mercoledi` 14 maggio 2025
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



Clicca qui






La Stampa - Corriere della Sera - Il Foglio Rassegna Stampa
25.08.2009 Richard Holbrooke: ' Più truppe in Afghanistan '
Cronache e analisi di Maurizio Molinari, Giordano Stabile, Guido Olimpio - Redazione del Foglio

Testata:La Stampa - Corriere della Sera - Il Foglio
Autore: Maurizio Molinari - Giordano Stabile - Guido Olimpio - La redazione del Foglio
Titolo: «I generali americani: più truppe subito - Il nostro sogno? Cacciare i marines - Un video-show dei talebani per provare la propria forza»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 25/08/2009, a pag. 7, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo " I generali americani: più truppe subito " e, a pag. 6, l'articolo di Giordano Stabile dal titolo " Il nostro sogno? Cacciare i marines ". Dal CORRIERE della SERA, a pag. 5, l'articolo di Guido Olimpio dal titolo " Un video-show dei talebani per provare la propria forza ". Dal FOGLIO, in prima pagina, l'articolo dal titolo "Doppio attacco contro i parà. Ecco cosa ci manca". Ecco gli articoli:

La STAMPA - Maurizio Molinari : " I generali americani: più truppe subito "

 Richard Holbrooke

I comandi americani in Afghanistan chiedono più truppe alla Casa Bianca contro i taleban alleati di Al Qaeda. Ad ascoltare le opinioni dei generali dell’Us Army, è stato l’inviato Usa Richard Holbrooke, dopo la visita alle sedi dei quattro comandi regionali - Kandahar, Herat, Mazar-i-Sharif e Bagram - dove le analisi di militari e intelligence si sono rivelate convergenti: i taleban sono più aggressivi e meglio armati, alcuni gruppi come quello di Jalaluddin Haqqani continuano a operare dai santuari in Pakistan e si finanziano con il narcotraffico, mentre le forze afghane non sono ancora pronte per svolgere un ruolo di primo piano nelle operazioni anti-guerriglia. Da qui la constatazione che i 57 mila soldati Usa presenti in Afghanistan - che arriveranno a 68 mila entro fine settembre - non sono abbastanza.
I generali Usa faranno avere le loro considerazioni a Stanley McChrystal, comandante delle truppe Afghanistan, che entro due settimane farà prevedibilmente arrivare al presidente Barack Obama la richiesta di inviare nuovi rinforzi in aggiunta ai 17 mila uomini mandati lo scorso febbraio. I comandanti Usa hanno fatto presente a Holbrooke che anche il contingente Nato - al momento, 34 mila uomini - ha bisogno di maggiori risorse in tempi molto rapidi. Dietro le valutazioni dei militari c’è la convinzione, espressa dall’ammiraglio Mike Mullen, capo degli Stati Maggiori Congiunti, che la situazione in Afghanistan «sta peggiorando», come dimostra il numero record di vittime registrato dalle truppe alleate per effetto degli attacchi con bombe lasciate lungo il ciglio delle strade.
Difficilmente il presidente Obama potrà respingere la richiesta di McChrystal: l’interrogativo che resta da sciogliere è quanti rinforzi partiranno. Il Pentagono di Robert Gates si sta già preparando a dedicare più risorse alla guerra definita «necessaria» dalla Casa Bianca: la maggioranza dei droni senza pilota a disposizione delle forze Usa sono stati spostati dall’Iraq in Afghanistan, dove adesso opera il 66 per cento del totale, mentre un anno fa era solo il 25 per cento. Il generale David Petraeus, comandante delle truppe in Medio Oriente, da parte sua si accinge a inaugurare nella sede del Comando Centrale di Tampa, in Florida, una «scuola d’intelligence» immaginata ad hoc per preparare 007 specializzati nella regione afghano-pakistana.

La STAMPA - Giordano Stabile : " Il nostro sogno? Cacciare i marines "

 Istalif. Qui la maggioranza ha votato per Abdullah Abdullah

Il venditore di fichi al bazar di Istalif ride e fa sì con la testa. «Qui tutti hanno votato Abdullah. Il 90%. Ma alla fine vincerà Karzai. E’ la politica». Istalif è stata per 500 anni la meta dei ricchi di Kabul. Una stretta valle verde rigurgitante sorgenti, ruscelli, torrenti. Un paradiso di fresco e silenzio a 70 chilometri dalla capitale che sbocca nella piana di Shamoli, teatro delle più feroci battaglie tra taleban e mujaheddin tagiki. Nei cimiteri sventolano le bandiere verdi degli shahid, caduti combattendo, mai morti in realtà, ma trasfigurati in eroi. In ogni angolo foto del comandante Shah Massoud, il più grande shahid, ucciso dai taleban alla vigilia dell’11 settembre.
Poi vennero gli americani ad aiutare a cacciare gli studenti coranici, ma nessuno sembra ricordarselo. Siamo a pochi chilometri dalla base di Bagram, 10-20 mila soldati Usa, ed elicotteri Chinook sopra la valle. Bagram è la chiave di Kabul, di tutto il nord, non a caso venne scelta da Alessandro Magno per fondare una delle decine di città che portano il suo nome. E pare che vi volesse restare. Forse, temono qui, anche gli americani. Le pattuglie di jipponi affettano uno spazio e un tempo con altri ritmi e geometrie. Da amici i vecchi alleati sono diventati occupanti.
Tutta la piana è una prateria di voti per Abdullah, uomo del Panshir, profondo nord tagiko, come Massoud. Al bazar hanno già contato i voti, i risultati non sono un segreto, «3 mila per il dottor Abdullah, 600 per Karzai», dice Ismaran, venditore di ceramiche, turbante azzurro, barba lunga bianca. Solo perché giù nella valle c’è un villaggio pashtun.
La guerra civile ha lasciato macerie. Ma dopo il 2001, la ong Turquoise Mountain ha restaurato le vecchie case, la moschea, e riaperto la scuola di ceramiche. Sono sorti decine di negozietti. Per un paio d’anni è andata bene. Poi la guerriglia taleban è dilagata fino alle porte di Kabul. I turisti sono spariti. Non ci sono altre risorse. Solo magri campi di cereali, capre, asinelli. «Nessuno ci aiuta – dice Bardar, magro, alto, forte, un contadino -. Karzai non ha mantenuto nessuna promessa». Ma un compare ride, dice che non sa nemmeno per chi ha votato, ha messo un segno a caso. Nessuno dei due sa leggere.
Si vede però la mano della cooperazione internazionale. C’è persino un liceo francese. A Malek Grab ci sono sei classi, 300 ragazzi e ragazze fino ai 15 anni. Le ragazze tagike arrivano con la loro divisa, tunica e pantaloni neri, velo bianco, parasoli colorati, a fiori. Fatima, 40 anni, è la decana delle insegnanti. Guadagna 4500 afghani, meno di 100 dollari. «Basta uscire da Kabul – si lamenta, - e il governo non c’è più». Non ha votato. Vincerà Karzai, dice, perché ha promesso, senza farlo sapere agli occidentali, che manderà via le truppe Isaf, la Nato, in un anno. Ma non lo farà. Anche gli hazara lo hanno votato. Abdullah è invece amico degli americani. Brogli o non brogli, si metteranno d’accordo, per spartirsi gli aiuti internazionali.
Tra le grandi case contadine, fortini di fango con cortili interni per le verdure e gli animali, ai tempi dei taleban si sono vissute stragi naziste. «Hanno ucciso tutti gli uomini, perché qualcuno aveva combattuto per i mujaheddin». Il regime coranico è stato un inferno. Ma non si sentiranno liberi, spiega Sayeed, 30 anni, 7 in esilio per colpa del mullah Omar, «finchè ci saranno truppe straniere».
Sotto un platano, tre bambini giocano alla caramboule. Arriva un convoglio di tre humvee americani. Sayeed si rabbuia. «Via la macchina fotografica, presto, quelli sparano». I gipponi passano con i GI in piedi alla torretta della mitragliatrice. L’ultimo fa un cenno, si può andare. «Sono pericolosissimi», spiega Sayeed. «Se non ti sposti alla svelta ti sbattono in fosso. E non vogliono gente tra i piedi, soprattutto stranieri». E gli italiani? Brava gente, naturalmente, come francesi e tedeschi. «Il problema sono gli americani. Solo loro».

CORRIERE della SERA - Guido Olimpio : " Un video-show dei talebani per provare la propria forza "

 Un'immagine del video talebano diffuso da Al Jazeera

WASHINGTON — Le tv interna­zionali hanno diffuso le immagini degli elettori a Kabul? Bene, i taleba­ni mettono in onda il contro-show. Con un breve filmato inviato alla re­te Al Jazeera , i ribelli hanno mostra­to un’azione per intercettare ed eventualmente punire chi avesse osato recarsi alle urne.
Il video si apre con i talebani che creano posti di blocco volanti sul­l’asse stradale Kabul-Kandahar. Be­ne armati, a bordo di motociclette, gli insorti fermano auto e bus. Quin­di
procedono ai controlli: chi ha le dita sporche di inchiostro — usato per impedire che una persona potes­se votare due volte — viene isolato. E’ la prova della «colpa» che ha com­messo. Altra scena. Compaiono una ventina di uomini, hanno l’indice nero. Di nuovo — secondo la trama — si tratta di elettori che non han­no rispettato l’ordine talebano di non andare alle urne. I «prigionieri» procedono in fila indiana, bendati. Poi sono fatti sedere. Ed ecco che spunta un talebano con il volto se­micoperto e con gli occhiali. Se la prende con gli ostaggi accusandoli di essersi «allineati agli ebrei» e pro­mette una severa punizione. Come il taglio delle dita, riservato ad alcu­ni il giorno del voto. Invece — se­condo il video — i ribelli cambiano idea. O perlomeno un portavoce ta­lebano sostiene che i peccatori po­trebbero essere perdonati. C’è la so­lenne festa musulmana del Rama­dan e un atto di clemenza è dovuto. Come sempre, in questi casi, è dif­ficile dire quanto il filmato sia genui­no. Non sarebbe la prima volta che le formazioni di ispirazione qaedi­sta taroccano i filmati ad uso propa­gandistico. E’ accaduto per la con­quista — mai avvenuta — di posi­zioni americane in Afghanistan o per strane scuole di kamikaze riser­vate ai bambini. Quel che conta per gli insorti è diffondere messaggi che dimostrino, da un lato, la capaci­tà militare e, dall’altro, il controllo del territorio. I video — con il mega­fono di Internet o delle tv satellitari — sono lo strumento migliore per raggiungere l’obiettivo.
Con un risvolto non secondario. In momenti di difficoltà i talebani hanno ampliato volume e cadenza dei filmati ricordando quanto profe­tizzato da Osama Bin Laden e da Ay­man Al Zawahiri. La nostra batta­glia — dissero — si svolgerà al no­vanta per cento sul campo di batta­glia della propaganda. I mullah si so­no adeguati dimenticando, quando serve, che una volta «impiccavano» i televisori — simbolo di perdizione — e avvolgevano le piante con i na­stri delle cassette per marcare il ter­ritorio.

Il FOGLIO - " Doppio attacco contro i parà. Ecco cosa ci manca "

 Rosario Castellano

Ieri notte, un ordigno stradale è esploso sotto un veicolo Lince del 187° reggimento della Folgore. Più tardi, alla luce del primo pomeriggio, una pattuglia mista di italiani e afghani è stata attaccata con lanciarazzi e fucili d’assalto sulla stessa arteria di scorrimento. “La strada 517 dove sono avvenuti gli attentati – spiega il generale della Folgore, Rosario Castellano – è di importanza strategica per gli insorti, perché collega alcuni nodi stradali nevralgici e attraversa una zona dove ci sono estese coltivazioni di oppio”. PIÙ TRUPPE AMERICANE? Il comando americano intende chiedere una rafforzamento del contingente impegnato in Afghanistan per dare una svolta alla guerra, come successe nel 2007 in Iraq. La richiesta dovrebbe essere contenuta nel rapporto – la cui elaborazione è durata mesi – che il generale Stanley McChrystal sta per sottoporre all’Amministrazione Obama. Diversi gli scenari studiati: con un aumento di soli 15.000 soldati contro i talebani, la strategia sarebbe ad alto rischio; per una strategia a basso rischio di sconfitta, sono necessari 45.000 uomini in più. RINFORZI NECESSARI PER GLI ITALIANI Altri mezzi sarebbero necessari ma non sono ancora disponibili in Afghanistan. I frequenti lanci di razzi contro le basi, incluso il grande compound di Camp Arena all’aeroporto di Herat, evidenziano la necessità di radar campali che individuino le postazioni di lancio di razzi e dei mortai degli insorti. Strumenti come quello installato dagli americani nella base di Farah City che in luglio ha consentito ai mortai della Folgore di distruggere le postazioni nemiche che avevano appena fatto fuoco, scoraggiando ulteriori attacchi. Radar del genere, già impiegati dagli italiani in Iraq, potrebbero poi essere abbinati ad armi a canne rotanti di difesa di punto come i Vulcan impiegati dai britannici per difendere la base di Bassora dove intercettarono oltre il 70 per cento dei razzi lanciati dai miliziani. Sul fronte della potenza di fuoco risulterebbe certo utile disporre di artiglieria a raggio più lungo dei 13 chilometri di gittata massima dei mortai da 120 millimetri. Obici da 155 come quelli impiegati da anni in Afghanistan dai contingenti americano, britannico, canadese e olandese che dispongono di artiglieria trainata e obici semoventi. L’Italia potrebbe schierare i nuovi obici Pzh-2000 che hanno fornito un’ottima prova in Uruzgan impiegati dal contingente dell’Aja. Si tratta di mezzi corazzati dotati di un cannone da 155 capace di colpire con estrema precisione bersagli fino a 40 chilometri di distanza: l’ideale per fornire supporto a lungo raggio ai reparti schierati nelle basi avanzate. Infine, c’è l’esigenza di disporre di uno strumento d’intelligence più offensivo, legato alle operazioni e non solo alla “force protection”. Un’intelligence in grado non soltanto di annunciare i frequenti allarme bomba ma capace anche di riferire la posizione delle cellule terroristiche e delle bande di miliziani. COSA NON VA CON L’ESERCITO AFGHANO Le truppe afghane nel settore ovest, due brigate assegnate al 207° Corpo, hanno registrato un generale miglioramento delle capacità di combattimento e di tenuta sotto il fuoco, come dicono i consiglieri militari degli OMLT (Operational Mentor and Liaison Team), 200 italiani guidati dal colonnello Filippo Mastrovito che li affiancano in azione. La consegna di nuovi fucili M-16 e veicoli protetti Hummer migliorerà le dotazioni e le capacità dei 92.000 militari dell’Ana. Non mancano però i punti ancora dolenti. A volte i reparti sono impiegati in battaglia pur non avendo ancora completato l’addestramento avanzato mentre l’assenza di visori notturni rende i reparti dell’Ana impiegabili soltanto di giorno. Non sempre poi gli ufficiali in comando sono all’altezza della situazione. Come il colonnello rimosso in tutta fretta dalla testa del 3° kandak (battaglione) fanteria che nella battaglia di Bala Murghab sbandò sotto il fuoco talebano, con i soldati che fuggivano gettando le armi.

Per inviare la propria opinione a Stampa, Corriere della Sera e Foglio, cliccare sulle e-mail sottostanti


lettere@lastampa.it
lettere@corriere.it
lettere@ilfoglio.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT