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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera,La Repubblica, La Stampa Rassegna Stampa
07.09.2009 Abitazioni e nuove colonie, continua la confusione
ma capire non è difficile

Testata:Corriere della Sera,La Repubblica, La Stampa
Autore: Francesco Battistini. Redazioni Repubblica e Stampa
Titolo: «Il piano di Netanyahu, nuove case, poi lo stop»

Continua sui giornali di oggi la confusione tra nuove colonie, che il Premier Netanyahu si impegnato a non promuoverne di nuove, e la costruzione di unità abitative nelle città e villaggi già esistenti. Riprendiamo il pezzo di Francesco Battistini dal CORRIERE della SERA, il più diffuso, seguito da due brevi di REPUBBLICA  e STAMPA:

Corriere della Sera-Francesco Battistini: " Il piano di Netanyahu, nuove case, poi lo stop"

GERUSALEMME — Cazzuo­la e cemento, ci sono. La ceri­monia è pronta. I ministri, pu­re: oltre all’Uzi Landau dell'ul­tradestra, al Daniel Hershkovic dei coloni e al Moshe Kahlon del Likud, è attesa una pattu­glia di deputati. E se non arrive­rà la polizia a sospendere tut­to, cosa improbabile, stamane alle porte di Gerusalemme, nel­l’insediamento di Maaleh Adu­mim, si celebrerà la prima ma­nifestazione d’aperta sfida a Obama, ai palestinesi e a quelli che sperano riparta il processo di pace: «Getteremo le fonda­menta di 3.500 nuovi alloggi». In un posto dove la Road Map e il buonsenso imporrebbero d’evitare. In un momento in cui la Casa Bianca chiede il con­gelamento di tutti gl’insedia­menti e, a fatica, strapperà for­se la promessa di quella che Bi­bi Netanyahu preferisce chia­mare una limitata «moratoria» di pochi mesi.

È la politica delle fughe in avanti. Delle docce gelate sui congelamenti. Proprio ieri mat­tina il governo israeliano — prima che i suoi ministri an­nunciassero la provocatoria po­sa della pietra a Maaleh Adu­mim — ha esaminato il piano da discutere a New York, all’as­semblea dell’Onu, con Obama e Abu Mazen. A sorpresa, il pre­mier ha rilanciato: va bene la moratoria, ma intanto si com­pleterà l'opera. E non solo di quelle 2.500 costruzioni in Ci­sgiordania, su cui Bibi non ha mai voluto mollare; non solo a Gerusalemme Est, dove non è stata aperta alcuna trattativa:
l’ultima spallata è sui cantieri di 500-700 nuove case per i co­loni, con tanto di scuole e sina­goghe, che Israele intende inaugurare già venerdì prossi­mo. Il ragionamento è il se­guente: siccome i Paesi arabi non hanno accettato alcune proposte americane, tipo il cie­lo aperto agli aerei israeliani dell’El Al (per i sauditi sarebbe un sacrilegio, consentirne il sorvolo della Mecca), meglio mettere le mani avanti am­pliando un altro po’ le colonie. Con lo scopo evidente di tacita­re l’ala destra del governo, po­co incline alla linea imposta da­gli Usa a Bibi: «È solo una mo­ratoria tattica — tranquillizza i suoi Eli Yishai, vicepremier e leader dei religiosi dello Shas — la politica israeliana sulle co­lonie non cambierà tanto facil­mente ». Interpretazione credibile. Perché i giochi sono appena al­l’inizio. Gli sgambetti, pure. Quando George Mitchell ha sa­puto da Netanyahu di queste nuove costruzioni, s’è infuria­to: «Ma che razza di congela­mento è, se un mese prima da­te il permesso di costruire?», è sbottato l’inviato americano. «È un congelamento virtuale — dà la risposta Yaariv Op­penheimer, di Peace Now —. La costruzione di colonie non si fermerà mai». La Lega araba dice che il dialogo a questo punto è impossibile. Anche l’Autorità palestinese batte un colpo: «L’incontro di New York non è stato ancora fissa­to », avverte Abu Mazen. Tuo­na pure Hamas: «Politica peri­colosa ». Diversi commentatori israeliani, Ben Caspit in testa, invitano a leggere oltre: Bibi cerca di non sfasciare il gover­no, prima d’un accordo che considera ormai inevitabile, e gli americani lo sanno. Basterà a rassicurarli? L’esercito israe­liano ha ricevuto l’ordine di prepararsi a qualche sgombero forzato. «Dopo la festa di Yom Kippur»: che arriva a fine me­se, dopo l’assemblea dell’Onu. A meno che, tra docce fredde e congelamenti, non cali il gran­de freddo.


La Repubblica- " Netanyahu autorizza 500 case per i coloni "

GERUSALEMME - Guai in vista per il premier israeliano Netanyahu, per la sua intenzione di accettare una "moratoria" temporanea, chiesta dagli Usa, nell´espansione delle colonie ebraiche. Nel governo questa linea trova crescenti resistenze. Per affievolirle, Netanyahu nei prossimi giorni autorizzerà la costruzione di 500 nuovi alloggi per coloni in Cisgiordania, che si vanno ad aggiungere agli altri 2500 che intende far concludere prima del "congelamento" chiesto dagli Usa. Ma questo non basta a placare la fronda. Il municipio della città-colonia Maaleh Adumim, a est di Gerusalemme, ha reso noto che oggi ci sarà la posa della prima pietra di una nuova aerea abitata concepita per ospitare 3.500 nuove case.

 La Stampa-  " Sì di Netanyahu a 500 nuovi alloggi "

Netanyahu e Mitchell

 

Un’ultima accelerata, poi sulle colonie il governo israeliano frenerà. A pochi giorni dal ritorno dell’emissario di Barack Obama, George Mitchell - che da mesi insiste per ottenere da Israele un chiaro impegno a congelare la colonizzazione in Cisgiordania - il ministro della difesa Ehud Barak ieri ha autorizzato la costruzione di 500 alloggi, in un centinaio di nuovi edifici. È il modo escogitato dal premier Netanyahu - spiega la stampa - per mettere a tacere i «falchi» del suo governo, che in settimana dovranno ingoiare loro malgrado l’impegno di Israele verso Washington per una moratoria nella colonizzazione.

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