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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Il Foglio - L'Opinione Rassegna Stampa
01.09.2009 Khamenei ai manifestanti : ' la Repubblica islamica non pensa di perdonare i colpevoli '
Cronaca del Foglio, analisi di Giorgio De Neri sull'Opinione

Testata:Il Foglio - L'Opinione
Autore: La redazione del Foglio - Giorgio De Neri
Titolo: «I dissidenti di Teheran dai frigoriferi alle fosse di Behest-e-Zahra - L’invasione iraniana di cui non si parla»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 01/09/2009, a pag. 3, l'articolo dal titolo " I dissidenti di Teheran dai frigoriferi alle fosse di Behest-e-Zahra ". Dall'OPINIONE, a pag. 11, l'articolo di Giorgio De Neri dal titolo " L’invasione iraniana di cui non si parla ". Ecco gli articoli:

Il FOGLIO - "  I dissidenti di Teheran dai frigoriferi alle fosse di Behest-e-Zahra"

 Un'immagine delle proteste in piazza dopo le elezioni in Iran

Roma. Dopo aver mostrato all’Iran il suo volto più intransigente, l’ayatollah Ali Khamenei si ripropone nei panni dell’arbitro super partes. Tre quarti dell’intellighenzia riformista, compresi ex viceministri, ideologi e giornalisti, è sotto processo a Teheran con l’accusa di aver complottato per rovesciare il regime con una “rivoluzione di velluto”. Grazie alle arti di persuasione dell’apparato di intelligence dei pasdaran, decine di “tavvab” (pentiti) hanno confessato, ma il rahbar, stavolta, posa da garantista. “Non incolpo i leader dei recenti incidenti di essere al servizio di paesi stranieri come gli Stati Uniti o la Gran Bretagna”, ha concesso Khamenei, mentre il generale Massoud Jazayeri si sobbarcava il ruolo del poliziotto cattivo in nome dei “tavvab saazaan” (gli inquisitori che hanno prodotto il pentimento dei cittadini infedeli). “L’Iran – ha sentenziato – non è in una situazione in cui possa permettersi di perdere tempo a processare i dimostranti, la sicurezza nazionale esige che la punizione sia tempestiva”. Torna il gioco delle parti, la tattica politica più in voga in Iran da decenni. Un tempo c’erano i riformisti buoni e i conservatori cattivi, poi i mullah pragmatici contro i pretoriani di Ahmadinejad; in questi giorni è la volta degli inflessibili pasdaran temperati dalla clemenza da pater familias di Khamenei, il quale però non dimentica di ricordare che tutte le persone implicate nei disordini “devono sapere che la Repubblica islamica non pensa di perdonare i colpevoli così come non perdonò coloro che si opposero allo stato nel 1979. Chi ha commesso un delitto dovrà essere portato di fronte alla giustizia e avrà il trattamento che merita”. I Guardiani della Rivoluzione sono i feroci custodi dell’ortodossia rivoluzionaria e gli ispettori del neocapo della giustizia Sadegh Larijani i difensori della sua onorabilità. Gli insider dicono che è tutto prevedibile come un déjà vu, con qualche sussulto determinato dal voto di fiducia del Parlamento ai ministri di Ahmadinejad: gli attacchi feroci dell’ex procuratore di Teheran Said Mortazavi, le insinuazioni del potente direttore di Kayhan Hossein Shariatmadari, uno dei più dotati “tavvab saaz” della Repubblica islamica, le critiche dell’ayatollah Montazeri, tornato a scagliarsi contro l’ayatollah Khamenei, Ahmadinejad e la dittatura: “Le autorità hanno mostrato la loro vera natura. Spero che ora il governo abbia il coraggio di annunciare che questo sistema non è una Repubblica e non è islamico e che nessuno ha il diritto a esprimere un’opinione o una critica”. I secondini di Evin Ventitré anni fa, quando ancora i candidati sconfitti alle presidenziali Mehdi Karrubi e Mir Hossein Moussavi non trovavano alcunché da obiettare al trattamento riservato dai carcerieri della Repubblica islamica ai loro prigionieri, Montazeri scriveva a Khomeini: “Nelle prigioni gli innocenti sono torturati e diventano ciechi e sordi. Le ragazzine subiscono stupri. Quando vengono interrogate le giovani donne si pronunciano oscenità. Ai credenti viene impedito persino di pregare e i prigionieri, che continuano a venire picchiati anche dopo le sentenze, non vedono per mesi la luce del sole. Nemmeno durante il regime dello scià – scriveva Montazeri – si vedevano simili atrocità”. La differenza rispetto ad allora racconta un ex deputato riformista al Foglio è che “in quegli anni molti di noi erano degli Ahmadinejad, oggi quei furori sono sopiti, nella burocrazia, nei ministeri, anche nell’intelligence certi metodi sono giudicati con disgusto e a Evin ad esempio sono spesso proprio i secondini a dar voce ai morti che camminano”. E’ una magra consolazione in un Iran ossificato in perenne assetto di guerra contro i suoi ribelli, un Iran dove dopo ventitré anni le accuse di Mehdi Karrobi sono la copia carbone di quelle di Montazeri e nei cimiteri altre tombe di “maledetti” resteranno senza nome. Nei cimiteri iraniani la morte può essere classificata in sezioni: morti recenti e più antiche per difendere la Repubblica islamica dai suoi nemici interni ed esterni, morti eroiche in battaglia, vittime delle armi chimiche di Saddam Hussein e caduti della Rivoluzione del ’79. Nel campo santo di Behest-e-Zahra vite sconosciute giganteggiano da poster e murales mentre ex potenti, ribelli e dissidenti scompaiono in fosse senza nome. Le lapidi degli shahid vengono lavate con acqua di rose e quelle degli infedeli distrutte tante volte quante vengono ricostruite a Behest-e-Zahra così come nel cimitero di Khavaran. C’è una sezione chiamata Lanatabad, “dei maledetti”. I familiari arrivano per deporre un fiore e non sanno mai se la clemenza dei guardiani consentirà loro di avvicinarsi alle tombe ferite da colpi di scure. Arrivano sempre nuovi ospiti in queste sezioni, ma ciclicamente la repressione monta come un’onda e le salme dei maledetti si moltiplicano. Secondo Norooznews, sito vicino ai riformisti, il 12 ed il 15 luglio 44 corpi di manifestanti non identificati sono stati sepolti nella sezione 302 di Behest-e-Zahra. Conservate nei magazzini frigoriferi di Aminzadeh (a sud di Teheran) le salme accatastate l’una sopra l’altra sarebbero state trasferite a Behest-e-Zahra. Alcuni impiegati del centro industriale di Aminzadeh hanno confermato che veicoli sconosciuti sono arrivati e ripartiti in gran segreto e i familiari di alcuni ragazzi morti nei disordini hanno raccontato che quando sono state restituite loro le salme erano completamente congelate .“I corpi conservati nell’ufficio del coroner non sono mai congelati a tali temperature nemmeno dopo 40 giorni”, ha detto un medico a Norooznews, circostanza che sembra confermare l’ipotesi che le salme siano state tenute nei magazzini frigoriferi. Un deputato riformista Majid Nasirpour ha invocato un’indagine. Un conservatore, Hamid Reza Katouzian, ha chiesto che le prove delle sepolture clandestine siano presentate in Parlamento. “E’ soltanto una voce, nessun corpo non identificato è stato portato a Behest-e-Zahra”, ha replicato il direttore del cimitero Mahmoud Razaeian. Però, a qualche giorno dalla sua difesa d’ufficio, Razaeian è stato rimosso dal suo incarico. Tirato in causa, il direttore di Norooznews ha invitato gli scettici ad andare a vedere la terra smossa di fresco e le fosse comuni nella nuova parte del cimitero. “Errori sono stati fatti, delle leggi sono state violate e crimini sono stati commessi”, ha ammesso anche Khamenei, ma in Iran ci sono crimini e crimini. La giustizia della Repubblica islamica quando serve sa essere molto flessibile.

L'OPINIONE - Giorgio De Neri : " L’invasione iraniana di cui non si parla "

 Yemen

Yemen contro ribelli foraggiati dall’Iran. Ecco un’altra guerra dimenticata di cui nessuno parla nonostante abbia fatto qualcosa come 2 mila morti in poche settimane e qualcosa come 150 mila profughi in meno di un mese. Eppure è strano che agli osservatori e ai giornalisti sia sfuggito un piccolo particolare come ad esempio quello che l’aviazione dell’Arabia Saudita appoggia le azioni yemenite colpendo i rifugi dei ribelli nelle montagne della provincia settentrionale di Saada. Ma tant’è: non trattandosi di israeliani o forze Nato in Afghanistan neanche il Manifesto si mobilita più di tanto per questi figli di un Dio minore minacciati dall’eversione sciita filo iraniana che ormai punta al predominio del Golfo Persico. E sì che poi le agenzie di stampa, come l’Adn kronos International qualcosa riportano su queste guerre che hanno già prodotto la metà dei profughi palestinesi della guerra arabo israeliana del 1948 in un decimo del tempo. Ieri ad esempio l’agenzia suddetta riportava che era stato reso noto dal ministro degli Esteri yemenita, Abu Bakr al-Qurbi, nel corso di un'intervista al giornale locale Al Mithaq, il proposito di “assumere decisioni difficili nei confronti dell'Iran se non cesserà la diffusione della loro propaganda e il sostegno alla posizione dei ribelli sciiti da parte dei media iraniani”. Cioè tradotto in soldoni fra un po’, atomica o non atomica, la vera guerra che scoppierà contro l’Iran non sarà condotta da Israele o dagli odiati Stati Uniti d’America ma direttamente dai sauditi e dai loro satelliti yemeniti. Per la cronaca ieri Il capo della diplomazia yemenita accusava le autorità iraniane di sostenere i seguaci dell'Imam Abdel Malik al-Houthi, che da alcune settimane sono impegnati in una guerra contro l'esercito di Sanàa nel nord del paese. “Gli iraniani dimenticano che la diffusione di notizie false su di noi non giova ai nostri rapporti bilaterali”, ha aggiunto il ministro, senza specificare quale tipo di azione intenda intraprendere. Fonti locali sostengono però che già la prossima settimana ci sarà la rottura delle relazioni diplomatiche tra Sanàa e Teheran. Come già nella guerra del boia Khomeini contro il boia Saddam Hussein ci vanno di mezzo i minori, in una sorta di pedofilia armata del fanatismo. “I ribelli sciiti che fanno capo all'imam Abdel Malik al-Houthi stanno costringendo i minori a combattere contro di noi” - rivela infatti un funzionario del governo di Sanàa al sito internet Motamar.net, aggiungendo che “quel gruppo di banditi ha catturato dei bambini che costringe a combattere sotto continue minacce, in pratica arma bambini e poi li spedisce in prima linea a combattere al fianco dei suoi miliziani”. Vedremo quanto ci metteranno queste notizie a giungere ai Tg italiani magari per prendere il posto del gossip.

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