Ritirarsi dall'Afghanistan ? Dalla STAMPA di oggi, 24/09/2009, a pag.13, Maurizio Molinari intervista Dov Zackheim. Sul FOGLIO, a pag3, l'editoriale.
La Stampa- Maurizio Molinari: " Parlando di ritiro Bossi aiuta i talebani "

Da sin. Dov Zekheim, Maurizio Molinari
Quando parla di ritiro Umberto Bossi aiuta i taleban». Dov Zakheim è l’ex vicecapo del Pentagono che durante l’amministrazione Bush era titolare dell’Afghanistan e di fronte alle prese di posizioni del leader della Lega Nord sul possibile ritiro italiano esprime un giudizio molto severo.
Perché ritiene che Bossi stia «aiutando i taleban»?
«I taleban compiono attentati in Afghanistan contro i contingenti della Nato al fine di spingere gli alleati ad abbandonare la missione internazionale. I taleban sono convinti che più soldati uccidono di un singolo Paese, sia l’Italia, il Canada o la Gran Bretagna, più riescono a indebolire la compattezza della Nato. Ecco perché quando un leader come Umberto Bossi, che è partner decisivo di un governo di coalizione come c’è in Italia, parla di ritiro in realtà sta premiando la loro strategia. Gli sta dimostrando che fanno bene a compiere attentati, perché tale strategia alla fine paga».
Crede dunque che dietro gli attacchi agli italiani vi sia un obiettivo politico?
«Certo. I taleban sono feroci assassini, ma non sono stupidi. Non colpiscono a casaccio. Il loro fine è spingere il maggior numero di alleati a ritirarsi dall’Afghanistan per far risaltare la solitudine americana, trasformando l’attuale conflitto in un duello fra loro, i jihadisti di Osama bin Laden, e il Satana americano. Senza più gli alleati di mezzo».
Dunque quali sono le implicazioni della discussione su un possibile ritiro italiano?
«Vi saranno più attacchi e più vittime. Parlare di ritiro come fa Bossi significa incentivare i taleban a colpire ancora gli italiani. Adesso hanno la percezione che l’Italia sta vacillando. Dunque colpiranno ancora per spingerla a ritirare l’intero contingente».
Cosa pensa della richiesta del generale Stanley McChrystal alla Casa Bianca di inviare ingenti rinforzi in Afghanistan?
«Penso che ha ragione da vendere. La situazione è difficile. I taleban sanno muoversi sul territorio, sentono vacillare la compattezza della Nato e si preparano ad una nuova stagione di violenze. Per sradicarli servono truppe, più di quante ve ne sono adesso, tanto degli Stati Uniti che degli altri alleati della Nato. Avendo visto cosa c’era in Afghanistan al tempo del regime del Mullah Omar non mi è difficile comprendere per che cosa si battono i taleban».
Cosa vide?
«Ho visto con i miei occhi le infrastrutture che Al Qaeda aveva creato grazie al sostegno del regime dei taleban. Campi di addestramento dove erano passate migliaia di persone, preparandole a compiere attentati con armi fra le più terribili. Ora sembra passato remoto ma quell’Afghanistan culla del terrorismo è quanto i taleban vogliono ricostruire. E’ questa la posta in palio dell’attuale conflitto. Non dobbiamo mai dimenticarlo. È un conflitto che oppone la loro ferocia al mondo intero».
In realtà dubbi sull’intervento serpeggiano negli Stati Uniti, come dimostrano le indiscrezioni su un piano del vicepresidente Joe Biden sull’ipotesi di ridurre le truppe ed aumentare l’impegno della Cia. Come spiega queste oscillazioni?
«Dopo otto anni di guerra le opinioni pubbliche dei nostri Paesi, in Italia come negli Stati Uniti, in Canada come in Gran Bretagna, sono stanche. Il paradosso però è che proprio questa stanchezza è l’arma su cui contano i taleban per poter vincere un conflitto che altrimenti li vede perdenti».
Cosa pensa della nuova strategia militare di Obama basata sulla volontà di proteggere i civili dai taleban?
«È molto giusta. Impiegare ingenti risorse a favore dei civili e della ricostruzione è la scelta più importante. Guardando indietro agli anni passati devo ammettere che abbiamo fatto degli errori. Se fossimo stati noi ad investire così ingenti risorse a favore della ricostruzione oggi non saremmo a questo punto. Ma serve guardare all’indietro. Bisogna pensare a ciò che c’è da fare adesso. E la strategia di Obama affidata al generale McChrystal mi convince».
Il Foglio- " Se l'America si ritira dall'Afghanistan "

Obama-Clinton = stessi errori ?
Secondo il New York Times, il presidente Obama sta considerando un cambio di strategia in Afghanistan. Non più una costosa, paziente, tenace strategia sia militare sia civile per battere i talebani. Piuttosto il contrario: lasciare che gli afghani se la sbroglino da soli, questa guerra che va male, e limitarsi di volta in volta a colpire e punire al Qaida con raid a sorpresa. Come Washington ha fatto con successo la settimana scorsa in Somalia, e pazienza se anche l’Afghanistan tornerà una Somalia centroasiatica. Gli analisti lo dicono così: l’Amministrazione pensa di abbandonare la counterinsurgency a favore dell’antiterrorismo. Al Foglio è arrivata anche la conferma di fonti interne all’Amministrazione Obama. Appena sei mesi fa, il presidente ha proclamato la necessità di combattere la guerra per impedire ai talebani di ingoiarsi di nuovo l’Afghanistan, “per proteggere la nostra sicurezza nazionale”. Ha licenziato in tronco il generale McKiernan e ha messo al suo posto Stanley McChrystal, un duro che ora gli chiede più truppe “altrimenti rischiamo di perdere”. Ora Obama non si sente più così sicuro e dà ascolto al suo vice, Joe Biden, che vuole ridurre l’impegno militare. Ma chi dice che l’antiterrorismo da solo potrebbe funzionare parte dalla premessa sbagliata che i talebani e al Qaida non operano a stretto contatto. Sono loro stessi a vantarsi di lavorare assieme su obiettivi comuni, respingere l’occidente e reinstaurare il regime del mullah Omar. A Kabul i sei italiani sono stati uccisi proprio da questo genere di collaborazione, da un ibrido militar-terrorista composto da arabi e afghani che si chiama Haqqani network. Anche Clinton aveva provato a fermare al Qaida con lanci di missili da oltre l’orizzonte. La sua strategia aveva il pregio di essere poco rischiosa e impegnativa, ma evidentemente non ha funzionato. Ricordate il gruppo di superconsulenti dell’Iraq Study Group nel 2006? Aveva dato consigli pessimi sulla guerra in Iraq: Bush per fortuna aveva fatto l’esatto opposto e aveva concesso più truppe al generale Petraeus.
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