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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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Rassegna Stampa
24.07.2009 I muri del mondo, colpa dell'Occidente e di Israele
Udg patetico nelle sue accuse

Testata:
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: «Il cemento dell'odio»

C'è poco da fare, Udg il virus ce l'ha nel sangue. L'UNITA' può cambiare formato, il gusto di scrivere un articolo sui vari " muri " che esistono nel mondo può spingerlo a scriverne mentre la maggior parte dei giornali non li hanno nemmeno mai citati, ma il virus, dicevamo, resta. Basta leggere il suo pezzo, Udg dà la colpa di tutti i mali del mondo all'Occidente. E' addirittura patetico nel descrivere guerre e sciagure, come se dipendessereo da un malvagio complotto del "capitalismo internazionale". Naturalmente, il pezzo non poteva chiudersi senza il richiamo ai poveri palestinesi e a Israele che li opprime. Udg è informato e non è quindi ignorante della materia. Per spiegarne la posizione non resta che la mala fede. Lo dimostra anche la scelta di pubblicare come illustrazione la barriera difensiva in Israele,  ma solo la parte in cemeneto, che è solo il 5% del tutto. Ma il lettore, vedendo quella immagine, pensa che tutto il "muro" sia in cemento. Mala fede, dicevamo, e a ragione, perchè Udg non scrive nemmeno una riga sul fatto che la barriera difensiva ha praticamente portato a zero gli attentati contro i civili israelieni.            ecco l'articolo sull'UNITA' di oggi, 24/07/2009, a pag.22/23:

 la barriera difensiva contro gli attacchi terroristici.

Umberto De Giovannangeli: " Il cemento dell'odio "


Parla di frontiere aperte, Barack Obama. Ma il «Nuovo Inizio» del presidente Usa deve fare i conti con una realtà dolorosa, pesante. Quella dei Muri. Muri difensivi, si dice. Muri che spezzano famiglie, che frantumano identità, che negano speranza. Muri che cercano di allontanare un’umanità sofferente che preme ai cancelli del «benessere » occidentale. Muri che provano ad arrestare una violenza disperata, che cercano di tracciare una linea di separazione tra mondi che si percepiscono irriducibilmente ostili, incapaci di riconoscersi e riconoscere le rispettive ragioni, timori, aspirazioni, bisogni. I Muri nell’era della globalizzazione. Muri che raccontano di una politica che abdica a se stessa e che delega il futuro ai teorici di «guerre preventive», ai sostenitori di una democrazia esportata con la forza, agli esegeti di un Occidente opulento che deve difendersi da eserciti di senza speranza, da masse di diseredati che cercano di fuggire da realtà invivibili, da regimi dispotici, da élite da sempre al potere che hanno dilapidato, spesso con l’aiuto o il silenzio complice delle cancellerie europee e dell’iperpotenza americana, ricchezze straordinarie. Nell’era della globalizzazione, i Muri raccontano di un passato che non sfuma, di chiusure che da mentali diventano fisiche. Melilla. La Cisgiordania. Cipro. E ancora il Sahrawi. E la frontiera tra il Messico e gli Usa. Muri conosciuti e Muri «dimenticati ». Un lungo elenco. Che contempla il muro Corea del Sud/Corea del Nord: un muro che si sviluppa per la maggior parte della frontiera tra i due Paesi; IlmuroThailandia/ Malesia: la Thailandia ha edificato sulla parte accessibile della sua frontiera un muro per impedire a terroristi islamici di raggiungere le sue agitate province a maggioranza musulmana: il muro Zimbabwe/ Botswana: una barriera elettrificata si sviluppa lungo tutta la frontiera tra i due Paesi. Ufficialmente per impedire agli animali selvatici di passare da un Paese all’ altro; in realtà serve per evitare che profughi dello Zimbaweentrino nel Botswana; ilmuro Uzbekistan/ Tagikistan: l’Uzbekistan ha costruito un muro equipaggiato con sensori e videosorveglianza lungo la sua frontiera con il Tagikistan; il muro India/Pakistan: esteso per 3300 km si sviluppa lungo una frontiera che il Pakistan contesta; il muro Pakistan/Afghanistan: realizzato dai pachistani e lungo 2400 km. E ancora: il muro Emirati Arabi Uniti/Oman: costruito lungo tutta la linea di confine con il sultanato dell’ Oman; il muro Arabia Saudita/Yemen: L’Arabia Saudita ha costruito un muro in calcestruzzo armato, munito di sensori e telecamere per impedire l’ immigrazione illegale dallo Yemen, e senza esitare di fronte allo sconfinamento di questo muro entro il territorio dello Yemen; il muro Kuwait/ Iraq: il Kuwait ha rinforzato il muro, già esistente, lungo 215km di frontiera con l’Iraq. Un Muro resta anche in Europa: è quello Turchia/Cipro, edificato35 anni fada Ankara per delimitare i territori che rivendica a Cipro. Ogni Muro ha una sua storia. Una sua giustificazione. Ma ognuno di questi Muri racconta di un fallimento. Perché di fronte a chi sente di non aver nulla da perdere, non c’è Muro divisorio che tenga. Il Muro può contenere la rabbia, il dolore, il desiderio di rivalsa di intere popolazioni. Può contenere, ma non cancellare le aspirazioni alla libertà, all’autodeterminazione nazionale, ad una vita non consumata tra patimenti e sofferenze. All’ombra di quei Muri si dipana l’esistenza di una umanità di «senza volto» ma non per questo inesistente. Perché questa umanità esiste. E cresce.E non accetta di autocondannarsi al silenzio, all’inazione. C’è chi fugge dalla povertà, chi da guerre e repressioni brutali. Altri cercano di lasciarsi alle spalle regimi che fanno scempio dei più elementari diritti umani, altri ancora (è il caso i palestinesi della Cisgiordania) vedono in quel Muro di separazione la concretizzazione di un incubo: quello di essere costretti a vivere in città e villaggi trasformati in prigioni a cielo aperto, inuna sorta di regimedi apartheid trapiantato in MedioOriente. Quei Muri sono un’ipoteca sul futuro. Il «Nuovo Inizio» passa per la loro caduta.

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