Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 01/09/2009, in prima pagina, l'articolo di Giulio Meotti dal titolo " Salvare l'Unesco da Farouk Hosni ". Dal CORRIERE della SERA, a pag. 34, l'articolo di Dino Messina dal titolo " L’autodifesa di Hosni: non sono un antisemita ". Ecco gli articoli:
Il FOGLIO - Giulio Meotti : " Salvare l’Unesco da Farouk Hosni "
Giulio Meotti
Franco Zeffirelli
Manuela Kustermann
Roma. Tra due settimane Farouk Hosni sarà nominato alla guida della più prestigiosa organizzazione culturale del mondo. L’Unesco, l’organo delle Nazioni Unite con sede a Parigi che fu inaugurato da Julian Huxley nel 1949. Il ministro della Cultura egiziano Hosni, noto per aver detto di “voler bruciare i libri israeliani”, è l’unico candidato arabo e in virtù della rotazione tra aree geografiche dovrebbe spuntarla sul candidato russo Alexander Yakovenko e sull’austriaca Benita Ferrero-Waldner. Dieci anni fa il Giappone si aggiudicò l’incarico a causa delle divisioni nel mondo arabo. Hosny ha con sé l’Unione africana, l’Organizzazione della conferenza islamica, il più potente e cospicuo blocco di votanti alle Nazioni Unite e numerosi stati europei, compresa l’Italia. Il 9 agosto 2007 il governo Prodi, con il viceministro degli Esteri Ugo Intini, lanciò ufficialmente il nome di Hosni all’Unesco. E’ rimasta l’unica scelta del nostro paese nella partita alle Nazioni Unite. Intervistato da Radio Europe 1 su Hosni, il ministro degli Esteri francese Bernard Kouchner ha espresso invece profonde riserve, senza tuttavia potersi esporre troppo perché Parigi è il paese ospitante dell’Unesco. A fermare Hosni, contro il quale sono nate petizioni come “Salvare l’Unesco”, ci hanno provato Bernard-Henri Lévy, Claude Lanzmann ed Elie Wiesel con un appello sul Monde rilanciato dal Foglio con la firma di Renzo Gattegna, presidente dell’Unione comunità ebraiche italiane. Un centinaio di personalità politiche e culturali italiane ha lanciato un appello pro Hosni. Un’iniziativa unica nel suo genere in Europa. Ci sono il regista Franco Zeffirelli, il presidente di Rai cinema Franco Scaglia, il critico d’arte dell’Osservatore Romano Sandro Barbagallo, ma soprattutto l’ex ambasciatore in Egitto Antonio Baldini e l’ex ambasciatore americano in Marocco Frederick Vreeland. Assieme ad alcuni deputati del Pdl. Sul Corriere della Sera Pierluigi Battista chiede a Zeffirelli di tornare sui propri passi e in ambito parlamentare c’è un altro appello per il boicottaggio di Hosni lanciato da Fiamma Nirenstein e da altri deputati di destra e di sinistra. E’ in Italia che sembra giocarsi la partita per Hosni, forte di una cittadinanza onoraria italiana. I firmatari parlano di Hosni come di “un uomo di pace” che “non può essere accusato di politica culturale antisemita sulla base di asserzioni mal tradotte”. Di mal tradotto sembra esserci molto poco nel curriculum di Hosni. Quel che non si sa ad esempio è che è stato lui a mettere al bando in Egitto pellicole sull’Olocausto come “Schindler’s List” (“troppe uccisioni”, la motivazione ufficiale). Oppure a bloccare la costruzione di un museo di storia ebraica egiziana al Cairo. Non si sa neppure che nel gennaio 2001 il ministero di Hosni ordinò il rogo di seimila copie delle poesie (“troppo sensuali”) del grande cantore medievale Abu Nuwas, uno dei pilastri della letteratura araba. Non si sa neppure che è sempre stato il ministero di Hosni ad aver approvato la traduzione in arabo dei “Protocolli dei savi di Sion” e del “Mein Kampf” di Hitler, che oggi inondano le bancarelle e le librerie egiziane mentre sono assenti gli scrittori israeliani. Si sa invece che il ministro è noto per aver detto che “Israele non ha mai contribuito alla civilizzazione, in nessun’epoca, perché non ha mai fatto altro che appropriarsi dei beni altrui”. Si sa pure che Hosni ha fatto bandire film israeliani premiati a Cannes come “The band’s visit” e che fu lui a portare al Cairo Roger Garaudy dopo il processo in Francia per negazionismo della Shoah. Garaudy è noto per aver sostenuto che “non c’è stato alcun genocidio durante la Seconda Guerra mondiale e gli ebrei hanno inventato l’Olocausto per il loro tornaconto politico ed economico”. Foreign Policy lo accusa di antisemitismo e spiega come Hosni abbia creato in Egitto un clima di virulento odio dell’ebraismo e di Israele. Quel che s’ignora, oltretutto, è che è stato proprio Hosni a promuovere il tentativo di espulsione del premio Nobel Naguib Mahfouz (peraltro pubblicato in Egitto dopo i tagli pesanti di Hosni) dall’Unione degli scrittori egiziani, perché alcune sue opere erano tradotte in Israele. E’ stato Hosni, nonostante l’Egitto avesse un accordo di pace con Gerusalemme, a imporre che gli accademici egiziani non entrassero in contatto con i colleghi israeliani. Pochi sanno che Hosni ha detto che gli intellettuali come lui non accetteranno mai Israele. Motivo: “Traggono l’odio per Israele dal latte materno, è parte del loro sangue”. Un mese fa, molti mesi dopo la frase sul rogo dei libri israeliani, Hosni all’emittente Dream TV ha ripetuto di essere contrario alla “normalizzazione con Israele”. Dopo la frase sul rogo di libri israeliani, Hosni ha ribadito che la campagna di boicottaggio contro di lui si spiega con il fatto che “gli ebrei non vogliono un arabo o un musulmano a causa della situazione a Gerusalemme”. Chi si ricorda, oggi, che nel luglio 1988 Hosni lanciò una popolarissima opera teatrale intitolata “Oh Gerusalemme”? L’opera incitava all’uccisione di ebrei e alla “liberazione” della città santa. Dieci anni dopo Hosni organizzò l’accoglienza di Garaudy. “In Francia si può attaccare il presidente Chirac, persino il Papa, ma se critichi Israele sei finito perché i media sono controllati al 95 per cento dai sionisti”, disse Garaudy nella conferenza stampa organizzata da Hosni a margine della Fiera del libro del Cairo. Hosni accolse il filosofo negazionista come un eroe, come un “Socrate moderno”, mentre faceva bandire gli scrittori israeliani dalla stessa Fiera del Cairo nel 1998, che con tre milioni di volumi e duemila espositori è considerata la seconda al mondo, per dimensione, dopo quella di Francoforte. Non si ricorda abbastanza che nell’ottobre 2002 Hosni autorizzò la messa in onda sulla tv egiziana Dream del serial “Cavaliere senza cavallo”, basato sui “Protocolli dei Savi di Sion”, il falso antisemita che ha ispirato l’antisemitismo novecentesco. Il dipartimento di stato americano cercò di far pressione sul governo egiziano per impedirne la diffusione, richiesta poi rifiutata su due piedi dal ministro egiziano per l’Informazione Safwat al Sharif e da quello della Cultura Hosni, che ha il potere di censurare ogni manifestazione culturale. La telenovela era interpretata da Mohammed Sobhi, attore caro a Saddam Hussein, e andò in onda all’ora del pasto che rompe il digiuno del Ramadan. Muhammad Sobhi disse che “il sionismo esiste e ha controllato il mondo fin dall’alba della storia”. Né si sa che fu sempre Farouk Hosni ad autorizzare la singolare prefazione all’edizione egiziana del libro del presidente israeliano Shimon Peres, “The New Middle East”. Vi si legge che “quando i Protocolli dei Savi di Sion furono scoperti duecento anni fa, l’establishment sionista internazionale cercò di negare il complotto. Il libro di Peres conferma che i Protocolli erano autentici”. Un pilastro dell’odio e dell’intolleranza etnico-religiosa sta per diventare il nuovo capo dell’Unesco. La cosa ci riguarda tutti. Naguib Mahfuz, premio Nobel per la letteraura isolato da Hosni, fu pugnalato quasi a morte dopo che lo sceicco Omar Abdel Raman, implicato nella prima strage del World Trade Center di New York, lo aveva chiamato “apostata”. All’inizio del terzo millennio, sulla spinta del fanatismo di Hosni, siamo rimasti all’incendio della biblioteca di Alessandria.
CORRIERE della SERA - Dino Messina : " L’autodifesa di Hosni: non sono un antisemita "

Franco Zeffirelli, Manuela Kustermann
L’appello di cento personalità italiane per sostenere la candidatura di Farouk Hosni, ministro egiziano della Cultura e pittore, a direttore generale dell’Unesco, si sta rivelando un caso. O un pasticcio. Con la dissociazione del regista Franco Zeffirelli, la smentita dell’attrice Manuela Kustermann e l’intervento dello stesso Hosni, che in un’intervista all’Ansa replica alle accuse di antisemitismo rilanciate ieri sul «Corriere della Sera» da Pierluigi Battista.
I fatti. Sabato scorso viene reso noto il testo di un appello firmato — dice una nota di agenzia — da personaggi come Zeffirelli, il critico Gianluigi Rondi, il presidente di Rai Cinema Franco Scaglia, il critico d’arte dell’«Osservatore Romano» Sandro Barbagallo, il creatore dell’estate romana Renato Nicolini, le attrici Manuela Kustermann e Mascia Musy e altri personaggi. Ieri Battista commenta la notizia ricordando la minaccia del ministro Hosni, fatta l’anno scorso, di «bruciare personalmente i libri israeliani» e rivolgendosi direttamente a Franco Zeffirelli lo invita a ripensarci: «Può sempre capitare di sottoscrivere un appello sbagliato. Basta accorgersene in tempo». Pronta la risposta del regista: «Io non sapevo nulla delle discusse affermazioni di Hosni, cui peraltro sono grato per il sostegno che mi ha dato durante alcuni miei viaggi in Egitto, e in particolare della sua infelice dichiarazione sul rogo di libri degli ebrei. Né il gallerista Carmine Siniscalco, promotore dell’iniziativa in suo favore, mi ha letto il testo dell’appello. È certo che se l’antisemitismo del ministro egiziano è provato, ritiro subito la mia firma ».
Secca la reazione di Manuela Kustermann, al telefono da Simi, l’isola del Dodecaneso dove è in vacanza: «Smentisco di aver mai firmato un appello in favore di Farouk Hosni. Lunedì 24 agosto ho ricevuto una mail da Carmine Siniscalco, che si concludeva più o meno così: se non rispondi vuol dire che non aderisci. Non ho risposto ma ho visto lo stesso il mio nome tra i firmatari. Ho protestato con Siniscalco, che si è scusato».
Il ministro egiziano, il candidato più forte alla direzione dell’Unesco grazie al sostegno della Lega araba e anche al ritiro del veto di Israele, è intervenuto direttamente nella polemica con una intervista a Luciana Borsatti dell’Ansa. «L’Unesco — spiega Hosni — è una formidabile piattaforma internazionale per esplorare canali di dialogo e avvicinamento. Siamo agli antipodi del razzismo e nel cuore della tolleranza». Quando alle accuse di antisemitismo, il ministro aggiunge: «Non nutro alcuna ostilità personale per Israele e ancor meno per gli israeliani, ma mi attendo, come milioni di arabi, una pace giusta per i palestinesi». Poi il ministro torna sull’infelice frase pronunciata a Parlamento nel maggio 2008, quando disse di essere pronto a bruciare libri di israeliani: «Ammetto la mia mancanza di accortezza nel parlare, ma lungi da me l’idea stessa di bruciare qualunque libro. Nella nostra regione viviamo una continua tensione legata agli sviluppi molto negativi del processo di pace e al futuro riservato ai palestinesi. Gli estremisti si nutrono di questa tensione per attaccare, accusare, delegittimare. Io avevo semplicemente voluto rispondere a un deputato fondamentalista che affermava l’esistenza di libri israeliani che insultavano l’Islam nelle biblioteche pubbliche egiziane, che peraltro non c’erano».
Hosni risponde a Battista anche su altre due accuse: il boicottaggio della costruzione di un museo di arte e cultura ebraica in Egitto e l’amicizia con il negazionista Roger Garaudy. Il ministro dice di essere stato lui stesso a promuovere il progetto per un museo della cultura ebraica nel suo Paese e di aver incontrato Garaudy una sola volta a una fiera del libro al Cairo.
La decisione per la nomina del nuovo direttore generale dell’Unesco sarà presa a Parigi tra il 9 e il 24 settembre.
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