Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Sondaggi in calo per Barack Obama. L' analisi accurata di Maurizio Molinari e quella monca di Vittorio Zucconi
Testata:La Stampa - La Repubblica Autore: Maurizio Molinari - Vittorio Zucconi Titolo: «Barack in vacanza. Golf, gelati, sanità e sondaggi in calo - Afghanistan, Iran e sanità perde colpi il fascino di Obama»
Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 24/08/2009, a pag. 1-15, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo " Barack in vacanza. Golf, gelati, sanità e sondaggi in calo ". Dalla REPUBBLICA a pag. 1-9, l'articolo di Vittorio Zucconi dal titolo " Afghanistan, Iran e sanità perde colpi il fascino di Obama " preceduto dal nostro commento. Ecco gli articoli:
La STAMPA - Maurizio Molinari : " Barack in vacanza. Golf, gelati, sanità e soldaggi in calo "
Porterà Malia e Sasha ad assaggiare i rinomati gelati della cittadina-gioiello sull’Oceano Atlantico, punto di ritrovo dell’aristocrazia liberal, dai Kennedy ai Clinton. Ma nell’elegante proprietà affittata per 35 mila dollari da Barack ci sarà anche un pugno di amici e fedelissimi di Chicago, a cominciare dalla superconsigliera Valerie Jarrett, per studiare la controffensiva d’autunno. Rinchiudersi in un pensatoio è necessario perché nelle ultime settimane al presidente è andato quasi tutto storto: la riforma della Sanità che puntava ad approvare in tre settimane è impantanata al Congresso fra i veti incrociati dei liberal e dei repubblicani, in Afghanistan le elezioni presidenziali sono finite in rissa e lo scenario di una ripresa economica evocato dalla Federal Reserve è stato ridimensionato a «stagione del purgatorio » dal premio Nobel PaulKrugman, mentre Robert Reich, ex ministro del Lavoro di Clinton, prevede che «andiamo lentamente verso il peggio», ovverouna ricaduta. Non c’è da sorprendersi, dunque, se i sondaggi sono in discesa, con la popolarità del presidente al 55 per cento, fiaccata da quel 49per cento di americani contrari a una riforma della Sanità percepita come un moltiplicatore delle tasse dei singoli e del deficit federale. Il principale grattacapo di Obama è il «piano assicurativo pubblico» che i liberal, come la presidente della Camera Nancy Pelosi, vogliono a tutti i costi nella riforma per garantire le cure ai poveri mentre i repubblicani, come l’ex rivale di Barack alle elezioni John McCain, lo considerano il vero ostacolo a un’intesa bipartisan. Gli spot anti-riforma hanno accolto Obama sulle tv locali di Martha’s Vineyard e, come se non bastasse, l’elicottero Marine One ha dovuto rinviare di qualche ora l’arrivo a causa del passaggio del violento uragano Bill. Le difficoltà della prima estate presidenziale sono una costante per gli inquilini della Casa Bianca perché, come osserva Margaret Warner della tv Pbs, «è ilmomentoin cui iniziano a essere giudicati sulla base degli obiettivi che loro stessi si sono dati». L’estate del 2001 il neoeletto George W. Bush la passò nel suo ranch texano di Crawford assediato dai repubblicani che gli chiedevano di «agire in fretta» per realizzare il «conservatorismo compassionevole» promesso nelle urne, lamentando «idee vaghe sull’educazione », non appagati dal veto alla ricerca sulle cellule staminali. Le pressioni repubblicane sull’agenda interna furono tali per Bush - che in quel momento aveva il 57 per cento di popolarità - da distrarlo da quanto di più importante stava avvenendo, cosicché sottovalutò l’allarme sul rischio di attentati terroristici qualche settimana prima dell’11 settembre 2001. Otto anni prima Bill Clinton era in condizioni anche peggiori. La scelta di garantire più diritti ai gay nelle forze armate e le incertezze sul libero commercio fecero precipitare la sua popolarità al 44 per cento, spingendolo a rifugiarsi con Hillary a Martha’s Vineyard - nella tenuta di Robert McNamara - in un silenzio rotto solo dai gossip sulle cene da Katharine Graham, la proprietaria del «Washington Post», e Jacqueline Kennedy Onassis. L’autoisolamento servì a rilanciare l’immagine di Bill, che però la scommise su quella riforma della Sanità che l’anno seguente avrebbe fatto perdere il Congresso ai democratici. Anche per John Kennedy la prima estate da presidente fu quasi da dimenticare nonostante una popolarità-record del 75 per cento. La iniziò all’ombra della Baia dei Porci - il fallito tentativo di rovesciare Castro a Cuba - e agosto andò ancora peggio, perché veleggiava tranquillo al largo di Cape Cod, dove si trova la tenuta di famiglia, quando gli dissero che i sovietici avevanocostruito ilMurodi Berlino. Per trovare un’eccezione alla regola delle prime vacanze difficili bisogna guardare a Ronald Reagan, che nell’agosto del 1981 dal suo amato ranch «del Cielo» di Santa Barbara in California passò il tempo a duellare su due fronti: con i controllori di volo per respingerne le richieste sindacali e con il colonnello Muammar Gheddafi, spedendoi jet dell’Us Air Force sui cieli del Golfo della Sirte a difendere i limiti dello spazio aereo internazionale, con il risultato di abbattere due bombardieri libici. Fu un’estate combattente e piacque molto agli americani.
La REPUBBLICA - Vittorio Zucconi : " Afghanistan, Iran e sanità perde colpi il fascino di Obama "
Anche Vittorio Zucconi nota il calo di consensi di Obama : " uomo che in gennaio non sbagliava nulla e in agosto non sembra azzeccarne più una ". Zucconi elenca le cause che, a suo avviso hanno portato a questa situazione e scrive : "l´Afghanistan impegnato in un´elezione inconcludente e in una guerra che in luglio ha visto il massimo numero di soldati alleati uccisi dal 2001. L´Iran, dove l´impudenza del ladro di elezioni, Ahmadinejad, ha portato un terrorista certificato al ministero della Difesa. Il Medio Oriente, arenato sull´intrattabile questione dell´espansionismo israeliano nell´ipotetico territorio del futuro stato palestinese. ". La guerra in Afghanistan ha assicurato elezioni libere alla popolazione locale ed è contro il terrorismo islamico dei talebani. Per quanto riguarda l'Iran, non è tanto scelta di Ahmadinejad del terrorista Vahidi come ministro, ma l'assenza di risposta da parte di Obama. E anche la posizione ambigua che ha assunto nei confronti dei manifestanti (torturati, processati, ammazzati) contro le elezioni truccate di Ahmadinejad. Il Medio Oriente è arenato, ma non per via dell' "espansionismo israeliano". I processi di pace sono bloccati a causa del rifiuto degli arabi di raggiungere qualunque tipo di compromesso. Abu Mazen si rifiuta di riconoscere Israele come Stato ebraico e legittima il terrorismo (quello che lui definisce 'resistenza armata'). Per quanto riguarda gli insediamenti illegali, il governo israeliano si è impegnato a smantellarli. Netanyahu ha fatto delle proposte agli arabi che, in tutta risposta, le hanno rifiutate e hanno eletto nel consiglio di Fatah il terrorista Barghouti, del quale si ostinano a chiedere la scarcerazione. L'analisi di Zucconi per quanto riguarda il Medio Oriente è monca. Ecco l'articolo:
Vittorio Zucconi
SONO arrivati contemporaneamente, Barack e Bill, il presidente venuto da Washington e l´uragano venuto dall´Atlantico, sabato scorso sulle spiagge di Martha´s Vineyard. Come se neppure l´atmosfera volesse concedere un «break» all´uomo che in gennaio non sbagliava nulla e in agosto non sembra azzeccarne più una. Ma se l´uragano battezzato casualmente con il nome del suo predecessore Clinton è passato senza fare altri danni che molta sabbia e acqua sulle amare vacanze di Barack Hussein Obama, il Presidente rimane al centro di una realtà che per una volta coincide con il luogo comune: una tempesta perfetta che gli ha rovesciato attorno bufere multiple e concentriche, minacciando, dopo appena 250 giorni, il naufragio. I rancori e malumori inghiottiti da quel 47% di americani che non lo aveva votato e che vedeva in lui l´incarnazione dell´anticristo nero, si sono sollevati dal fondo di una nazione che aveva finto di accogliere la sua vittoria a denti stretti. Di fronte alle esitazioni, agli errori tattici, a quel suo dire e negare, è passata la paura di apparire retrogradi o ignoranti, come la vacua «Barbie dei Caribu», la Sarah Palin, o come i nostalgici del Kkk che ancora falsificano via internet certificati di nascita per negare che sia nato negli Usa e dunque sia un usurpatore. Attaccare Obama, oggi, è Ok, e politicamente corretto. Questa è la vera cattiva notizia per lui, oltre i sondaggi in flessione. La normalizzazione del fenomeno Barack Obama. Sul suo schermo radar, mentre finge di rilassarsi con Michelle, Sasha e Malia sulle spiagge dei Massachusetts spettinate dall´uragano Bill, ci sono l´Afghanistan impegnato in un´elezione inconcludente e in una guerra che in luglio ha visto il massimo numero di soldati alleati uccisi dal 2001. L´Iran, dove l´impudenza del ladro di elezioni, Ahmadinejad, ha portato un terrorista certificato al ministero della Difesa. Il Medio Oriente, arenato sull´intrattabile questione dell´espansionismo israeliano nell´ipotetico territorio del futuro stato palestinese. Ma soprattutto c´è il grande detonatore di tutte le paure, gli interessi minacciati, la irrazionalità della sola grande democrazia del mondo ancora incapace di riconoscere a tutti i propri cittadini il diritto alla sanità. Mentre l´indice di popolarità scende dai picchi irrealistici di quando Barack Obama doveva scherzare avvertendo i concittadini che «non sono nato a Nazareth» e per la prima volta una maggioranza di americani si dichiara contraria anche alla guerra in Afghanistan, la destra, i conservatori dentro il suo partito democratico e la sinistra irritata, si fiondano sulla sua proposta di riforma della sanità e di polizze garantite dallo stato. Troppo o troppo poco. Riesumano le tecniche già usate contro il «Piano Hillary» negli anni ‘90, per impedire ogni cambiamento a un sistema che si crede fideisticamente, non conoscendo altri, «il migliore sulla Terra» nonostante un´attesa di vita inferiore a tutti gli abitanti dell´Europa, del Canada e del Giappone. Nessuno ricorda più che esattamente un anno fa, nell´estate del 2008, l´economia americana sembrava arrivata alla fusione del nocciolo e oggi la Borsa risale mentre si parla apertamente di «ripresa in vista» e forse qualche merito va anche a lui. «Agosto è un mese strano - si era difeso Barack facendo i bagagli per la spiaggia - Washington e il mondo della politica tendono a perdere qualche rotella», ed è vero. Ma il declino e le difficoltà di un uomo troppo sicuro della propria capacità affabulatrice, della propria abilità di persuasore, non sono cominciate in agosto. Sono cominciate nella sua ansia di mediare e di ricucire, di uscire da quella «partisanship», da quella faziosità che tutti, in ogni nazione, dicono di non volere, ma nella quale poi tornano a rifugiarsi. Hanno creato il dubbio, come fu sorpreso a mormorare Sarkozy, che sia un «faible», un debole. Il partito repubblicano, ridotto in minoranza striminzita alla Camera e al Senato dopo Bush, ha rimesso le mani nella borsa dei finanziamenti dei grandi assicuratori. Sono rispuntati i baffetti di Adolf Hitler, dipinti sul volto di Obama, immagine che avrebbe sconvolto il Fuehrer nel vedersi associato a una «razza inferiore», l´armamentario delle accuse di «socialismo», o di capitalismo di stato, come scrive il conservatore George Will. I superstiti del gruppo neo-con, come Robert Kagan, battono tenacemente su un tasto un po´ disperato, ma a loro caro, che Obama sia in fondo soltanto un Bush più presentabile. E se il presidente troverà il tempo di guardare la tv, vedrà la prima ondata di spot televisivi pagati dalle assicurazioni, per mobilitare la gente contro la «socializzazione della medicina» e magari sfiorare la più sensazionale delle accuse false, quella di volere pianificare l´eutanasia degli anziani e dei malati terminali.Tutto questo era perfettamente prevedibile e previsto, ma Obama e i suoi consiglieri formidabili in campagna elettorale, i Rahn Emanuel, gli Axelrod, i Gibbs, si sono fatti trovare spiazzati e un po´ arroganti. Come se le argomentazioni degli avversari fossero troppo demenziali per meritare risposta, la Casa Bianca ha esitato, proposto e poi rimangiato, parlato troppo o troppo poco, lasciando che il «discorso nazionale» venisse scippato dai fanatici bianchi soprattutto nel Sud. Ora, la macchina elettorale del 2008 si sta rimettendo in moto. I «consigliori» stanno ripescando le e-mail e le liste degli attivisti nei vari stati, per mandarli da porta a porta a spiegare e calmare. Ma, notava il Washington Post, quel popolo di Obama è stanco, perplesso, forse deluso dalle continue concessioni fatte dal loro messia per strappare qualche voto moderato in più. Resuscitare il «movimento», la Obamania, è la risposta all´estate amara di un presidente che si scopre vulnerabile, come tutti i suoi predecessori. Se non dovesse riuscirci, la bufera che lo attende al ritorno a Washington farebbe apparire l´uragano Bill come una brezza gentile.
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