Un articolo molto accurato, quello di Guido Olimpio sul CORRIERE della SERA di oggi, 01/08/2009, a pag.17, dal titolo " Il jet iraniano esploso in volo per il carico d'armi dei Pasdaran ". Dal quale apprendiamo non solo il perchè dell'esplosione in volo dell'aereo iraniano, ma anche la natura del carico che trasportava, il destinatario Hezbollah in Libano, con l'aiuto della Siria. Ci auguriamo che il pezzo di Olimpio venga letto dal corrispondente della STAMPA a Beirut, Lorenzo Trombetta, per il quale il terrorismo contro Israele è sempre "presunto", al punto da non accorgersi che le proteste violente contro Unifil non erano condotte da civili libanesi, ma da Hezbollah travestiti da civili per spacciare agli allocchi la loro versione. Ecco l'articolo, che ci auguriamo che venga letto e meditato anche da chi di dovere alla Farnesina. Un ottimo esempio di giornalismo investigativo. Complimenti a Guido Olimpio.
Cosa c’era nella stiva del Tupolev iraniano precipitato il 15 luglio con 168 persone a bordo? Fonti mediorientali sospettano che il jet stesse trasportando un carico di sofisticati detonatori e alcuni di questi sarebbero esplosi provocando il disastro.
Il comandante dell’aereo, decollato da Teheran e diretto a Erevan (Armenia), ha segnalato un’emergenza 16 minuti dopo il decollo. E poco dopo il Tupolev, forse durante un disperato tentativo di atterraggio, si è schiantato nella regione di Qazvin, a nord della capitale. Il jet — secondo indiscrezioni — aveva imbarcato, oltre ai bagagli dei passeggeri, un buon numero di casse di metallo che ospitavano detonatori di ultima generazione. Apparati composti da due chilogrammi di esplosivo e meccanismi elettrici. Alcuni di questi, per motivi non chiariti, avrebbero causato una deflagrazione fatale al jet. Infatti, testimoni hanno raccontato di aver sentito degli scoppi prima dell’impatto.
Sempre secondo le fonti il Tupolev doveva trasferire il materiale lungo la seguente rotta: Iran-Armenia- Turchia- Siria. Quindi il carico bellico avrebbe proseguito, via terra, per il Libano. I detonatori erano, infatti, destinati al movimento filo-iraniano degli Hezbollah, tenace avversario di Israele. Era stato scelto un percorso tortuoso — sostengono ambienti dell’opposizione in esilio — nella speranza di dare meno nell’occhio. Una misura di precauzione accompagnata dal cambio del «manifesto di carico» che doveva essere attuato a Erevan. In passato le autorità turche hanno impedito il transito di equipaggiamenti militari. E in un’occasione un attentato ad un treno da parte dei separatisti curdi nel sud della Turchia ha svelato un traffico di missili in favore dell’Hezbollah.
Sembra che l’operazione Tupolev sia stata gestita da una sezione speciale dei Pasdaran, impegnata a sostenere le milizie sciite. Tra le vittime vi sarebbe, infatti, anche un dirigente dei Guardiani della rivoluzione a cui era stato assegnato il compito di sorvegliare la consegna. E non è un caso che nella zona dove si è schiantato il jet siano arrivati uomini della sicurezza e artificieri mentre le autorità hanno continuato a parlare di «incidente ». Informazioni trapelate dal Libano hanno aggiunto un particolare interessante. Il piano prevedeva che le casse dovessero essere nascoste in uno dei rifugi che l’Hezbollah ha creato nel Libano sud. Ma dopo un’esplosione che ha distrutto, il 14 luglio, il deposito di Khirbet Slem, gli iraniani avevano deciso di nascondere i detonatori a nord del fiume Litani.
La presenza di arsenali proibiti ha causato, negli ultimi mesi, forte tensione tra l’Hezbollah e il contingente Onu, del quale fanno parte soldati italiani. A fine aprile un reparto spagnolo ha iniziato a scattare foto nel villaggio di Rabat Al Talatin dopo aver individuato «un luogo sospetto». Un’attività che ha provocato l’immediata reazione di decine di civili — in realtà Hezbollah — che hanno circondato la pattuglia.
Una situazione simile si era verificata in gennaio quando una folla di miliziani, travestiti da abitanti, ha assalito un’unità francese che aveva scoperto un bunker a sud del fiume Litani. Ne è nato un duro confronto risolto con l’intervento di una colonna di soldati libanesi, tutti sciiti. I militari sono entrati nel tunnel ed hanno «certificato» che non vi erano armi. In realtà hanno dato una mano all’Hezbollah nel coprire azioni non permesse dalle risoluzioni Onu.
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