"Venezia s'inchina a Chavez", titola in prima il CORRIERE della SERA di oggi, 08/09/2009, meno male che il commento è di Pierluigi Battista. Ugo Volli, con le sue cartoline da Eurabia, sempre più profetico. Non è tanto il film-documentario a scandalizzare, quanto l'accoglienza al dittatore, che viene chiamato "leader", "caudillo", mai con l'unico che gli si adatta, dittatore. Segue dall'OPINIONE, il commento di Dimitri Buffa.
applausi a non finire a Venezia
Corriere della Sera-Pierluigi Battista: " Ai piedi del Caudillo"
Chissà se Chávez, stordito dal tripudio veneziano, si è sentito retroattivamente offeso con Teheran per il diverso trattamento che gli è stato riservato. Con Ahmadinejad solo un trionfo fatto di sorrisi, a Venezia ovazioni sfrenate, allegri striscioni di «bienvenido», un fervore rivoluzionario d'altri tempi. In Iran l'intesa tra alleati. Ma qui, calcando il red carpet del Lido, sul magnifico piedistallo eretto da Oliver Stone, con tutti i vip ai suoi piedi, che sorprendente apoteosi.
Con la gente del cinema che si inchina al dittatore in erba, viene festeggiato il mito, non la realtà. La graziosa icona, non il Venezuela com'è. Il film edificante e zuccheroso, non la storia tragica che resta, muta, sullo sfondo. Sparisce il Venezuela in cui le tv dell’opposizione vengono chiuse, imbavagliate, intimidite. Dove le squadracce del presidente terrorizzano i dissidenti. Dove la piccola borghesia è ridotta alla fame, frutto dell'esproprio rivoluzionario che distrugge l'industria, fa del petrolio un'arma «anti-imperialista », crea il paesaggio propizio del «socialismo del XXI» secolo che Chávez vuole incarnare. Dove la Costituzione viene stravolta grazie a un plebiscito che rende eterno e incontrastato il regno del nuovo caudillo. A Venezia Chávez incassava estatico e senza parlare l'omaggio della Mostra. Stavolta non ha avuto bisogno di occupare gli studi di una televisione di Stato per intrattenere i venezuelani con un monologo fluviale, verboso, come una caricatura dell'indimenticabile «Dittatore dello Stato libero di Bananas » di Woody Allen. Ha pronunciato poche e solenni parole. Non ha avuto bisogno di un eroe come Juan Carlos che ne contenesse l'incontinenza logorroica con un rimprovero secco e conciso che resterà negli annali del coraggio politico: «por qué no te callas », cerca di tacere, una buona volta.
A differenza di Juan Carlos a Venezia non hanno sottaciuto la sempiterna soggezione che si nutre per le figure autoritarie che, come Fidel Castro, parlano nel seducente linguaggio della rivoluzione e del popolo in armi. La soggezione che non ha Mario Vargas Llosa, che Chávez voleva tenere fuori dei confini del Venezuela perché con la sua ironia e il suo sarcasmo lo scrittore peruviano poteva bucare il pallone gonfiato del caudillo che straparla per otto ore di seguito senza che qualcuno possa contraddirlo. La soggezione che non ha avuto Angela Merkel che, avendo definito «populista» il regime venezuelano, ha ricevuto per ritorsione la scomunica di Chávez: «erede di Hitler». La soggezione che ha soffiato ancora a Venezia, dove non è più tempo della satira dissacrante di Woody Allen, ma della propaganda encomiastica di Oliver Stone, già aduso, con un incredibile panegirico confezionato per glorificare Castro, all’adulazione dei dittatori rivoluzionari.
In Italia l'accoglienza non poteva che essere calda ed entusiastica. Assecondata dalla cultura di sinistra che qui grida al regime ma non sa vedere la fine di ogni contrappeso democratico in Venezuela che possa arginare lo strapotere del Chávez omaggiato sul tappeto rosso. Assecondata con spirito bipartisan, se è vera la leggenda di una calda telefonata tra Chávez e Berlusconi in presenza di Aida Yespica. Assecondata nell'Italia che sa festeggiare come nessun altro i dittatori che vengono a visitarci. Sicuri dell'applauso, mentre la realtà viene messa prudentemente sotto chiave.
L'Opinione- Dimitri Buffa: " Venezia si prostra a Chavez "
Da una parte due singoli dissidenti venezuelani che protestavano contro la
soppressione della libertà di stampa e il perpetrarsi della sua dittatura.
Dall¹altra decine di fan italiani e di bandiere rosse che lo salutavano
così: "Bienvenido Persidente". Hugo Chavez avrà creduto di sognare: "ma chi
sarà stato il genio che ha creato questa coreografia senza che neppure io lo
abbia dovuto pagare o minacciare di morte"?
Nell¹epoca del regime mediatico di Berlusconi, del fascismo televisivo,
della libertà di stampa in pericolo (tanto che la Fnsi invita tutti a una
manifestazione ad hoc per questo), della caccia alle streghe comuniste e di
tante altre baggianate che si leggono e si scrivono di questi giorni, la
notizia è che al sessantaseiesimo festival del cinema di Venezia l¹ospite
d¹onore è un dittatore antisemita, di sinistra, come il caudillo di Caracas
Hugo Chavez. Uno che crede di essere la reincarnazione di Simon Bolivar.
D¹altronde i film che vanno per la maggiore quest¹anno parlano tutti di
comunisti, di rivoluzione, di eroi sindacalisti anti mafia dell¹ex Pci. E
almeno uno di essi, quello di Tornatore, è persino prodotto e distribuito
dalla Medusa cinematografica del Cav. Mentre le spese per la sicurezza di
Chavez, 50 body guard, stile rock star alla Madonna, le paga più o meno
direttamente il contribuente italiano.
Benvenuti dunque nel nuovo fascismo italiano, o nel paese di cui ogni giorno
i giornalisti stranieri si occupano su istigazione dei colleghi italiani
politically correct. Non c¹è dubbio che qui da noi l¹intellettuale impegnato
"soffre". Anzi s¹offre.
Al miglior portafoglio cinematografico. Ma poi lotta, lotta, lotta, come i
personaggi delineati da Citto Maselli in "Ombre rosse".
Ieri Oliver Stone con "South of border" ha presentato le grandi conquiste di
Chavez, un uomo che ha abolito la libertà di stampa dalla propria
costituzione e poi ha di nuovo modificato la carta magna del Venezuela per
auto proclamarsi dittatore a vita.
Un figuro che oggi fa l¹anti Obama come ieri faceva l¹anti Bush e che in
odio all¹Occidente sta aiutando il terrorismo islamico, appoggia i narco
terroristi delle Farc, ama, riamato, l'Iran degli ayatollah, fomenta l¹odio
contro gli ebrei, finanzia gli hezbollah e incoraggia l'islamizzazione in
senso estremistico di mezzo Sud America. Tutte cose evidentemente salutate
con grande entusiasmo dalla critica cinematografica de ³"a Stampa" Lietta
Tornabuoni, che ieri elogiava il film di Stone come una sorta di contro
informazione sul Sud America del Foro di San Paolo rispetto alla bieca
propaganda yankee. E non basta ancora: l¹anno prossimo Stone vuole fare un
film su Ahmadinejad.
Ma ormai è questo il festival che ci meritiamo e che nessuno tra il
ministro o i tecnici del presunto Minculpop berlusconiano osa criticare per
manifesta soggezione ideologica e psicologica nei confronti della sinistra.
Bondi, poveretto, si consola con "l¹ajetto" della Summer School di Magna
Carta, dove può andare a prendersela contro laicisti e nihilisti,
relativisti e radical pannelliani, blaterando di radici cristiane d¹Europa e
insegnando cose astruse e inutili a ignari futuri rampolli di una classe
dirigente del Pdl che si stenta a credere possa mai esistere dopo il
trapasso del Cav.
Al festival di Venezia invece, zitti e Mosca.
Intesa come capitale dell¹ex Urss. Eccolo allora il "red carpet"
inginoccchiato all¹indio pazzo di Caracas che vuole fare mettere il velo
alle proprie connazionali, in realtà un po' tendenti allo "zoccolismo"
tipico delle brave ragazze di casa nostra. Davanti a lui anche le vecchie
femministe si inchinano commosse.
Per il governatore del Veneto Giancarlo Galan quest¹anno a Venezia c¹è stato
il "ritorno al rosso".
Un rosso "antico", a giudicare da questa nota diffusa ieri dalla direzione
locale del Pdci: "se il Presidente del Venezuela arriverà alla Mostra del
cinema di Venezia ci troverà ad accoglierlo con molti altri compagni per
riportare al popolo fratello del Venezuela l'abbraccio forte e solidale del
PdCI e di Oliviero Diliberto". Con sprezzo del ridicolo Stefano Fedeli,
responsabile America Latina del PdCI, presente a Venezia, insieme a PdCITV,
la web tv dei Comunisti Italiani, sostiene che "il film di Stone
rappresenterebbe al meglio l¹idea di Chavez" e "la pacifica e democratica
rivoluzione bolivariana di cui lui è stato protagonista".
Per l¹anno prossimo si progettano ulteriori effetti speciali con
l¹esaltazione del messaggio di Ahmadinejad: il regista, che in passato ha
diretto, oltre a film come "Platoon", "JFK²" "Nixon", anche il documentario
agiografico su Casto, "Looking for Fidel", è al lavoro da oltre due anni su
un altro personaggio chiave dello scenario internazionale, il leader
iraniano Mahmoud Ahmadinejad, incontrato da Chavez proprio sabato scorso.
"I colloqui -racconta Stone- sono iniziati due anni e mezzo fa ma è
un'altalena di sì e di no. Prima ci avevano detto che non era possibile
intervistare Ahmadinejad, poi ci hanno detto sì ma io ero impegnato nelle
riprese di 'W'. Ci sono state una serie di incomprensioni ma noi restiamo
interessati al progetto".
Bene l¹anno prossimo il contribuente italiano sarà lieto di pagare il "red
carpet "e la permanenza in albergo a mille euro a notte al mitico Lido di
Venezia all¹uomo che vorrebbe cancellare Israele dalla mappa del Medio
Oriente. "So¹ soddisfazioni", come direbbero a Roma.
Per inviare il proprio parere al Corriere della Sera e all'Opinione, cliccare sulle e-mail sottostanti.