Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 29/08/2009, a pag. 16, l'articolo di Andrea Nicastro dal titolo " Brogli alle elezioni: l’inviato degli Usa adesso accusa Karzai ".
Richard Holbrooke e Hamid Karzai
KABUL — Sono trascorsi già dieci giorni dalle elezioni afghane e ce ne vorrà ancora il doppio per sapere ufficialmente chi sarà il nuovo presidente o chi si dovrà affrontare al ballottaggio. In tutto quasi un mese per contare poco meno di sei milioni di voti, circa il 35% degli aventi diritto. Il ritmo è di 200 mila schede al giorno, una pessima prova di efficienza, la peggiore al mondo, esemplare del cattivo funzionamento della macchina statale afghana costruita in 8 anni di aiuti stranieri. Eppure a Kabul nessuno pare preoccuparsene.
Nelle ambasciate, negli «uffici » dei candidati, nei compound murati delle Nazioni Unite, l'interminabile attesa è benvenuta. Offre il tempo, è il ragionamento più diffuso, per trovare un accomodamento, far sbollire gli spiriti, raggiungere compromessi.
Ad urne appena chiuse, i due candidati favoriti, il presidente Hamid Karzai e l'ex ministro degli Esteri Abdullah hanno entrambi dichiarato vittoria. C'è voluto l'intervento dell'inviato speciale Usa Richard Holbrooke, la mattina dopo, per far cambiare i toni. L'incontro con Karzai, però, fu tempestoso, confidano fonti anonime. E non è la prima volta tra i due.
Holbrooke avrebbe chiesto se Karzai fosse pronto ad accettare il ballottaggio. Il presidente si sarebbe infuriato accusando gli Usa di predeterminare il risultato. I due potrebbero anche aver parlato dei vicepresidenti scelti da Karzai per rastrellare voti. Un attacco al sistema di potere prefigurato con queste elezioni.
«Il presidente ha promesso talmente tante poltrone a chi gli portava dei voti che sarà costretto a creare nuove province e nuovi ministeri per accontentare tutti», sostiene Abdul Sherzai Khan, giornalista afghano. Fosse vero, spiegherebbe anche la lite con Holbrooke: un governo costruito su interessi personali è il contrario di ciò che vorrebbe Washington.
Più quieta la conversazione con lo sfidante Abdullah teso ad accattivarsi il favore americano. «Sappiamo come governa Karzai — spiega Elizabeth Rubin sul sito di Foreign Affairs —. Abdullah è un' incognita».
Data per certa un'enorme quantità di brogli, il risultato del voto sembra in mano alla Commissione per i reclami (presieduta da tre occidentali e due afghani) che per legge ha il diritto di cancellare i voti delle aree con frodi accertate. Un giudizio opinabile e in pratica non appellabile. Qualunque sia il presidente, frodi e accuse ne hanno già diminuito l'autorevolezza rispetto al primo Karzai. Il ballottaggio potrebbe migliorare il clima oppure riproporre le scene di oggi ancora più esacerbate.
Uno dei rimedi per sollevare la popolarità del prossimo presidente (chiunque sia) potrebbe essere un summit internazionale da tenersi a Kabul. E' più di un'ipotesi in ambienti Onu. Forse potrebbe restituire un po' di fiducia e orgoglio agli afghani.
Ne hanno bisogno perché i talebani sono sempre più aggressivi. Ieri due elicotteri Mangusta sono intervenuti a difesa di poliziotti afghani sotto attacco a Farah. I talebani hanno colpiti i velivoli, ma sono stati «neutralizzati».
Nessun ferito tra gli italiani e solo lievi danni ai mezzi. Peggio è andata a un soldato Usa a Kandahar. I militari stranieri uccisi nel 2009 sono ormai già 299, il numero più alto dall'inizio della guerra nel 2001.
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