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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
15.09.2009 Propaganda filoislamista anti Bush e anti Usa
Nella risposta di Sergio Romano a un lettore eurarabo

Testata: Corriere della Sera
Data: 15 settembre 2009
Pagina: 39
Autore: Sergio Romano
Titolo: «Le vittime dell'11 settembre e gli occhi del mondo»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 15/09/2009, a pag. 39, la risposta di Sergio Romano ad un lettore ( evidentemente abituato a ragionare dalla lettura dei pezzi di Romano sull'America)  dal titolo " Le vittime dell'11 settembre e gli occhi del mondo ".

Sergio Romano, non potendo negare l'11 settembre e le sue conseguenze catastrofiche, si scaglia contro Bush, criticando la guerra al terrorismo.
Romano, così attento ai diritti umani dei terroristi islamici reclusi a Guantanamo e Abu Grahib, tace su quelli delle vittime degli islamisti nei paesi musulmani e delle vittime degli attentati terroristici islamici in Europa. Nessun commento sulla notizia dell'introduzione della sharia in Indonesia. Non una sillaba sulla discriminazione della donna nella cultura islamica. Romano non è credibile, nè oggettivo. La sua risposta dimostra solo astio nei confronti di qualcuno che, a sua differenza, aveva come priorità la difesa delle democrazie occidentali. Ecco lettera e risposta di Sergio Romano:

 11 settembre

Perché nessuno in Occidente si sforza di leggere il triste evento dell’11 Settembre con gli occhi di un abitante di uno dei Paesi in cui le truppe Usa e/o Nato hanno portato o stanno portando «pace e democrazia»? Gli errori politici e militari, i danni e i morti causati si pagano oggi anche se commessi dal Paese più potente della terra: li pagano specialmente i cittadini Usa e di Gran Bretagna, la cui vita viene oggi complicata enormemente dalla paura di attacchi terroristici.
Qualcuno potrebbe forse dire che «è una lieve ma pur giusta punizione».

Ranieri Ricci


Caro Ricci,

C
ome disse il titolo del­l’editoriale apparso nel
Corriere del 12 settem­bre, in quei giorni «fummo tutti americani». Non lo furo­no soltanto coloro che hanno con gli Stati Uniti antichi lega­mi di sangue, di interessi e di cultura politica, ma anche afri­cani, asiatici e latino-america­ni che sono stati educati a con­siderare l’America un padro­ne o, peggio, un nemico. Oggi è utile chiedersi, come lei sembra suggerire nella sua let­tera, se le reazioni della presi­denza Bush a quel tragico evento non abbiano contribui­to a cancellare, in una parte dell’opinione mondiale, il ri­cordo del dramma e ad allar­gare l’area dell’ostilità verso l’America e i suoi alleati. Le manifestazioni di cordo­glio a New York in occasione dell’ottavo anniversario sono state straordinariamente di­gnitose e solenni. Le note del­l’inno americano cantate sot­to una fitta pioggia autunnale da un coro di giovani donne e i nomi dei morti scanditi nel silenzio, uno ad uno, dai parenti delle vittime dimo­strano quanto brucino anco­ra, nel corpo della nazione, le ferite dell’11 settembre. Ma sarebbe giusto, oltre che poli­ticamente utile, ricordare che vi sono oggi Paesi in cui quel­le commemorazioni possono suscitare la sensazione che i morti degli Stati Uniti pesino più di quelli degli altri. Per gli iracheni, gli afgani e i pachi­stani le vittime sono i loro congiunti, uccisi dagli atten­tati suicidi o dal «fuoco ami­co », caduti in guerre che si so­no rivelate sbagliate o mal condotte. Non basta. Qualcu­no potrebbe ricordare che do­po l’11 settembre sono crolla­te altre torri, con effetti che hanno investito come un’on­da sismica l’intero pianeta. Sono le torri del capitalismo finanziario americano, e an­che il loro crollo, come sap­piamo, ha provocato danni e sventure.
L’attentato contro le Torri gemelle fu un evento esecra­bile e gli Stati Uniti hanno il diritto di perpetuarne il ricor­do
onorando i loro morti. Ma il problema che noi dobbia­mo affrontare oggi non è sol­tanto quello dell’estremismo islamico. È anche quello delle situazioni politiche create nel mondo dalla presidenza Bush dopo l’11 settembre. Niente potrà cancellare il ricordo dei poveri corpi che cadevano co­me fuscelli dalle torri colpite. Ma nell’album delle nostre memorie le loro immagini vi­vono oggi accanto a quelle dei detenuti di Abu Ghraib, di Bagram e di Guantanamo. Credo che Barack Obama lo abbia compreso e che cerchi di correggere gli errori politi­ci del suo predecessore. È questo il modo migliore per rendere onore alle vittime del­l’ 11 settembre.

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