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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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La Stampa - Corriere della Sera Rassegna Stampa
14.08.2009 Pakistan : le testate nucleari sono al sicuro dai talebani?
Afghanistan : il programma politico di Abdullah Abdullah, principale avversario di Karzai alle elezioni

Testata:La Stampa - Corriere della Sera
Autore: Syed Saleem Shahzad - Lorenzo Cremonesi
Titolo: «Tre attacchi taleban agli arsenali nucleari - I talebani avanzano perché Karzai ha fallito»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 14/08/2009, a pag. 14, l'articolo di Syed Saleem Shahzad dal titolo "  ". Dal CORRIERE della SERA, a pag. 12, l'intervista di Lorenzo Cremonesi ad Abdullah Abdullah, ex ministro degli esteri afghano, dal titolo " I talebani avanzano perché Karzai ha fallito ". Ecco gli articoli:

La STAMPA - Syed Saleem Shahzad : " Tre attacchi taleban agli arsenali nucleari "

 Talebani

Una rivista pubblicata dall’accademia militare americana di West Point sostiene che negli ultimi due anni i terroristi islamisti avrebbero attaccato tre impianti nucleari dell’esercito pachistano, e che esiste il serio rischio che prima o poi riescano ad accedere all’arsenale atomico del Paese. Ma rimane la domanda da un milione di dollari: è veramente così facile per i taleban colpire un arsenale nucleare nazionale? Un portavoce del Pentagono ha dichiarato che l’ammiraglio Mike Mullen, capo dei comandi unificati, e il segretario alla Difesa Robert Gates sono convinti che le bombe atomiche pachistane siamo al sicuro.
Il rapporto, firmato dal professore Shaun Gregory, specialista in materie di sicurezza alla Bradford University, cita tre attacchi. Il primo è stato compiuto da due attentatori suicidi nel complesso industriale di Wah Cantonment, considerato uno dei più importanti impianti di assemblaggio delle armi nucleari, a una cinquantina di chilometri da Islamabad, nell’agosto 2008. L’autore ne parla come di un incidente molto grave. Gli altri due episodi sono stati un kamikaze nel deposito di missili nucleari a Sargodha, nel Punjab centrale, nel novembre 2007, e un attacco suicida alla base aerea di Kamra, vicino a Wah, nel dicembre 2007.
Che le armi nucleari possano o meno cadere nelle mani degli islamisti è un altro discorso, ma i tre esempi citato dal professor Gregory appaiono estrapolati dal contesto. Non c’è dubbio infatti che i miliziani pachistani e al-Qaeda vorrebbero impadronirsi delle armi nucleari, ma tutti i tre incidenti in questioni sono accaduti dopo l’operazione di Lal Masjid, la Moschea Rossa dei fondamentalisti assediata ed espugnata dalle forze dell’ordine a Islamabad nel luglio 2007, con decine di morti, e l’operazione di Swat del mese successivo. Di conseguenza, i terroristi volevano colpire gli impianti dell’esercito pachistano, non per rubare armi ma per distruggere gli arsenali e il personale. Per esempio, l’attentatore suicida nella città-guarnigione di Wah, dichiarato da Gregory l’incidente «più grave», è stato in realtà un tentativo molto ingenuo in quanto il kamikaze non è riuscito nemmeno a entrare dentro il recinto, e si è fatto esplodere in mezzo alla folla di poveri operai del complesso, che stavano tornando a casa dopo il turno. Gli incidenti al deposito di Sargodha e alla base aerea di Kamra sono stati simili a quello descritto sopra . A Kamra, per esempio, il kamikaze ha colpito non l’impianto militare in quanto tale, ma si è fatto esplodere accanto a un pullman con a bordo trentacinque bambini, figli degli ufficiali dell’aviazione pachistana.
I taleban dopo ogni attentato hanno dichiarato di aver colpito proprio questi obiettivi in quanto si trattava di impianti che producono armi usate poi contro la gente dello Swat, oppure nel caso della base aerea, che da lì partivano i raid aerei nell’operazione militare in quella regione. Dalle rivendicazioni fatte dagli islamisti appariva evidente che i terroristi ignoravano il fatto stesso che quei bersagli scelti da loro svolgessero anche un’attività legata al nucleare.
Resta però la domanda: cosa sarebbe successo se i taleban invece di lanciare attacchi suicidi fossero riusciti a entrare dentro gli impianti? «Le armi nucleari non sono verdura o frutta che si possonò raccogliere dovunque», dice il dottor Farrukh Saleem, noto analista di sicurezza e direttore esecutivo del Centro per le ricerche in materia di sicurezza a Islamabad. E prosegue: «Per attivare un’arma nucleare ci vogliono tre cose: il contenuto dell’ordigno, il detonatore e un vettore che la porti a destinazione. In ciascuna di queste fasi servono codici separati, e ciascuno di questi codici è in mano a comandi differenti. Senza eseguire tutte e tre le fasi le armi sono inutilizzabili. E compiere tutti i tre stadi necessari è veramente difficile».
Secondo Farrukh Saleem, «gli americani hanno subito smentito la notizia sugli attacchi contro gli impianti nucleari pachistani perché conoscono la situazione. Il governo americano ha speso qualche anno fa 100 milioni di dollari per assicurare l’efficienza dei codici in tutti gli impianti nucleari pachistani e perciò ora sono sicuri che le atomiche sono in mani sicure».
Tre militari britannici sono stati uccisi dall’esplosione di un ordigno mentre erano di pattuglia a piedi nella provincia meridionale afghana di Helmand. Lo ha reso noto il ministero della Difesa a Londra. Due delle vittime appartenevano al 2/o battaglione fucilieri e il terzo al 40/o Reggimento di artiglieria. Salgono così a 199 i morti britannici dall’inizio delle operazioni in Afghanistan, nel 2001. Il segretario alla Difesa Bob Ainsworth ha detto che la perdita dei tre fucilieri è «una tragedia che ci porta molto vicini al triste traguardo di 200 caduti in questo conflitto», ma ha anche ribadito l’«importanza» della missione in Afghanistan. Solo poche ore prima i corpi di altri quattro militari britannici morti in Afghanistan sono tornati in patria.

CORRIERE della SERA - Lorenzo Cremonesi : " I talebani avanzano perché Karzai ha fallito "

 Abdullah Abdullah

KABUL — «Corruzione e malgoverno sono le cause pri­me dei successi talebani. Solo la rimozione di Karzai e un nuo­vo governo potranno garantire la pacificazione. E solo allora le truppe italiane potranno lascia­re l’Afghanistan, con il resto del contingente internaziona­le ». Sotto un tendone bianco piazzato nel cortile della sua vil­la nel cuore di Kabul, Abdullah Abdullah (49 anni), il maggior contendente di Karzai alle ele­zioni del 20 agosto, ci spiega i punti forti del suo programma incentrato sull’urgenza di un cambio radicale alla guida del Paese. Papà pashtun di Kan­dahar e mamma tajika della val­lata del Panchir, ex figura di punta del fronte anti-talebano negli anni ’90, poi per un breve periodo ministro degli Esteri con Karzai, di recente Abdullah Abdullah sembra aver guada­gnato una popolarità tale da renderlo possibile vincitore.
Come spiega che, a 8 anni dalla fine della guerra, i tale­bani stiano guadagnando ter­reno?
«Karzai nella sua lunga presi­denza ha perso tutte le opportu­nità che ci erano state offerte. Non era mai successo che la co­munità internazionale fosse tanto pronta ad aiutarci. E il Pa­ese era pronto a impegnarsi nella ricostruzione e nella de­mocrazia. Ma corruzione e mal­governo hanno nullificato qual­siasi sforzo. Le occasioni spre­cate non si contano. E i taleba­ni approfittano dei fallimenti del governo centrale. Dove lo Stato non provvede aiuti per i profughi che fuggono dalle zo­ne di combattimento, dove fal­lisce nel fornire i servizi essen­ziali come sanità, educazione, sicurezza, crescita economica, allora inevitabilmente i taleba­ni guadagnano punti. Le loro vittorie si spiegano soprattutto con l’inefficienza dell’ammini­strazione pubblica » .
E lei come intende combat­terla?
«Prima di tutto mi impegne­rò per eliminare la corruzione. Occorre colpire subito i capi, i responsabili della nostra buro­crazia, i dirigenti dei ministeri, i commissari, i giudici e magi­strati. Il crimine maggiore è la corruzione che impera nel mi­nistero degli Interni: da qui na­scono criminalità e terrori­smo » .
Come vede l'attività taleba­na in Pakistan?

«È un grosso problema. I ta­lebani sono aiutati all’estero,
questo non è un mistero per nessuno. Già dal 2002 gli Stati Uniti si concentrarono sul­­l’Iraq, senza considerare i peri­coli provenienti dallo scenario pakistano » .
Più volte negli ultimi tre an­ni Karzai ha offerto il dialogo al massimo leader talebano, Mullah Omar, in nome della riconciliazione nazionale. Lei, se eletto, farà lo stesso?
«Le aperture di Karzai al Mul­lah Omar sono state ridicole. Ha portato avanti una politica confusa. Un giorno offriva il ra­moscello d’ulivo e l’indomani dichiarava guerra totale».
Ma ne condivide lo spirito?
«Assolutamente no. Cercan­do il compromesso con i taleba­ni, Karzai ha tradito i milioni di elettori che lo avevano votato nel 2004 e scelto il Parlamento l’anno dopo. Quello è stato un voto popolare contro il terrori­smo, un plebiscito contro l’ol­tranzismo religioso e in favore invece dell’Islam moderato, tol­lerante, nel quadro di uno Sta­to democratico » .
Lei cosa farebbe?
«Intendo isolare il Mullah Omar. Certo voglio il dialogo con la comunità pashtun, è par­te integrante del Paese. Ma so­no contro i terroristi. E comun­que
qualsiasi progetto di ricon­ciliazione nazionale va attenta­mente pianificato, condiviso, discusso. Non si può fare in modo estemporaneo ed episo­dico nello stile di Karzai».
Cosa dice agli italiani, alle truppe Nato-Isaf, che ogni giorno ormai perdono i loro uomini nel suo Paese?
«Li ringrazio con tutto il mio cuore. La loro è una missione davvero umanitaria. So che in particolare in Europa sono in tanti a pensare di ritirare i loro contingenti. Le vostre opinioni pubbliche non si sanno spiega­re i motivi per cui dovrebbero perdere i loro ragazzi in Afgha­nistan. Ebbene, io chiedo loro di tenerli qui, anzi, domando che mandino più soldati. Qui siamo ancora in emergenza e purtroppo Karzai è il massimo responsabile. La speranza ver­rà però con le elezioni. Credo che ci sarà un cambio di gover­no e allora la situazione si stabi­lizzerà, avvicinando dunque la data di partenza dei vostri sol­dati » .

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