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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Il Giornale-Libero Rassegna Stampa
27.09.2009 Il doppio gioco di Teheran e chi ci casca
Commenti di Fiamma Nirenstein, Angelo Pezzana

Testata:Il Giornale-Libero
Autore: Fiamma Nirenstein-Angelo Pezzana
Titolo: «E se il regime iraniano avesse altre strutture nascoste ?-La Casa Bianca non ha ancora capito il pericolo di Teheran»

Pubblichiamo oggi,27/09/2009, una pagina con i commenti sulla vicenda iraniana di Fiamma Nirenstein, IL GIORNALE a pag.15, con il titolo "E se il regime iraniano avesse altre strutture nascoste ? " e di Angelo Pezzana, LIBERO, a pag.17, con il titolo " La Casa Bianca non ha ancora capito il pericolo di Teheran ". In altra pagina tutte le cronache.

IL GIORNALE- Fiamma Nirenstein: " E se il regime iraniano avesse altre strutture nascoste ? "

 

L’Iran è determinato oltre la nostra povera immaginazione occidentale a ottenere la bomba atomica, e il suo bisogno esistenziale di potere legato all’idea di un compito egemonico irrinunciabile, ha dato una enorme, inevitabile evidenza di sé nei giorni scorsi: la scoperta della nuova struttura di arricchimento nucleare, che Obama voglia o no ammetterlo, lo ha portato almeno un cambiamento verbale di linea; la Russia, che è pesante, si è spostata; la Cina, mentre Sarkozy e Brown denunciavano le violazioni di Teheran, non ha potuto mantenere la sua orientale indifferenza.
«La nuova struttura, con l’aiuto di Dio, comincerà a funzionare molto presto»: se non avevamo capito bene, la cocciuta determinazione iraniana dopo che Obama, Sarkozy e Brown avvertivano Teheran che adesso «è l’Iran che deve dare risposte» come ha detto il presidente degli Usa, ce l’ha di nuovo spiegata ieri Muhammad Muhammadi Golpayegani il consigliere del leader spirituale dell’Iran, l’ayatollah Ali Khamenei. Sarà un impianto, e ce lo avevano dapprima detto i Mujaidin al Qalk, un importante gruppo di opposizione e poi il regime l’aveva dovuto confermare all’Aiea, situato nella santa città di Qom, a sudest di Teheran.
Anche se i servizi occidentali ne avevano forse individuato le tracce, le cautele dell’Aiea che hanno sempre coperto di veli tutta la storia del nucleare iraniano, ancora una volta non sono state d’aiuto. Anche la prima indagine sul nucleare iraniano cominciò con la scoperta di due impianti a Natanz e a Arak, e anche allora era stato un gruppo di dissidenti fuoriusciti a mettere in allarme il mondo.
L’Iran ha inventato vari nascondigli del suo programma per 18 anni. Adesso una domanda prima di ogni altra non deve darci tregua: l’Iran può muovere avanti il programma anche più rapidamente dell’anno che i servizi di tutto il mondo e anche l’Aiea gli assegna prima della bomba? Ovvero ha altre strutture di arricchimento attive nascosto altrove? Perché questo significherebbe che si può incrementare l’arricchimento di uranio già arricchito nelle strutture palesi portandolo in segreto vicino al 90 per cento richiesto per la bomba.
Dopo la nuova scoperta e alla nuova concordia internazionale, il primo ottobre, alla trattativa che si apre con l’Occidente, l’Iran potrebbe cedere? La nostra risposta è che non sembra realistico. Quali che siano le mosse tattiche di Ahmadinejad, egli considera non un rischio morale e fisico ma un onore essere contrapposto all’intero Occidente nel perseguire un fine che considera indispensabile alle sorti del mondo, la dominazione islamica.
Il regime iraniano ha continuato sotto gli occhi del mondo a finanziare guerre terroriste come quelle di Hamas e degli Hezbollah, ad ammassare missili e a fornirne ai suoi amici, a sbandierare la distruzione di Israele e la negazione dell’Olocausto mentre il mondo gli chiedeva di smetterla; e intanto, costruiva la bomba atomica. Per questo vive l’Iran degli ayatollah, e non cederà. Tuttavia, è ormai un regime indebolito, che perseguita il suo stesso popolo in rivolta. Su questo, e anche considerando la vulnerabilità del frazionamento etnico, è possibile agire.
Inoltre, anche se l’élite considera il sacrificio un necessario complemento della gloria dell’Islam sul mondo, il regime teme la propria riduzione all’impotenza, e sa che un’area di grande vulnerabilità è la sfera economica. L’Iran guadagna soprattutto dalla vendita di petrolio grezzo e gas naturale e manca di tutti i prodotti raffinati derivanti dal petrolio, come la benzina. Inoltre manca di servizi finanziari per cui può risentire molto del blocco dell’attività finanziaria esterna. La gente desidera ormai la fine del regime, è molto difficile al momento che dopo le torture e le persecuzioni politiche del dopo elezione il «popolo farsi» di antica memoria si aggreghi tutto intorno al regime contro il nemico, come hanno spesso minacciato gli analisti. Infine, mentre l’Iran fa continue parate e si pavoneggia moltissimo delle sue armi, di fatto un arsenale impressionante per un Paese in via di sviluppo, pure il loro ammodernamento è in gran parte legato alla benevolenza della Russia, che in questo periodo potrebbe svolgere un ruolo molto importante stabilendo, finalmente, che l’Iran è pericolosa anche per lei.
www.fiammanirenstein.com

LIBERO-Angelo Pezzana: " La Casa Bianca non ha ancora capito il pericolo di Teheran "

Mentre la scoperta di un secondo sito nucleare in Iran  riempiva ieri le pagine di giornali e Tg in tutto il mondo, lo stesso non avveniva in Israele, dove i media si sono limitati a un generico  ve l’avevamo detto, ma voi avete sempre sotto stimato il pericolo iraniano, e ve ne accorgete solo ora, quando è diventato impossibile chiudere gli occhi di fronte alle menzogne che Ahmadinejad ha sempre raccontato ai funzionari dell’Aiea, guidati da El Baradei, grazie al quale anche le democrazie occidentali si sentivano tranquille, convinte che la situazione fosse sotto controllo. Quanto fosse valido quel controllo era anche sostenuto dalla convinzione che la patata bollente dovesse rimanere in mani israeliane, essendo tutti sicuri che pure il cerino acceso avrebbe fatto la stessa fine. Sarà per questo che ieri la notizia è stata data accanto, se non dopo, altre giudicate egualmente importanti per l’opinione pubblica israeliana. Come la decisione del ministro degli esteri egiziano Ahmed Aboul Gheit, che ha detto di condividere la richiesta di Hamas, che libererà Gilad Shalit solo in cambio di mille prigionieri dalle carceri israeliane. Questo allineamento di posizioni contraddice l’impegno chel’Egitto si era assunto quando ha accettato di fare da mediatore, mentre di fatto ha dimostrato di sostenere solo la richiesta della parte palestinese. Ha preoccupato  ieri gli israeliani anche il lancio da Gaza di un altro missile kassam che ha colpito il Negev occidentale, per fortuna senza vittime. C’è stata poi l’emozione per la partecipazione alla Maratona di Berlino di 1,183 israeliani il 20 settembre scorso, in quel numero preciso per ricordare i giorni di prigionia di Gilad, un numero che tutti portavano scritto addosso con caratteri molto visibili. Oppure, per non allontanarsi troppo dal palcoscenico americano, un po’ di spazio veniva anche dato alla dichiarazione di Abu Mazen, che i settlements non congelati avrebbero ritardato la ripresa del dialogo, ma, in compenso, che Bibi Netnayahu aveva fatto all’Onu un intervento di alto profilo, come ha scritto Nahum Barnea, uno dei commentatori di punta di Yediot Aharonot, il quotidiano più diffuso.  Obama si faceva riprendere fra Brown e Sarkozy mentre rivolgeva l’ormai abituale monito ad Ahmadinejad, questa volta spostando il limite della pazienza da fine settembre a fine dicembre, rendendo così credibile la successiva affermazione del dittatore iraniano che con tono strafottente affermava di non avere alcun obbligo di riferire a Obama le proprie intenzioni, aggiungendo che l’Occidente la doveva smettere di interferire negli affari interni iraniani. Seguito da quel sant’uomo di Khamenei, il quale, inneggiando al secondo sito nucleare, dichiarava che “avrebbe accecato i nostri nemici “. Affermazione che ha risvegliato dall’abituale tranquillità persino El Baradei, che ha manifestato, al solito con discrezione, l’intenzione di ispezionare il nuovo sito scoperto presso la città di Qom. E’ comprensibile che il presidente di Israele, l’equilibrato Shimon Peres, abbia gratificato Ahmadinejad con la definizione di “ leader oscuro e tetro, che si concilierebbe con il Medio Evo, uno che vorrebbe uccidere come all’epoca dell’Inquisizione, predica l’omicidio e l’odio, il terrorismo, il ricorso alle armi nucleari per un genocidio “.  Qualcuno ha volto interpretare l’assenza degli abituali sorrisi su volto di Barack Obama come il segnale della svolta, l’indicatore che finalmnte ha capito in quale mare sta nuotando. Ci permettiamo di dubitarne, anche se altri segnali si stanno affacciando, che lascierebbero pensare il contrario. Ma nove mesi, nei quali non ne ha imbroccata una, lisciando il pelo ai nemici e trattando male gli alleati, non si cancellano solo perchè di colpo ha scoperto che Ahmadinejad gli ha sempre mentito. Provi a cambiare qualche consigliere, alla prossima delusione si troverà meno impreparato.

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