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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Il Foglio - La Repubblica Rassegna Stampa
28.08.2009 Obama sposta e rinvia l’ombrello antimissile per ottenere l’aiuto di Mosca in Iran e in Afghanistan
Pakistan: morto Mehsud, i talebani hanno già trovato un nuovo capo

Testata:Il Foglio - La Repubblica
Autore: La redazione del Foglio - Giampaolo Cadalanu
Titolo: «Lo Zarqawi pachistano è stato ucciso davvero ma i Talebani hanno già scelto un nuovo capo all’altezza - Obama sposta e rinvia l’ombrello antimissile per ottenere l’aiuto di Mosca in Iran e in Afghanistan - Dagli Usa un attacco a Karzai 'Il suo vice è un»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 28/08/2009, in prima pagina, due articoli titolati " Lo Zarqawi pachistano è stato ucciso davvero ma i Talebani hanno già scelto un nuovo capo all’altezza " e "  Obama sposta e rinvia l’ombrello antimissile per ottenere l’aiuto di Mosca in Iran e in Afghanistan". Dalla REPUBBLICA, a pag. 22, l'articolo di Giampaolo Cadalanu dal titolo " Dagli Usa un attacco a Karzai 'Il suo vice è un trafficante di droga'". Ecco gli articoli:

Il FOGLIO - " Lo Zarqawi pachistano è stato ucciso davvero ma i Talebani hanno già scelto un nuovo capo all’altezza "

Kabul. Sono passate tre settimane dalla notte del 5 agosto, da quando la telecamera a infrarossi di un Predator americano ha sorpreso il capo dei talebani pachistani, Baitullah del clan Mehsud, seduto sul tetto della casa del suocero, il braccio attaccato a una flebo, la sua seconda moglie intenta a massaggiargli una gamba per alleviare le sofferenze procurate dal diabete. Il missile Hellfire arrivato dall’alto ha perforato quel tetto e ha ucciso sul colpo tutti gli occupanti della casa, incluse le sette guardie del corpo, tranne il generale talebano, solo vero obbiettivo. Quella notte i suoi hanno circondato la zona per cinque chilometri e nessun abitante locale ha potuto confermare la voce dell’uccisione. Anche Washington e Islamabad hanno dovuto commentare al buio: troppo pericoloso andare sul posto con le squadre speciali, per trovare la tomba dello Zarqawi pachistano o almeno un campione di dna. Per venti giorni si sono seguite le smentite, le conferme e le voci più strane. Poi, tre giorni fa, l’annuncio ripetuto due volte dai suoi vice: Baitullah il senza volto è morto per le ferite. Il suo autista è stato ucciso perché scampato al missile e sospettato di avere segnalato la posizione. L’intelligence pachistana ha alzato nel frattempo un polverone di disinformazione. Ha sparso la voce che i suoi successori designati, Waliur Rahman, del clan Mehsud, e Hakeemullah, anche lui dei Mehsud, stanno lottando per il posto. Che si erano sparati a vicenda e Hakeemullah era morto. Che ora il fratello gemello di Hakeemullah si fa passare per lui. Due giorni fa la guerriglia ha smentito tutto con due comunicati attendibili. I due vice in persona hanno spiegato ai giornalisti, al telefono, che la shura, il consiglio di guerra di 22 capi, si è riunita e ha eletto Hakeemullah successore di Baitullah. Mettendolo così anche in cima alla lista degli obbiettivi dei droni americani che sorvolano le aree tribali. Ron Moreau e Sami Yousufzai, gli spericolati inviati di Newsweek, dopo il bombardamento di Baitullah hanno parlato di “morte di al Qaida”. Il capo pachistano – al contrario del mullah Omar, che era all’oscuro degli attentati in preparazione dell’11 settembre – condivideva con al Qaida l’agenda globale. Inoltre accoglieva gli estremisti stranieri, procurava su richiesta il novanta per cento degli attentatori suicidi, puntava a destabilizzare non soltanto l’Afghanistan ma tutta la regione sudasiatica. Un capo dell’intelligence dei talebani afghani ha detto ai due giornalisti, via mail: “Ora la tenda che ospita al Qaida è caduta”. Sembra invece che la nomina di Hakeemullah, 29 anni, butterato, capelli lunghi, baffi sottili alla Fu Manchu, adesso potrà proteggere ancora gli interessi di al Qaida in Pakistan e continuare ad alimentare la violenza al di là e al di qua del confine con l’Afghanistan. Il nuovo capo sottoscrive anche lui l’agenda globale di Bin Laden e Baitullah e ha subito minacciato direttamente gli Stati Uniti con un attentato di ritorsione, per vendicare la morte del suo predecessore. E’ Hakeemullah il comandante che ha inventato e guidato la strategia degli attacchi contro i convogli di rifornimenti Nato che transitano in Pakistan, per strozzare i contingenti che combattono contro i talebani. Una strategia che costringe gli americani a tutta una serie di accordi geopolitici a nord, anche con Mosca. C’è lui dietro ad attentati urbani a Peshawar e Lahore – e ieri al valico di Torkham, venti poliziotti uccisi. Al contrario di Baitullah, ama il rapporto con i media. Si fa riprendere in foto e video e invita i giornalisti a incontri e gare di tiro con la mitragliatrice. Vince lui.

Il FOGLIO - "  Obama sposta e rinvia l’ombrello antimissile per ottenere l’aiuto di Mosca in Iran e in Afghanistan"

Bruxelles. Per ottenere i favori della Russia su Iran e Afghanistan, l’Amministrazione Obama sarebbe sul punto di abbandonare lo scudo antimissilistico nell’Europa dell’est. “I segnali provenienti dai generali del Pentagono sono chiari: l’attuale governo americano sta cercando soluzioni alternative alla Polonia e alla Repubblica ceca”, ha detto al quotidiano polacco Gazeta Wyborcza Riky Ellison, presidente della Missile Defense Advocacy Allieance. Varsavia si aspetta una decisione “in settembre”, una volta terminata la policy review del presidente Barack Obama, ha annunciato il viceministro della Difesa, Stanislaw Komorowski. Ma le indiscrezioni da Washington alimentano i timori di Polonia e Repubblica ceca, che vedono lo scudo come una polizza di assicurazione contro l’aggressività russa. La policy review non è tanto sui “costi e l’efficacia” del sistema antimissilistico, come aveva promesso Obama, ma sulla realpolitik e la necessità di schiacciare “il bottone del reset” nelle relazioni con Mosca, che si sente strategicamente minacciata dallo scudo americano nell’ex blocco sovietico. Il progetto di difesa missilistica – essenziale per contrastare la minaccia di un Iran con capacità balistiche e nucleari – andrebbe comunque avanti: gli intercettori in Polonia e il radar in Repubblica ceca verrebbero ricollocati nei Balcani, in Turchia, in Israele oppure su navi nel Mediterraneo. L’Amministrazione “sta prestando molta più attenzione agli argomenti russi”, ha spiegato Ellison: “Gli uomini di Obama pensano che molti problemi nel mondo possano essere risolti più facilmente con Mosca. E’ una questione di priorità”. Obama ha bisogno della Russia per i due dossier più delicati dell’autunno: il nucleare iraniano e la guerra afghana. Sull’Iran il tempo stringe: entro la fine di settembre Teheran deve rispondere all’offerta di dialogo di Obama e la prossima settimana i cinque membri del Consiglio di sicurezza dell’Onu più la Germania riprenderanno a discutere di sanzioni. Washington teme che il direttore uscente dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, Mohamed ElBaradei, da sempre morbido con Teheran, non inserisca le prove della militarizzazione del programma nucleare nel rapporto che pubblicherà oggi. I recenti segnali di cooperazione con l’Aiea – l’apertura agli ispettori del reattore a acqua pesante di Arak e il maggior accesso all’impianto di arricchimento di Natanz – potrebbero servire da alibi per un veto russo alle sanzioni, permettendo all’Iran di guadagnare altro tempo. In Afghanistan, gli Stati Uniti devono chiedere l’autorizzazione di Mosca per far transitare gli approvvigionamenti attraverso il territorio russo. Il generale David Petraeus la scorsa settimana era in Uzbekistan, perché ha bisogno di tutti i vicini, Russia compresa. Il disamoramento dell’Amministrazione Obama per Hamid Karzai ha spinto il presidente uscente a riaprire le porte alla Russia: Karzai compra armi da Mosca senza autorizzazione americana e la presenza russa, anche se discreta, pesa sempre più a Kabul. Ricordando su Foreign Policy un’insolita riunione del 1988 a Mosca in piena Guerra fredda, il consigliere della Rand Corporation Brian Michael Jenkins ricorda la preveggenza dei sovietici che avevano avvertito gli americani dei “pericoli del terrorismo islamista” a partire da un Afghanistan abbandonato dall’Armata rossa. Per Jenkins, se “una partnership strategica potrebbe essere un’illusione, il terrorismo offre una chance per una collaborazione pragmatica”.

La REPUBBLICA - Giampaolo Cadalanu : " Dagli Usa un attacco a Karzai 'Il suo vice è un trafficante di droga' "

 Mohammed Qasim Fahim, candidato alla vicepresidenza in Afghanistan

KABUL - Ormai da un pezzo Hamid Karzai non è più il beniamino degli americani: se l´amministrazione Bush era tiepida, quella di Obama storce il naso apertamente, soprattutto per le amicizie ingombranti del presidente afgano. Nei giorni scorsi era stato imbarazzante per gli Usa vedere l´affetto di Karzai per Rashid Dostum, tornato dall´esilio portando in dono al candidato pashtun il voto dei suoi uzbeki. Per il generale Dostum, rifugiatosi in Turchia per evitare guai giudiziari, la Casa Bianca vorrebbe un processo, così da fare chiarezza sul ruolo Usa nel massacro a freddo di centinaia di prigionieri Taliban nel novembre 2001. Ora che il conteggio dei voti indica Karzai come sempre più probabile successore di sé stesso, ad essere sgradito è l´alleato più stretto, il tagiko Mohammed Qasim Fahim, che Karzai ha scelto come candidato alla vicepresidenza.
A rendere "scomodo" l´ex ministro della Difesa sono le voci sul suo coinvolgimento nel traffico di droga, scriveva ieri il New York Times. Ma per gli uomini dell´amministrazione Bush, impegnati dalla fine del 2001 a lanciare la guerra contro il regime del mullah Omar, Fahim era soprattutto un esponente di peso dell´Alleanza del nord, un signore della guerra allora alleato di Ahmad Shah Massud e in passato beniamino dei sovietici, pronto a vendersi al miglior offerente ma indispensabile per imporre una nuova gestione a Kabul. Così gli emissari di Washington l´avevano dovuto accettare e "il maresciallo" Fahim era persino diventato il punto di riferimento per i contributi della Cia destinati all´addestramento di un nuovo esercito afgano.
Per dirla con le parole dell´ambasciatore Usa a Kabul, «era stato scelto per il ruolo che poteva giocare nell´unità nazionale, non per la sua capacità di viaggiare all´estero». Proprio su questo punto, però, la nuova gestione del Dipartimento di Stato non sembra più disposta a chiudere un occhio. Se l´ex ministro della Difesa dovesse chiedere un visto per gli Usa, scrive il giornale, lo staff di Hillary Clinton è pronto a dirgli di no. La stessa Clinton avrebbe fatto sapere senza giri di parole a Karzai che correre con quell´alleato avrebbe danneggiato ogni partnership con l´Occidente. Ma il presidente non ha cambiato opinione, tanto più che la scelta di Fahim come vice gli consentiva di strappare qualche voto al rivale, il tagiko Abdullah.
A voler togliere di mezzo il maresciallo sono anche i Taliban e Al Qaeda, che usano contro Fahim mezzi decisamente meno raffinati di quelli americani: per esempio, le granate Rpg e i proiettili di armi leggere utilizzate nell´agguato dello scorso luglio a Kunduz, da cui l´ex ministro è comunque uscito illeso.

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