Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 10/09/2009, a pag. 12, il commento di Guido Olimpio dal titolo " L'Occidente e un Iran nucleare. Gli spazi negoziali si riducono " e, a pag. 14, il suo articolo dal titolo " L’Iran è a un passo dall’atomica. «Ha gli ingredienti e la capacità» ". Dalla STAMPA, a pag. 34, l'articolo di Fulvia Caprara dal titolo " Tappeto verde. La rivoluzione è roba da donne ". Ecco gli articoli:
CORRIERE della SERA - Guido Olimpio : " L'Occidente e un Iran nucleare. Gli spazi negoziali si riducono "
Che cosa stai aspettando?
Per l’Iran e il nucleare si avvicina il momento della verità. Dopo la forzata parentesi provocata dalla rivolta popolare che ha assorbito le risorse del regime, Teheran deve scoprire le carte sul fronte diplomatico. Ossia deve mostrare se è pronta a negoziare adesso — non tra cent’anni — con la comunità internazionale o se, invece, preferisce continuare con il gioco del rinvio. La Casa Bianca ha chiesto una risposta in tempi rapidi e ieri la diplomazia iraniana ha consegnato un «pacchetto » con idee per creare «nuove opportunità » in vista del dialogo. Mossa preceduta dalla sortita del presidente Ahmadinejad che ha ribadito che il dossier è «chiuso» ma ha detto di essere pronto ad incontrare Barack Obama.
In attesa di comprendere quello che gli ayatollah sono disposti — o meno — ad offrire c’è un dato sicuro e allarmante emerso nelle ultime 24 ore. Gli esperti americani sono certi che l’Iran è molto vicino alla costruzione di un ordigno nucleare. Per alcuni analisti potrebbe essere sufficiente anche un solo anno per chiudere la lunga corsa verso l’ordigno. Dunque anche per gli Occidentali — insieme a Cina e Russia — si pone il problema di trovare una soluzione alla crisi.
Rispetto al passato, la finestra temporale si è ridotta. Se è giusto dare spazio a un eventuale negoziato — peraltro ancora da costruire — è necessario che sia vincolato da parametri seri e sicuri. È quello che hanno chiesto — sempre ieri — i portavoce statunitensi. Perché quanto è avvenuto fino a oggi ha ampiamente dimostrato che l’attendismo di Teheran, aiutata dall’accondiscendenza di Pechino e Mosca, è solo servito per favorire le manovre della Repubblica islamica.
Il rischio è che i mullah, una volta superati gli ultimi ostacoli tecnici, arrivino per davvero alla Bomba e a quel punto tornare indietro sarà impossibile. Su cosa sarà possibile trattare quando la Repubblica islamica iraniana avrà coronato finalmente il suo sogno?
CORRIERE della SERA - Guido Olimpio : " L’Iran è a un passo dall’atomica. «Ha gli ingredienti e la capacità» "

WASHINGTON — L’Iran è sempre più vicino alla Bomba. Per Glyn Davies, l’inviato americano all’Aiea — l’agenzia atomica internazionale —, Teheran possiede gli ingredienti necessari e la capacità. Tutto dipende adesso da una decisione politica: se verrà impartito l’ordine gli scienziati potranno realizzarla. Quando? Forse già entro un anno, come hanno profetizzato indiscrezioni britanniche trapelate alla vigilia dell’estate. Oppure nel 2013, secondo un’analisi del Dipartimento di Stato americano.
La rivelazione di Davies si è intrecciata con un’attesa mossa iraniana. Il ministro degli Esteri Mottaki ha, infatti, consegnato ai rappresentanti del gruppo «5+1» (Usa, Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna e Germania) un pacchetto di proposte su «diverse questioni internazionali» che possono rappresentare «una nuova opportunità di dialogo e cooperazione». Da New York ha replicato l’ambasciatrice statunitense all’Onu, Susan Rice: «Speriamo che siano proposte serie. Le studieremo con grande attenzione». Per i diplomatici sarà importante capire cosa veramente Teheran è disposta ad offrire, anche se i margini non sembrano ampi. Lunedì, il presidente Ahmadinejad ha ribadito che il dossier è «chiuso », ossia sulla questione atomica non si tratta. Gli iraniani sostengono, infatti, che il programma è legittimo in quanto ha fini civili e non militari.
Non la pensano così gli americani. «L’Iran deve mettere fine alle sue attività nucleari illecite. Si assuma le proprie responsabilità», è stato il commento del portavoce della Casa Bianca, Robert Gibbs. Un ammonimento seguito da un appello del cerchiobottista Mohamed elBaradei, il direttore dell’Aiea. L’egiziano ha invitato Teheran «a non rifiutare l’offerta di dialogo statunitense », quindi ha sottolineato che i suoi ispettori nutrono «una forte preoccupazione, ma non sono nel panico ».
ElBaradei ha confermato che vi sono informazioni di intelligence su un possibile programma segreto iraniano che potrebbe rendere possibile la messa a punto della Bomba. Ma, come ha detto in passato, il dato deve trovare delle conferme ed essere verificato. Il direttore dell’Aiea ha quindi aggiunto che i suoi funzionari non hanno trovato, per ora, la pistola fumante che provi le accuse mosse da americani e israeliani. Nell’ultimo rapporto l’agenzia ha certificato che Teheran ha compiuti passi in avanti ma ha rallentato l’attività. Una «pausa» legata forse a problemi tecnici oppure una semplice tattica negoziale prima di presentare le proposte.
La STAMPA - Fulvia Caprara : "Tappeto verde. La rivoluzione è roba da donne"

Hanno tutte una sciarpa verde intorno al collo e parlano di «libertà e democrazia, temi centrali nella società iraniana di oggi e del passato». Sono Shrin Neshat, videoartista e regista di Women without men, Shahrnush Parsipur, autrice del romanzo da cui il film è tratto, Pegah Ferydoni, Arita Shahrzad e Shabnam Tolouei, interpreti della storia ambientata nell’Iran del ‘53 eppure terribilmente attuale. «E’ una coincidenza - spiegano - che gli scontri di quell’anno somiglino così tanto alle proteste di oggi, la lotta iraniana continua nel tempo, il Paese si rivolge al mondo per dire che la nostra è una storia difficile, a tratti oscura, ma che non abbiamo nessuna intenzione di smettere di combattere». Domani al Lido arriva anche Hana Makhmalbaf, figlia del regista Mohsen, nata a Tehran nell’88, attrice in un film del padre per la prima volta a sette anni. Il suo Green days racconta la storia di Ava, ragazza iraniana ammalata di depressione che trova, nei giorni che precedono le elezioni, l’entusiasmo di una possibile guarigione.
La rivoluzione inizia dalle donne e i film della Mostra, tanti, in gara e non, parlano di questa nuova liberazione al femminile. Una riscossa che attraversa il mondo intero e mette insieme, come in un girotondo stile «tremate, tremate le streghe son tornate», ragazze diverse solo in apparenza. In Ehky ya Schahrazad, ambientato oggi al Cairo, l’egiziano Yousry Nasrallah racconta la vicenda di Hebba, presentatrice di un seguitissimo talk-show e moglie di Karim, vicedirettore di un quotidiano governativo. I problemi cominciano quando alcuni pezzi grossi del partito di maggioranza fanno capire a Karim che, se la moglie non la smette di dar voce, nel suo programma, all’opposizione, è molto difficile che lui riesca a ottenere la promozione che aspetta da tempo. «Per decenni - spiega l’autore - il cinema egiziano ha rappresentato le donne come magnifici oggetti di desiderio. Con l’affermarsi del conservatorismo religioso, questa misoginia si è rafforzata. La verità è che oltre il 70% dei nuclei familiari egiziani dipende dal lavoro delle donne, mentre la società le costringe a mostrarsi sempre più sottomesse». In Vietnam la discriminazione riguarda anche i rapporti amorosi, soprattutto quelli lesbici. Lo racconta in «Choi voi» il regista di Hanoi Bui Thac Chuyen: «Sono convinto che questa storia rispecchi i dubbi nutriti da milioni di giovani vietnamiti sull’amore e sulla famiglia... L’elemento centrale del film è nel paradosso che vede energici personaggi femminili al servizio di uomini fiacchi in cui sperano di trovare un appoggio». In India, nella colorata regione del Punjab, succede, come narra Dev.D di Anurag Kashyap, che una ragazza rinunci alla verginità e prenda l’iniziativa con un ragazzo: «Il film è un collage sulla gioventù ribelle dell’India contemporanea». La galleria continua con mille altre immagini, da Francesca, ragazza romena che vuole aprire un asilo in Italia, a Pepperminta firmato da Pipilotti Rist, artista e cineasta di fama internazionale che ha portato alla Mostra un personaggio «dalla femminilità brutale, generosa, kitsch, coraggiosa e ipnotica».
Dell’onda rosa fa parte anche Michelle Hunziker, beniamina delle platee tv, che vola al Lido in versione impegnata, tubino color crema, capelli raccolti, per lanciare «Action for women», concorso per aspiranti registi che ha per obiettivo la sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulla lotta contro la violenza verso le donne. Il cinema, dice la telestar, può fare molto per aiutarle: «Le donne che subiscono violenza non hanno idea di come reagire, spesso temono di confessare quello che subiscono e non sanno che possono denunciare i loro mariti. Bisogna spingerle a ribellarsi. Si tratta di un problema culturale importantissimo, per questo penso sia molto utile parlarne qui alla Mostra».
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