L'OPINIONE e il FOGLIO sono i due quotidiano che riprendono la polemica sull'esclusione di Israele dall'associazione internazionale della stampa. IC ne ha seguito le varie fasi, aperte con l'articolo di Giulio Meotti sul Foglio. tutti gli articoli sono leggibili nell'archivio di IC (Foglio, Opinione, Corriere della Sera).
Ecco il simbolo che dovrebbe adottare l'Associazione internazionale dei giornalisti.
L'Opinione-Dimitri Buffa: " Continua la commedia degli equivoci "
Forse hanno davvero ragione i colleghi israeliani che questa mascalzonata della loro espulsione dall¹International federation of journalists, una sorta di inutile e burocratico sindacato mega galattico, l¹hanno decisamente presa a ridere, nonostante l¹enorme e infame valenza simbolica che la cosa sta assumendo. E infatti ieri via Ansa da Gerusalemme arrivava un commento che da solo riassume tutta questa pagliacciata: ³Da una parte ci considerano come se fossimo un paese povero del terzo mondo ma dall'altra vogliono farci pagare come se fossimo tra i ricchi del pianeta². Tutta questa ³comedy of errors², anzi ³of horrors², gira in realtà intorno alla controversa figura del segretario generale di questo organismo da tempo screditato: Aidan White. Nelle decine di lettere che piovono in questi giorni alla Fnsi, più precisamente sul tavolo di Franco Siddi, sono in molti quelli che ricordano la figura di questo personaggio, da sempre filo arabo e anti israeliano, nella peggiore possibile accezione di questa doppia etichetta. Le precisazioni che arrivano dalla Ifj continuano a battere sul tasto delle quote non pagate con argomentazioni che all¹osso sono queste: ³siete ebrei e quindi ricchi e se non pagate significa che siete pure rabbini². Nessuno naturalmente entra nel merito del perché di questi mancati pagamenti. Eppure le ragioni sono forti e tutte a favore della stampa israeliana: prima di tutto Israele non è affatto un paese ricco ma è nella media della regione in cui si trova nel Medio Oriente, pur essendo democratico e non dominato da feroci dittatori anti semiti e assassini del proprio stesso popolo come invece accade per la maggior parte dei vicini di casa; secondo poi questo bendetto sindacato internazionale non ha mai perso occasione per deprecare lo stato ebraico e non ha mai sentito come fonte un qualsivoglia giornalista israeliano prima di esprimere le proprie apodittiche e inappellabili condanne. E poi se qualcuno non paga le rate, ad esempio in un condominio, gli altri inquilini possono fargli causa e magari anche pignorargli i mobili, ma mica buttare la gente fuori di casa. Basterebbe questo per chiuedere il discorso. E invece in Italia c¹è una penosa coda polemica alimentata dalla ambigua posizione della Fnsi che non se la sente di sconfessare Serventi Longhi, anche se è evidente che la Lombarda con Giovanni Negri lo farebbe volentieri. Così ieri è stata la corrente di ³Punto e a capo², quella di Pierluigi Franz, Silvana Mazzocchi e Cinzia Romano, a scendere in campo per sparare a palle incatenate contro la attuale dirigenza della Fnsi, cioè Siddi e Natale. Nel comunicato di ³Punto e a capo² si legge che ²è grave e inaccettabile la scelta della Federazione internazionale dei giornalisti di espellere la rappresentanza dei giornalisti israeliani e ancor più grave che il rappresentante della FNSI, l¹ex segretario Paolo Serventi Longhi, abbia avallato con il suo voto questa scelta. ³ Un giudizio netto finalmente, una presa di posizione che fa onore a questa corrente di minoranza della Fnsi e che prende le distanze dai comunicati contorti, anche sintatticamente, del presidente Siddi. Quello che ³si spezza ma non si spiega². Ancora più duro il vero e proprio ³j¹accuse² lanciato da ³Punto e a capo² sui metodi e sulla democrazia interna tanto nell¹ Ifj quanto nella Fnsi: ³innanzitutto, per un sindacato che dichiara di battersi per la libertà di stampa, per la democrazia e per il pluralismo dell¹informazione, nascondersi dietro giustificazioni burocratiche e contabili è ridicolo e penoso. E il voto espresso dal rappresentante della FNSI, non può certo aiutare la ricomposizione della frattura, come auspicato dal segretario Franco Siddi.² Inoltre, aggiunge il comunicato, ³ ..è evidente e lampante che nel sindacato internazionale la democrazia e la libertà dell¹informazione sono evidentemente considerate battaglie non universali e valide a tutte le latitudini, ma da invocare solo a corrente alterna! Questa vicenda, che getta una grave ombra sulla Federazione internazionale e sulla FNSI, dimostra quanto sia grave la crisi degli organismi di rappresentanza e come essi siamo espressione di posizioni ideologiche stereotipate e irrispettose del concetto stesso di democrazia.² Parole sante e speriamo che tutti i colleghi si ricordino di esse e di questo squallido episodio quando si tornerà a votare per eleggere la nuova classe dirigente della Fnsi.
Il Foglio-Adi Schwartz: " Giornalisti contro "
Gerusalemme. Come mai Israele si trova sempre sul banco degli imputati, a difendersi da continue accuse sui suoi valori democratici e morali? L’ultimo caso – l’espulsione della Federazione nazionale dei giornalisti israeliani (Fngi) dalla Federazione internazionale dei giornalisti (Fig) – è ancora più esplicativo del fatto che gli accusatori sono sempre veloci sul grilletto quando si tratta di Israele. Come il boicottaggio dei professori israeliani in Inghilterra, o il boicottaggio degli atleti israeliani da gare e campionati in tutto il mondo, l’espulsione dei giornalisti racconta come quello che vale per Israele non vale per nessun altro (e viceversa). Se Haim Shibi della Federazione israeliana ripete che si tratta di una decisione politica, il segretario generale della Federazione internazionale, Aidan White, insiste nel dire che è tutta una questione di soldi: Israele non paga le sue quote. Al telefono da Bruxelles, White dice al Foglio: “Spero che sia soltanto temporanea l’espulsione – spiega – Non è una questione politica, e tutte le accuse di antisemitismo sono assurde. Per anni abbiamo vissuto la membership di Israele alla nostra organizzazione come un riconoscimento per la nostra Federazione. Sappiamo che Israele è l’unica democrazia del medio oriente, e che gli standard giornalistici sono molto più alti lì che in qualsiasi altro paese della regione”. Come gesto distensivo, con l’aiuto del portavoce dell’ambasciata israeliana in Italia Rachel Feinmesser, il presidente dell’Ordine dei giornalisti italiani, Lorenzo Del Boca, (gli italiani hanno votato a favore dell’espulsione) ha invitato a Roma una delegazione di colleghi israeliani “per parlare dei problemi del giornalismo: se i colleghi hanno difficoltà a iscriversi all’Associazione significa che incontrano delle difficoltà”. Del Boca ha aggiunto che “i giornalisti israeliani meriterebbero più attenzione e più rispetto, ma soprattutto più impegno da parte degli organismi internazionali”. Persino White sa, pure se non lo dice, che la questione è tutta politica. Quando spiega l’intera vicenda, dice che le relazioni tra la Federazione israeliana e quella internazionale si è deteriorata dopo la guerra in Libano nel 2006 e poi con la guerra a Gaza di quest’anno. “Hanno pensato che le nostre critiche contro lo stato di Israele fossero fatte contro di loro”, dice White, il che non è sorprendente, visto che tutti i boicottaggi, dagli architetti agli atleti, partono da un mix di accuse allo stato di Israele. “Molti giornalisti arabi mi hanno chiesto spesso di boicottare i giornalisti israeliani – continua White – Noi abbiamo sempre risposto che non siamo a favore di alcun boicottaggio”. I giornalisti arabi sono i megafoni dei loro governi, è costretto ad ammettere White. “Ci dispiace per la situazione” Ieri l’ufficio di Gerusalemme ha inviato la lettera con cui accusa la Federazione internazionale di aver pubblicato il risultato di una missione “fact finding”, di verifica, su Gaza senza cercare alcun contributo da parte di Israele, che è stato tagliato fuori da incontri internazionali senza alcuna ragione. White respinge queste accuse, dice che il contributo degli israeliani alla missione non serviva. Aggiunge anche di essere certo che a quegli incontri gli israeliani erano invitati: “Sapevano che era nell’agenda di Oslo la rimozione del loro sindacato dalla Federazione. Se avessero chiesto di partecipare e di esprimere il loro punto di vista, sarebbero stati di certo ascoltati”. Ma il senso di ingiustizia rimane. Gli standard del giornalismo israeliano sono alti, molti premier e presidenti sono caduti a causa della stampa. “Questo è l’aspetto tragico – dice White – Apprezziamo il clima di libertà per i giornalisti in Israele e ci dispiace per tutta questa situazione”. Eppure, fino a che è in discussione l’atteggiamento nei confronti di Israele, la palla è nelle sue mani.