tornato in sella»

Riportiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 28/09/2009, a pag. 15, l'articolo di Alberto Stabile dal titolo " A Gerusalemme cresce la paura. Dobbiamo fermarli subito  ". Dalla STAMPA, a pag. 7, l'intervista di Francesca Paci a Scott Lucas, docente di studi americani all’università di Birmingham,  dal titolo " Così Ahmadinejad è tornato in sella ". Dal CORRIERE della SERA, a pag. 17, la breve dal titolo " Gerusalemme sassaiola sulla Spianata ". Dall'UNITA', a pag. 27, la breve dal titolo " Scontri e arresti sulla Spianata delle Moschee". Ecco gli articoli preceduti dai nostri commenti:

La REPUBBLICA - Alberto Stabile : " A Gerusalemme cresce la paura. Dobbiamo fermarli subito "

Stabile scrive : "La notizia delle esercitazioni a suon di missili a corto raggio, cui oggi, forse, seguirà il lancio di un ordigno capace di una gittata in grado di colpire Israele, viene vissuta qui come una provocazione, tanto più minacciosa in quanto pensata e voluta alla vigilia di Yom Kippur.". I test missilistici iraniani sono una provocazione e una minaccia. Non si tratta della visione di Israele.
Finalmente il mondo occidentale sta prendendo atto della follia omicida di Ahmadinejad. A Stabile la notizia non sembra piacere e scrive "
Ma Israele si accontenterà soltanto di aver avuto ragione? O piuttosto non coglierà, l´occasione per ribadire che occorre fermare le ambizioni nucleari iraniane avvalendosi di ogni mezzo, non escluso un intervento militare? ". Israele è solo il primo bersaglio dell'Iran. Dopo c'è il resto dell'occidente. La questione per Israele e le democrazie occidentali non è di litigare su chi ha compreso la situazione prima degli altri, ma trovare una soluzione rapida e definitiva.
Nel finale dell'articolo, Stabile cambia argomento e scrive "
Scontri tra giovani palestinesi, accorsi a difendere Al Aqsa, secondo l´appello lanciato dai minareti, e la polizia presente in massa, in fin dei conti per proteggere la «gita» degli ultras nel terra degli infedeli, quelli che un giornale israeliano ha inopinatamente definito «turisti».". Stabile, oltre ad essere male informato, è anche in malafede. Quelli che lui definisce "giovani palestinesi" sono terroristi che hanno preso a sassate dei turisti (francesi, per la precisione. Ma Stabile mette in dubbio questa informazione). In ogni caso, se anche fossero stati ebrei ortodossi  non comprendiamo per quale motivo non avrebbero potuto recarsi a Gerusalemme per pregare. Ecco l'articolo:

 Ahmadinejad

GERUSALEMME - Per le strade è il deserto. La città è immersa nel silenzio. Radio e televisione tacciono. Soltanto nei pressi delle sinagoghe si può sentire il brusio delle preghiere. E´ cominciato Yom Kippur, la festa più sacra del calendario ebraico, il giorno del pentimento e dell´espiazione, il giorno in cui viene suggellato il destino di ognuno di noi. Ma anche quest´anno, come accade ormai da molti Yom Kippur, dietro la facciata di raccoglimento e immobilismo si agitano tensioni e paure.
L´Iran, innanzitutto. La notizia delle esercitazioni a suon di missili a corto raggio, cui oggi, forse, seguirà il lancio di un ordigno capace di una gittata in grado di colpire Israele, viene vissuta qui come una provocazione, tanto più minacciosa in quanto pensata e voluta alla vigilia di Yom Kippur. Fu in questo stesso giorno del 1973 che l´Egitto, alla testa di una coalizione araba, cercò di vendicarsi della disastrosa sconfitta patita nella guerra del giugno ‘67. E costò molto a Israele raddrizzare le sorti di quel conflitto scatenato a sorpresa. Messaggio implicto da Teheran: ora come allora potete essere vulnerabili. Ora come allora siete nel mirino.
Il che amplifica ed aggrava, le conseguenze della scoperta del reattore nucleare di Qom, costruito segretamente ed abilmente nascosto dai tecnici iraniani nel cuore di una montagna. La prima reazione alle rivelazioni dell´intelligence occidentale sulla centrale nucleare iraniana N.2 è stata di aperta soddisfazione. Agli occhi dei dirigenti israeliani la forzata ammissione dell´esistenza della centrale di Qom da parte di Ahmadinedjad costituisce la conferma più eclatante di ciò che Israele va dicendo da sempre: Teheran intende dotarsi dell´arma atomica; i presunti scopi pacifici del suo programma nucleare sono soltanto fumo negli occhi dell´Occidente; ne consegue che Ahmadinedjad è un mentitore di cui non bisogna fidarsi.
Ma Israele si accontenterà soltanto di aver avuto ragione? O piuttosto non coglierà, l´occasione per ribadire che occorre fermare le ambizioni nucleari iraniane avvalendosi di ogni mezzo, non escluso un intervento militare? Reduce da quello che i giornali israeliani hanno definito un grande successo, in riferimento al suo intervento all´Assemblea generale dell´Onu, Netanyahu è tornato alla carica sollecitando gli Stati Uniti e l´Occidente in generale ad «agire» contro l´Iran. Il premier, citando Primo Levi, retoricametne s´è chiesto (e pare abbia chiesto alla speaker della Camera americana, Nancy Pelosi): «Se non ora, quando?».
Ma quando, che cosa? Quando le sanzioni o quando l´attacco? I giornali della vigilia, che accompagneranno gli israeliani nelle lente ore della ricorrenza, non si nascondono la gravità del momento. Ripetono fino alla noia che Israele appoggia la strategia delle sanzioni e, a questo punto, scrive Haartez, la necessità di misure più stringenti contro Teheran. Ma il Jerusalem Post (citando il ministro degli Esteri, Lieberman) sostiene che è «tempo per sovvertire il pazzo regime di Teheran», mentre un commentatore di Yedioth Aaronoth si chiede senza mezzi termini: «Netanyahu ordinerà all´aviazione israeliana di distruggere il progetto nucleare iraniano?» La risposta dello stesso articolista è un invito alla cautela.
Ombre minacciose si agitano anche sulla scena interna. Fino al momento in cui non è scattato il silenzio e il digiuno del Yom Kippur gli elicotteri della polizia sorvolavano la città vecchia di Gerusalemme, le strade risuonavano di sirene. Un gruppo di estremisti nazionalisti e religiosi ha mantenuto fede alla promessa ampiamente propagandata sin da giovedì scorso di andare a pregare alla spianata delle Moschee o Monte del Tempio, a seconda che ci si riferisca alla tradizione musulmana o a quella ebraica. Insomma, parliamo del cuore conteso e diviso della «città santa», dove oggi sorgono la Moschea Al Aqsa e il Duomo della Roccia, sacri all´Islam, e dove, secondo gli ebrei, sorgevano una volta il Primo e il Secondo Tempio, premessa e ragione per gli estremisti ebrei perché vi sorga anche il Terzo Tempio.
Tensione. Tafferugli. Incidenti. Scontri tra giovani palestinesi, accorsi a difendere Al Aqsa, secondo l´appello lanciato dai minareti, e la polizia presente in massa, in fin dei conti per proteggere la «gita» degli ultras nel terra degli infedeli, quelli che un giornale israeliano ha inopinatamente definito «turisti». Bilancio, 24 feriti, tra poliziotti e manifestanti arabi, e nove arresti tra gli stessi. Episodio che Hamas s´è affettata a condannare come un «crimine sionista».

CORRIERE della SERA - " Gerusalemme sassaiola sulla Spianata  "

" 150 palestinesi hanno preso a sassate un gruppo di turisti francesi, credendoli ebrei ortodossi ".  Non è  che abbiano commesso un errore di valutazione sui loro bersagli. Non ci risulta che il terrorismo segua scale di valori. Prendere a sassate un ebreo ortodosso non è meno grave che prendere a sassate un turista francese. Ecco la breve:

Tensione a Gerusalemme, a poche ore dal Kippur. Disordini sono scoppiati sulla Spianata delle Moschee, luogo sacro per musulmani e ebrei, dove 150 palestinesi hanno preso a sassate un gruppo di turisti francesi, credendoli ebrei ortodossi. La polizia è subito intervenuta

L'UNITA' - "  Scontri e arresti sulla Spianata delle Moschee"

Secondo l'Unità, i terroristi (mai definiti tali, però) non hanno preso a sassate i turisti francesi, ma " i poliziotti che scortavano un gruppo di ultraortodossi venuti a pregare ". Ecco la breve:

Mattinata di tensione ieri a Gerusalemme, pocheoreprimadell'inizio delloYomKippur, il giorno più sacro dell' anno ebraico che ha inizio al tramonto. Disordini sono scoppiati sulla Spianata delle Moschee, luogo venerato sia dai musulmani che dagli ebrei, dove 150 giovani palestinesi hanno preso asassate i poliziottiche scortavano un gruppo di ultraortodossi venuti a pregare. Il bilancio degli scontri è di 17 palestinesi feriti e otto arrestati. feriti anche nove agenti.

La STAMPA - Francesca Paci : " Così Ahmadinejad è tornato in sella "

Lucas sostiene che Ahmadinejad stia conducendo i suoi test missilistici non per minacciare Israele, ma per rafforzare la propria leadership interna, indebolita dalle ultime elezioni - farsa : "Mentre l’Occidente reagisce alla provocazione militare di Ahmadinejad, lui combatte la battaglia definitiva per la propria legittimità nazionale ". A suo avviso non ci sono rischi, le armi iraniane sono "inutili". Noi non riteniamo che i messaggi provenienti dall'Iran vadano sottovalutati. Ahmadinejad ha sempre dichiarato di voler distruggere Israele e ora ha la tecnologia necessaria per costruire ordigni nucleari e lanciarli contro lo Stato ebraico. Ecco l'intervista:

 Scott Lucas

Dove puntano i missili lanciati ieri dai pasdaran in assetto di guerra? Secondo Scott Lucas, docente di studi americani all’università di Birmingham e fondatore del sito di analisi geopolitica Enduring America, il vero obiettivo delle grandi manovre di Teheran è ridimensionare l’opposizione interna: «Mentre l’Occidente reagisce alla provocazione militare di Ahmadinejad, lui combatte la battaglia definitiva per la propria legittimità nazionale». I missili, insomma, servirebbero al leader iraniano per accreditarsi il potere che le elezioni di giugno hanno messo in discussione. Esattamente come il rilancio della minaccia nucleare.
Perché un’esercitazione bellica proprio ora?
«L’Iran si prepara all’appuntamento di giovedì a Ginevra e vuole arrivarci con la faccia più dura possibile. Rivelando il secondo impianto per l’arricchimento dell’uranio aveva detto di accettare la visita degli ispettori, 24 ore dopo ha precisato di non aver fatto nulla di male, ora spara. Teheran non può permettersi di snobbare i negoziati ma vuole arrivarci forte».
Oggi i pasdaran testeranno lo Shahab 3, un vettore più potente capace potenzialmente di raggiungere Israele.
«Non credo che le intelligence siano preoccupate, sono armi senza valore. È la tempistica che conta. Ahmadinejad vuol farsi pubblicità e l’Occidente è caduto nella trappola. L’Iran al momento non sta violando il trattato di non proliferazione secondo cui l’impianto va dichiarato sei mesi prima che riceva l’uranio. Gli americani ritengono che ci vorrà ancora un anno. La clausola che permette all’Aiea di ispezionare le strutture inoltre non è mai stata ratificata dal parlamento iraniano ma accettata su base volontaria tra il 2003 e il 2007. Nessuna infrazione dunque. Ma enfatizzando la sfida di Ahmadinejad all’Onu, i media gli hanno reso statura politica, quella che il voto gli aveva tolto».
Il presidente iraniano parla al mondo perché il suo Paese senta?
«Sì. E i media americani hanno abboccato. A New York Ahmadinejad ha portato tutti sul terreno del nucleare riuscendo a distogliere l’attenzione dai problemi interni. Ha rilasciato 5 interviste che l’hanno accreditato come leader, ha usato la minaccia nucleare per stabilizzare la sua legittimità in patria dove l’opposizione è tutt’altro che domata».
È possibile che riesca anche a ricompattare gli iraniani facendo leva su possibili nuove sanzioni?
«Stavolta no. Due anni fa la manovra riuscì, ma dopo il voto di giugno l’orgoglio nazionale non è più un punto di forza per Ahmadinejad: tutti i candidati alle elezioni erano favorevoli al nucleare. Gli iraniani hanno capito che il presidente sta usando la scusa della sovranità in pericolo per proteggere se stesso».
Come giudica la strategia del presidente Obama?
«La Casa Bianca sapeva da tempo del nuovo impianto di Qom. Perché denunciarlo ora? Obama aspettava il momento adatto per aumentare la pressione sul governo iraniano che però deve averlo capito e ha parlato prima d’essere smascherato. L’amministrazione Usa è spaccata. Alcuni sostengono sinceramente la via diplomatica, altri ritengono impossibile il dialogo e premono per l’azione militare. Obama gioca su entrambi i tavoli. La sua strategia è buona, ma la tattica soffre delle divisioni. L’Iran è una pedina fondamentale: se fosse attaccato il Medio Oriente sarebbe perso. Senza contare il suo ruolo in Afghanistan, l’America non può prescinderne. Per questo Richard Holbrooke insiste per i negoziati».
Immagini uno scenario da qui a un anno, ottobre 2010.
«Premesso che a Ginevra si risolverà tutto in una discussione generale, sul nucleare, tra un anno, staremo come oggi. Israele non avrà bombardato i reattori iraniani, perché sa che perderebbe l’appoggio di Washington nella questione palestinese e sarebbe sciocco. L’incognita è l’Iran: l’opposizione ad Ahmadinejad è forte e sta facendo cose importanti».

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