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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
12.09.2009 I miliardi di $ di Hezbollah, che dovevano andare al popolo
analisi di Guido Olimpio

Testata: Corriere della Sera
Data: 12 settembre 2009
Pagina: 17
Autore: Guido Olimpio
Titolo: «Il Madoff libanese e la vendetta del Partito di Dio»

Romantici guerriglieri, come li vede una certa sinistra/destra catto comunista ? O piuttosto terroristi super finanziati ? Pessimi investitori, però. Lo racconta Guido Olimpio sul CORRIERE della SERA di oggi, 12/09/2009, a pag.17, in un pezzo dal titolo "Il Madoff libanese e la vendetta del Partito di Dio".

Hassan Nasrallah abbraccia il suo finanziatore Ahmadinejad

WASHINGTON — Salah Ezzedi­ne è sempre stato considerato un uomo pio e dedicato alla lotta de­gli Hezbollah, altro esempio di «purezza sulla Terra». Ricco, intra­prendente, con i contatti giusti, l’imprenditore ha aperto due im­portanti case editrici che esaltava­no le azioni dei guerriglieri libane­si, ha coordinato pellegrinaggi al­la Mecca e soprattutto ha fatto af­fari in Medio Oriente. Greggio, co­struzioni, attività commerciali con partner tra gli sceicchi del Golfo. Dunque quando ha propo­sto ai massimi dirigenti del­l’Hezbollah e a migliaia di piccoli investitori sciiti di affidargli il de­naro per farlo fruttare nessuno ha avuto dubbi. Prometteva la rendi­ta del 40 per cento, assicurava guadagni sicuri e veloci. Una scor­ciatoia per gonfiare il conto in banca.

Lo schema, però, è crollato mi­seramente quando un assegno staccato da Ezzedine in favore di un personaggio dell’Hezbollah è tornato indietro. Era «scoperto». Una goccia da 200 mila dollari che si è tramutata in un diluvio da un oltre un miliardo di dollari. Tanto è il buco lasciato da Ezzedi­ne. Il pio uomo ha fregato tutti, in fumo risparmi e denari per copri­re le pesanti perdite causate dal crollo del prezzo del petrolio.

Temendo ritorsioni, l’imprendi­tore ha portato la famiglia all’este­ro, poi è rientrato in segreto a Bei­rut, dove si è nascosto in attesa di sviluppi. Una mossa disperata pri­ma della fine. All’intelligence del­l’Hezbollah
sono bastati pochi giorni per trovarlo. I miliziani, fu­riosi per la truffa costata ai capi 700 milioni di dollari, invece di consegnarlo alla polizia lo hanno rinchiuso, per una settimana, in luogo segreto. Sotto pressione, minacciato, Ezzedine ha dovuto collaborare. E risultati del piano, nascosto alle autorità libanesi, so­no arrivati. Fonti mediorientali a Washington hanno rivelato al Cor­riere che un buon numero di diri­genti Hezbollah sarebbero riusci­ti a salvare una porzione del loro tesoretto. Quasi 15 milioni di dol­lari, dicono i bene informati. Il se­gretario dell’Hezbollah, Hassan Nasrallah, ne avrebbe recuperato uno, più o meno la metà di quello che la sua famiglia aveva affidato a Ezzedine. Altri beneficiari del­l’operazione il numero due Naim Qassem, il responsabile militare Mustafa Badr Aldin, l’inviato in Iran Abdallah Safi Aldin, il capo del reparto coordinamento Wafiq Safa, il presidente del Consiglio esecutivo Hashem Safi Al Din, l’ex deputato Amin Shari, il parla­mentare Nawaf Al Mussawi. Un elenco non completo, in quanto – aggiungono le fonti – l’Hezbollah ha cercato in ogni modo di na­scondere lo scandalo.

Il movimento, che si è sempre vantato della sua integrità morale contrapponendola alla rampante corruzione degli altri politici, te­me contraccolpi seri. Molti dei fondi affidati a Ezzedine, subito ri­battezzato «Abu Madoff» o il «Ma­doff libanese», dovevano servire
per aiutare le famiglie sciite vitti­me del conflitto del 2006 con Isra­ele. Denari per rilanciare attività e sostenere chi ha perso casa o lavo­ro sotto i pesanti raid israeliani. Sembra che tra le vittime dell’im­broglione ci sia anche la moglie e il clan di Imad Mugnyeh, il capo dell’apparato clandestino Hezbol­lah ucciso – probabilmente – da­gli israeliani a Damasco. La vedo­va, raccontano i bisbigli incontrol­labili di Beirut, si sarebbe vista de­curtare l’assegno che il movimen­to gli assicurava.

Il loquace Nasrallah, famoso per le sue sortite propagandisti­che, questa volta ha cercato di mantenere un profilo basso. In­tanto per proteggere l’azione di re­cupero del denaro. Quindi per di­stanziare il movimento da una vi­cenda imbarazzante. E dunque prima ha negato il coinvolgimento, poi ha riconosciu­to che qualche diri­gente aveva affida­to i soldi a Ezzedi­ne. Infine ha am­m esso che l’Hezbollah aveva investito con l’uo­mo d’affari, «ma non più di quattro milioni di dolla­ri ». Una fuga con­trollata di informa­zioni accompagna­ta dalla denuncia delle «menzogne» messe in giro, a suo dire, per infan­gare i duri e puri Hezbollah.

La versione di Nasrallah ha però lasciato buchi più grandi di quello causato da Ezzedi­ne. Persino la stampa vicina agli irriducibili mi­liziani ha espresso critiche per un comportamento non in linea con le prediche dei mullah. E ora che l’uomo d’affari è stato consegna­to alla magistratura libanese c’è chi si attende nuove rivelazioni compromettenti. «Abu Madoff» potrebbe rivelarsi più letale di una bomba.


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