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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
15.09.2009 Osama Bin Laden manda un messaggio agli Usa
Citando i libri di odiatori di Israele. Cronaca di Guido Olimpio

Testata: Corriere della Sera
Data: 15 settembre 2009
Pagina: 14
Autore: Guido Olimpio
Titolo: «Bin Laden manda un 'messaggio all’America'»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 15/09/2009, a pag. 14, l'articolo di Guido Olimpio dal titolo " Bin Laden manda un 'messaggio all’America' ". Ecco come uno dei libri degli odiatori di Israele, e il più citato da chi ne contesta la legittimità, si scopre essere il libro amato da Bin Laden che lo consiglia a Obama.


La Israel Lobby e la politica estera americana, di John J. Mearsheimer e Stephen M. Walt e «Confessions of economic hit man» di John Perkins. Ecco i libri degli odiatori di Israele ai quali fa riferimento Osama Bin Laden

WASHINGTON — Forse è perché si rivolgeva al popolo americano. O forse perché non è lui a parlare. O ancora: chi lo consiglia, quasi fosse un blogger occidentale, ha più passione per gli autori di casa nostra che per quelli isla­misti. Ed è così che per l’anni­versario dell’11 settembre Osama è tornato a lanciare un messaggio virtuale con poca retorica jihadista. Un au­dio di 9 minuti diffuso via In­ternet con il quale Bin Laden sostiene che la soluzione del conflitto è molto semplice. Li­beratevi del rapporto con Israele smettete con le vostre guerre — dice — e tutto an­drà per il meglio. Se invece continuate — avverte — «noi siamo pronti a continua­re il conflitto d’attrito su tutti i fronti».
Nel messaggio la presunta voce di Osama sostiene che «il vero motivo delle nostre divergenze» è l’alleanza degli americani con Israele. E pun­ta il dito contro la lobby ebraica che tiene in ostaggio la Casa Bianca. Per dare forza alle sue parole Bin Laden ri­corda il famoso libro di John Mearsheimer e Stephen Walt — «The Israel lobby» appun­to — dove sono evidenziati i rapporti di potere. Quindi, con una seconda citazione a sorpresa, invita a leggere il saggio di «un ex agente della Cia» perché così si potranno capire le ragioni dell’attacco dell’11 settembre. Secondo gli esperti si tratta di «Confes­sions of economic hit man», un testo controverso scritto da John Perkins che denun­cia il controllo economico del Terzo Mondo da parte del­le corporazioni. C’è chi ha contestato la sua appartenen­za ai servizi segreti e lo ha ac­cusato di non aver fornito prove per documentare le sue accuse. Ma per la «voce» di Osama è sufficiente per di­mostrare la sua tesi. Non me­no significativo è il riferimen­to ai Kennedy. Il Califfo ritie­ne che Bush sia caduto «nella trappola» tesagli dai gruppi di pressione che lo hanno co­stretto ad andare in guerra. Ua passo obbligato perché «temeva che il suo destino fosse simile a quello di Ken­nedy e suo fratello». Quindi Bin Laden torna su Obama. Lo definisce un «debole» e lo accusa di aver mantenuto al­la Difesa gli uomini del suo predecessore, in particolare il segretario Gates.
Per gli analisti il testo del discorso è sulla linea di quel­li usciti negli ultimi anni. Non c’è il Saladino o Maomet­to, ma tanti riferimenti ameri­cani. Un insolito «on the road». Osama lo aveva inizia­to a fare un paio di anni fa parlando della crisi dei mu­tui ed ha proseguito su que­sta strada suscitando non po­chi interrogativi sulla sua at­tendibilità. Inoltre mancano
le tradizionali minacce. Osa­ma continua a presentare lo scontro come un atto di auto­difesa. E gioca la carta della lobby ebraica sapendo quan­to seguito abbia non solo ne­gli ambienti islamisti ma an­che in Occidente.
Resta la domanda di fon­do: è ancora vivo o gli audio sono prefabbricati? E’ strano che il «grande polemista» — perché questo è — non ribat­ta le indiscrezioni che lo dan­no per morto e sepolto. Il messaggio non è sufficiente. Altro aspetto è la capacità di al Qaeda di condurre l’azione propagandistica. Per alcuni le pubblicazioni appaiono più sofisticate e moderne, an­che se l’apparato media è in difficoltà. Non è stato più in grado di mostrare i video de­dicati ai kamikaze dell’11 set­tembre (li hanno finiti?), è sotto pressione ed è contra­stato da hacker e 007 che bloccano i siti in momenti chiave. Senz’altro vero. Ma ciò non ha impedito che l’au­dio di Osama fosse ripreso su scala mondiale. Un successo comunque per chi fa la pub­blicità alla Jihad.

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