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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
03.09.2009 Abdullah Laghmani, capo dell'intelligence a Kandahar assassinato in un attentato terroristico talebano
Cronaca di Lorenzo Cremonesi

Testata: Corriere della Sera
Data: 03 settembre 2009
Pagina: 17
Autore: Lorenzo Cremonesi
Titolo: «Offensiva talebana Capo degli 007 ucciso da kamikaze»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 03/09/2009, a pag. 17, l'articolo di Lorenzo Cremonesi dal titolo " Offensiva talebana. Capo degli 007 ucciso da kamikaze  ".

 Abdullah Laghmani era stato capo dell’intelligen­ce a Kandahar

KABUL — Quando, a metà mattinata, giunge la notizia della morte del numero due dei servizi segreti nazionali, a Kabul si rafforza l’emergen­za. Controlli più severi ai po­sti di blocco, chiuse le arterie che corrono lungo i ministe­ri principali, presso la zona delle ambasciate e i comandi militari. Soprattutto viene transennato Sheer Por, il quartiere residenziale dove si trova l’abitazione della vit­tima. «Se i talebani sono riu­sciti così facilmente a uccide­re Abdullah Laghmani signi­fica che sono sempre più in grado di colpire a piacimen­to », commenta a caldo Tolo tv , la più diffusa emittente privata, con toni che ricorda­no da vicino quelli diffusi al tempo degli attentati appena prima delle elezioni due setti­mane fa. A mezzogiorno è già chia­ra la dinamica dell’attentato. Un kamikaze a piedi riesce a penetrare il cordone della si­curezza attorno ad Abdullah Laghmani mentre questi sta recandosi alla moschea di Mehtarlam, il capoluogo del­la regione di Laghman, un centinaio di chilometri a est di Kabul. Nell’esplosione per­dono la vita altre 23 persone, tra cui il direttore esecutivo dell’ufficio del governatore ed il capo del consiglio pro­vinciale. I feriti sarebbero una quarantina. Poco dopo i portavoce talebani rivendica­no ai media locali e interna­zionali la paternità dell’azio­ne.
Il servizio dell’intelligence nazionale (noto come Nds, da «National Directory for Se­curity ») è colpito nel profon­do. Da molti anni Laghmani era considerato fedelissimo del suo potente direttore, il tagiko Amirullah Saleh, che sin dalla metà degli anni No­vanta
fu uomo di punta nella lotta contro i talebani tra i ranghi dell’Alleanza del Nord. Pur se di origine pashtun, Laghmani a sua vol­ta aveva militato tra i mujaheddin tagiki e in segui­to Saleh gli aveva affidato in­carichi molto delicati, che l’avevano portato a coltivare anche rapporti diretti con lo stesso presidente Hamid Kar­zai. Prima di diventare nume­ro due degli 007, Laghmani era stato capo dell’intelligen­ce a Kandahar, la roccaforte della guerriglia talebana, e aveva svolto missioni volte a rafforzare la rete di informa­tori nelle regioni orientali e nelle Zone Tribali pachista­ne. Ieri pomeriggio Karzai ha comunque voluto sminuire la gravità della perdita. «Tro­veremo presto uomini altret­tanto validi nella lotta al ter­rorismo », ha commentato.
Il presidente ha del resto urgente bisogno di rafforza­re la propria posizione. Lo
scrutinio continua tra infini­te incertezza. Ieri pomerig­gio la Commissione elettora­le ha diffuso nuovi risultati parziali: con il 60,34 per cen­to seggi scrutinati, Karzai sa­rebbe in testa con il 47,3 per cento delle preferenze e lo sfi­dante Abdullah Abdullah sa­rebbe a quota 32,6 per cento. Un passo avanti verso la ri­conferma per Karzai dun­que, ma ancora sotto la so­glia del 50 per cento più uno, che secondo la Costituzione gli permetterebbe di restare al suo posto senza andare al ballottaggio. E ad alimentare le insicurezze restano le accu­se di broglio. Ancora ieri la Commissione per la verifica delle denunce delle irregola­rità nelle elezioni ha reso no­to di considerare rilevanti al­meno 652 casi. La sua presi­denza ha potenzialmente l’autorità per dichiarare nul­lo il voto.

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