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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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L'Unità-Corriere della Sera-La Repubblica-Ansa Rassegna Stampa
20.07.2009 Gerusalemme è la capitale di Israele. Chi non lo sapeva, ora prenda nota
Come una non notizia diventa notizia

Testata:L'Unità-Corriere della Sera-La Repubblica-Ansa
Autore: Umberto De Giovannangeli-Davide Frattini-Giorgio Raccah
Titolo: «Netanyahu dice no a Obama»

Un uomo d'affari americano acquista un immobile a Gerusalemme (L'UNITA' lo definisce "ricco ebreo", una aggiunta che rivela qualche pregiudizio in Udg, se uno acquista un intero stabile è ovvio che di mezzi deve averne, non c'è bisogno di scriverlo) per trasformare un vecchio albergo, chiuso da anni, in una residenza abitativa. Dov'è la notizia, si chiederà qualcuno ? Eppure c'è, infiorata di ampi commenti ( simili) su molti giornali. L'immobile è a Gerusalemme Est, superata di pochi metri la Porta di Jafo, come dire all'ingresso della città vecchia, che più Gerusalemme di così non si può. Dov'è allora la notizia ? Sta forse nell'affermazione, mai respinta al mittente con la forza dovuta prima d'ora, che "Gerusalemme unificata è la capitale del popolo ebraico e dello stato di Israele. La nostra sovranità non può essere messa in discussione", come ha dichiarato Bibi Netanyahu. Forse il fatto di avere sentito troppo poco affermazioni come questa, ha destato lo stupore che leggiamo oggi, 20/07/2009, su molti giornali. I quali tutti, persino Frattini sul CORRIERE della SERA ,prendono sotto gamba quanto dichiarato dal premier israeliano, mentre riporatano quasi con venerazione le opinioni contrarie. Chi eccelle è, come sempre l'ANSA, con la prosa di Giorgio Raccah, ma questa non è una sorpresa, ci saremmo stupiti del contrario. Mentre facciamo i complimenti, per una volta, a REPUBBLICA, un pezzo redazionale breve (di più non meritava), con un ottimo titolo. Bravi ! Ecco i pezzi che abbiamo scelto:

 Bibi dice no a Obama

Corriere della Sera-Davide Frattini: " L'hotel che fa litigare Usa e Israele "

GERUSALEMME — Ad Hawaiian Gardens, contea di Los Angeles, chi non è disoc­cupato lavora al bingo, chi è disoccupato ci va a giocare i pochi dollari racimolati. Gli immigrati messicani affolla­no la sala — 120 partite a not­te per «il gioco più veloce in città» — e non sanno che i lo­ro spiccioli, moltiplicati per milioni, hanno contribuito a finanziare la crisi diplomatica più seria tra Stati Uniti e Israe­le dall’arrivo di Barack Oba­ma alla Casa Bianca.
Il bingo (ma anche il casi­nò, un ospedale e varie orga­nizzazioni benefiche) appar­tengono a Irving Moskowitz, ebreo di origine polacca, no­no di dodici figli, nato a New York e trapiantato — negli af­fari — tra la California e Miami, dove vive. I profit­ti vanno alla fondazione creata da questo medi­co internista in pensio­ne per sponsorizzare gruppi ultranazionali­sti come Ateret Coha­nim. Che comprano palazzi nella parte est di Gerusalemme e vogliono promuo­vere la presenza ebrai­ca nei quartieri arabi.
Quello che ancora oggi Moskowitz e i suoi affiliati considerano uno dei colpi migliori sta col­pendo le relazioni con gli americani. All’inizio del me­se, il comune di Gerusa­lemme ha dato il via libera per i lavori al vecchio Hotel Shepherd, comprato nel 1985. Moskowitz vuole rica­varci trenta appartamenti e un parcheggio sotterraneo di tre livelli. Il palazzo, nel quar­tiere di Sheikh Jarrah, è un simbolo per arabi ed ebrei: tra gli anni Venti e Quaranta è sta­ta la residenza di Mohammed Amin al-Husseini, il muftì di Gerusalemme che guidò la ri­volta in Palestina e nel 1941 si rifugiò in Germania, dove in­contrò Adolf Hitler.
Il Dipartimento di Stato ha convocato Michael Oren, lo storico israeliano nominato da pochi mesi ambasciatore a Washington, per avere chiari­menti, far notare che il mo­mento — nel mezzo dei nego­ziati sul congelamento delle
colonie — non è appropriato e per chiedere di bloccare il progetto. Come ulteriore pres­sione, George Mitchell, emis­sario di Obama per il Medio Oriente, avrebbe rinviato di una settimana la visita previ­sta in questi giorni.
Oren ha replicato che l’ac­quisto è legale, la risposta di
Benyamin Netanyahu è arriva­ta all’apertura della riunione di governo. «Non ci saranno limiti alle costruzioni nella Gerusalemme unificata. Non possiamo accettare che agli ebrei sia negato il diritto di poter acquistare e vivere in qualunque parte della città. La nostra sovranità su tutte le aree è indisputabile», ha di­chiarato il primo ministro. Israele ha annesso nel 1981 le zone conquistate nel 1967 e ha proclamato Gerusalemme sua «eterna ed indivisibile ca­pitale », uno status non ricono­sciuto dalla comunità interna­zionale e di sicuro non dai pa­lestinesi: «Se Gerusalemme Est non sarà la capitale del fu­turo Stato, non si arriverà mai alla pace», ha commentato il negoziatore Saeb Erekat.
Lo Shin Bet è convinto che il presidente Abu Mazen e Ha­mas abbiano organizzato del­le contromisure per impedire agli ebrei di comprare nella parte araba. Yuval Diskin, ca­po dei servizi segreti interni, ha riferito ai ministri di una donazione dallo sceicco Yous­sef al-Qaradawi, 25 milioni di dollari trasferiti dal Qatar al movimento fondamentalista per aprire o rafforzare le istitu­zioni religiose nella città.
La strategia del matto­ne di Moskowitz ha già incrociato il destino po­litico (ed emotivo) di Netanyahu. I due si co­noscono da quando il milionario americano ha sponsorizzato la na­scita del centro studi in­titolato a Yonatan, il fra­tello maggiore del pre­mier caduto nell’opera­zione di Entebbe. Ed è stato lui nel 1996 a con­vincere il Bibi del primo mandato ad aprire una nuova uscita per il con­troverso tunnel sotto al Muro del pianto e la Spianata delle Moschee: settanta morti ne­gli scontri successivi tra pale­stinesi e israeliani. Poco do­po, Moskowitz trasferisce tre famiglie in un palazzo nel quartiere di Ras al-Amud e Netanyahu è costretto a chie­dergli di fermarsi. Madeleine K. Albright, allora segretario di Stato, ha appena lanciato un appello a evitare altre pro­vocazioni contro gli arabi.

La Repubblica- " Netanyahu dice no a Obama. Ruspe in azione a Gerusalemme " 

GERUSALEMME - «Gerusalemme unificata è la capitale del popolo ebraico e dello stato di Israele. La nostra sovranità non può essere messa in discussione». Lo ha dichiarato il premier israeliano Netanyahu, commentando le notizie su pressioni statunitensi per il congelamento di un progetto edilizio ebraico nel rione di Sheikh Jarrah, a Gerusalemme est. «La nostra politica è che tutti gli abitanti di Gerusalemme possono acquistare appartamenti in tutto il territorio urbano», ha proseguito Netanyahu, che così dice "no" al presidente Usa Obama, che aveva invitato Israele a bloccare gli insediamenti. «Questa è stata la politica di tutti i governi israeliani», ha detto Netanyahu.

Ansa- Giorgio Raccah: "MO: GERUSALEMME, NUOVA TENSIONE TRA ISRAELE E USA. ISRAELE RESPINGE RICHIESTA USA DI ARRESTARE PROGETTO EDILE

GERUSALEMME, 19 LUG - Il primo ministro israeliano Binyamin Netanyahu ha risposto oggi con un secco no alla richiesta degli Stati Uniti di bloccare un controverso progetto edile a Gerusalemme est. La controversia aggiunge nuovi motivi di tensione nelle relazioni tra i due paesi, già avvelenate da quella intorno alla richiesta americana di totale congelamento della politica di insediamenti in Cisgiordania. Anche il rinvio della visita in Israele dell'inviato Usa in Medio Oriente George Mitchell appare confermare che un'intesa sugli insediamenti è ancora lontana. Ma se sugli insediamenti cisgiordani in teoria potrebbero esserci spazi, seppure limitati, per un compromesso che salvi la faccia ai due paesi, su Gerusalemme nessuno sembra esserci. Israele nel 1981 si è annesso l'intera città, inclusi i quartieri arabi a est occupati nel 1967, e l'ha proclamata sua "eterna ed indivisibile capitale". Uno status che, benché non riconosciuto dalla comunità internazionale, offre a Netanyahu il pretesto per affermare che giuridicamente la posizione di Gerusalemme è diversa da quella della Cisgiordania. I palestinesi però rivendicano il settore est come capitale di uno stato di Palestina, per ora solo sulla carta. L' Onu nel 1947, nel decidere la spartizione della Palestina, stabilì per Gerusalemme lo status di 'corpo separato'. "Gerusalemme - ha affermato il premier in apertura della seduta del governo - è la capitale unificata di Israele e della Nazione ebraica e la nostra sovranità sulla città non sarà rimessa in discussione". "Non possiamo accettare - ha detto - l'idea che gli ebrei non abbiano diritto di comprare appartamenti proprio a Gerusalemme". Netanyahu ha sostenuto che in tutta Gerusalemme arabi ed ebrei hanno uguali diritti di acquistare immobili. I palestinesi della città denunciano invece discriminazioni e affermano che la concessione di una licenza edilizia può essere paragonata a una missione impossibile. Il progetto edile al centro della nuova disputa riguarda un grande immobile disabitato, situato nel quartiere arabo di Sheikh Jarrah, che apparteneva in passato alla famiglia del mufti filonazista di Gerusalemme Haj Amin al-Hussein e che dopo la seconda guerra mondiale era stato trasformato in albergo fino al 1967. Negli anni ottanta lo stabile era stato acquistato da un ricco uomo d'affari ebreo, molto vicino all' estrema destra israeliana, con l'intento di trasformarlo in venti appartamenti per acquirenti israeliani. In seguito ad apparenti sollecitazioni palestinesi il governo americano, d'intesa con quello britannico, aveva convocato nei giorni scorsi l'ambasciatore israeliano a Washington Michael Oren con l'intimazione di cessare i lavori di ristrutturazione dello stabile. La presa di posizione americana e soprattutto la crescente tensione tra Israele e Usa sono seguiti con non nascosta soddisfazione dai palestinesi, che giudicano "incoraggiante" la presa di posizione Usa. "La colonizzazione israeliana in Cisgiordania e a Gerusalemme deve cessare, non ci possono essere compromessi" ha dichiarato il negoziatore capo Saeb Erekat.





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