Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Mc Chrystal: ' Più truppe in Afghanistan ' E l'indice di gradimento di Obama scivola al 45%
Testata:Il Foglio - La Stampa Autore: La redazione del Foglio - Giordano Stabile Titolo: «Il generale di Obama teme le imboscate di Pentagono e Congresso - pacifisti di ritorno - Kabul, prima vittoria nella guerra all'oppio»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, in prima pagina i due articoli titolati " Il generale di Obama teme le imboscate di Pentagono e Congresso " e " Pacifisti di ritorno". Dalla STAMPA, a pag. 16, l'articolo di Giordano Stabile dal titolo " Kabul, prima vittoria nella guerra all'oppio ". Ecco gli articoli:
Il FOGLIO - " Il generale di Obama teme le imboscate di Pentagono e Congresso"
Mc Chrystal
Washington. Nel chiedere una nuova strategia in Afghanistan, il comandante delle forze internazionali, Stanley McChrystal, tiene conto di fattori che debordano dalle valutazioni militari. In divisa mimetica il generale è irreprensibile; la vera sfida per uno che ha stanato e ucciso al Zarqawi è quella diplomatica a Washington. Il suo rapporto parla di una nuova strategia, modellata sulla counterinsurgency irachena del generale David Petraeus iniziata nel 2007 con l’aumento di soldati in campo. La richiesta di invio di altre truppe in Afghanistan ancora non c’è, ma arriverà presto. Le indiscrezioni parlano di “fino a 45 mila uomini, verosimilmente 15 mila”, come quota necessaria per stabilizzare il paese. Mc- Chrystal porta avanti queste richieste con la cautela di chi sa che a Washington non saranno in molti ad apprezzarle. Il primo ostacolo è il Pentagono, dove alcuni generali cominciano a considerare la guerra in Afghanistan troppo impopolare per essere rinfocolata con nuovi investimenti. “Non siamo dentro questa guerra come lo eravamo prima sotto la presidenza Bush”, dice un ufficiale della Difesa al quotidiano McClatchy. Ai piani alti il rapporto di McChrystal è ribattezzato la “patata bollente” in arrivo per l’Amministrazione Obama e molti al Pentagono sono certi che la richiesta di nuove truppe sarà soltanto la prima di una serie. Il secondo ostacolo per la dottrina Mc- Chrystal è il Congresso: la maggioranza democratica, che teme una riedizione del pantano vietnamita, dovrà ratificare e finanziare le decisioni della Casa Bianca sull’Afghanistan e se la popolarità della guerra a Kabul continuerà a scendere i parlamentari faranno fronda per tutelarsi l’elettorato liberal. McChrystal cerca di non fare la fine del suo predecessore, David McKiernan, un soldato eccellente licenziato dall’Amministrazione perché con la testa era troppo lontano dalle logiche del palazzo. La Casa Bianca ascolterà con attenzione le richieste, e il fu idealista Barack Obama continuerà a desiderare un Congresso di destra.
Il FOGLIO - " Pacifisti di ritorno "
New York. L’ultimo sondaggio Rasmussen segnala la caduta di Barack Obama al 45 per cento del gradimento popolare e l’editorialista David Brooks, sul New York Times, ha scritto che “nella storia dei sondaggi non si è mai visto un presidente americano appena eletto che sia crollato così velocemente”. Il problema, per il presidente, è che i prossimi mesi potrebbero essere peggiori non solo per il tentativo di riforma sanitaria che sembra non piacere alla maggioranza degli americani, ma per la crescente insoddisfazione nei confronti della guerra in Afghanistan. La Casa Bianca teme di potersi trovare nella stessa situazione di George W. Bush sull’Iraq, a metà strada tra la necessità di portare a termine la missione e le pressioni per fermare la guerra. Finora Obama ha potuto contare sulla mancanza di opposizione alle operazioni belliche in Afghanistan e in Pakistan, al punto da aver aumentato del 50 per cento il contingente militare americano a Kabul e la potenza di fuoco aereo in territorio pachistano. Ma con l’intensificarsi dei combattimenti e il numero record di soldati americani uccisi e di vittime civili afghane dovrà prepararsi a una campagna pacifista d’autunno, in occasione dell’ottavo anniversario dell’inizio della guerra, proprio mentre i suoi generali gli chiedono maggiore impegno e, quasi sicuramente, l’invio di altri ventimila soldati. L’ondata neopacifista è ancora lontana dall’essere impetuosa come tra il 2004 e il 2006, quando fu domata soltanto dalla solitaria fermezza di Bush e dalla contestatissima scelta di cambiare i generali, inviare più truppe e adottare una nuova strategia politica e militare. Ma i segnali, e in alcuni casi anche i protagonisti, sono identici. La Peace Mom Cindy Sheehan, la madre del soldato Casey ucciso in Iraq che si era accampata in segno di protesta davanti al ranch bushiano di Crawford, ha fatto la stessa cosa a Martha’s Vineyard, dove la famiglia Obama ha trascorso le vacanze. Il senatore Russ Feingold, uno dei pochi ad aver votato contro la guerra in Iraq nel 2002, ha proposto un calendario per il ritiro delle truppe dall’Afghanistan, come aveva fatto ai tempi di Bush. I gruppi più radicali hanno prodotto un film “Rethink Afghanistan” che circola su Internet. Il columnist George Will, peso massimo del mondo conservatore e uno dei primi ad aver fatto mancare il sostegno alla guerra in Iraq, dalle colonne del Washington Post ieri ha chiesto a Obama di far rientrare le truppe.
La STAMPA - Giordano Stabile : " Kabul, prima vittoria nella guerra all'oppio "
Non tutto è perduto nella guerra all’oppio in Afghanistan. Il rapporto 2009 sull’Oppio in Afghanistan, presentato ieri a Kabul dall’Unodoc, l’Ufficio dell’Onu contro la droga e il crimine, mostra come la più importante fonte di finanziamento dei taleban ha subito una stretta, per la prima volta dalla caduta del regime del Mullah Omar. Nel 2009, rispetto al 2008, la superficie coltivata a papaveri è calata del 22 per cento, la produzione di sostanza stupefacente del 10. Anche nel Sud, persino nella terribile provincia dell’Helmand, le forze della Nato hanno sostenuto una reale campagna di estirpazione, mentre le forze speciali hanno catturato parecchie partite di droga essiccata, decine di tonnellate pronte per l’esportazione. Certo, l’Afghanistan produce ancora quasi settemila tonnellate di oppio, a fronte di una domanda mondiale di cinquemila. Taleban e signori della droga (compresi quelli che intrattengono ambigui rapporti con il governo Karzai) stanno accumulando stock strategici, pari al consumo di due o tre anni, mentre i prezzi sui mercati internazionali stanno crollando per la superproduzione. Il mercato dell’oppio, sceso a 500 milioni di dollari, rappresenta ancora oltre il 4% del Pil dell’Afghanistan, meno del 7-10 per cento degli scorsi anni, ma ancora impressionante. Nelle fertili valli che solcano gli altopiani afghani la resa dei papaveri è altissima: 50-60 chili di oppio per ettaro, contro i 10 in Asia meridionale. Per questo le narco-mafie di Kabul, come le ha definite il direttore di Unodoc Antonio Maria Costa, possono far fronte alla riduzione delle terre coltivate con un aumento della produttività. Il problema è ora sciogliere l’intreccio tra politica corrotta, povertà dei contadini e l’imprevedibile elasticità «imprenditoriale» dei taleban.
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