Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 13/07/2009, a pag. 10, la cronaca di Davide Frattini dal titolo " Netanyahu chiama, Abu Mazen rifiuta l’invito " e una breve da REPUBBLICA. Riportiamo inoltre dal bollettino di PALESTINIAN MEDIA WATCH, l'articolo "Our goal has never been peace. Peace is a means; the goal is Palestine." di Itamar Marcus and Nan Jacques Zilberdik, con le dichiarazioni di Fatah per quanto riguarda lo Stato palestinese e i rapporti con Israele." Il nostro obiettivo non mai stata la pace, l'obiettivo è la Palestina", che va letto "al posto di Israele", è questa la vera faccia dall'Anp di Abu Mazen, esattamente quella di Arafat, nulla è cambiato. E con Hamas divergono solo le tattiche.
Ecco gli articoli:
CORRIERE della SERA - Davide Frattini : " Netanyahu chiama, Abu Mazen rifiuta l’invito "
Benyamin Netanyahu
GERUSALEMME — L’invito arriva dal deserto. Il governo israeliano ha spostato per una volta la riunione settimanale da Gerusalemme a Beersheva e Benyamin Netanyahu ha provato a sfruttare l’ondata di caldo che avvolge la capitale del Negev per scongelare i rapporti con Abu Mazen. «Vediamoci. Non c’è alcun motivo che impedisca a me e al presidente palestinese di incontrarci per raggiungere una pace politica ed economica », ha proclamato il primo ministro.
Il deserto resta tutto da attraversare e per trovare la strada insieme — ha risposto il raìs — vanno seguite le indicazioni della road map.
«Israele deve congelare le costruzioni nelle colonie e accettare il principio dei due Stati », ha dichiarato il leader della Muqata. Che in un’intervista a Oktober, rivista egiziana, ha ribadito che i palestinesi «vogliono la totalità della Cisgiordania e la contiguità territoriale con la Striscia di Gaza. Non siamo diposti a rinunciare al diritto al ritorno per i rifugiati».
Ai consiglieri, ha lasciato i dettagli della replica a Netanyahu. Nabil Amr chiede «precisazioni sui temi da affrontare »: «Il vertice va preparato con cura, altrimenti non ha senso». Ancora più risoluto, il negoziatore Saeb Erekat: «Parlare di pace è una cosa, fare la pace è completamente diverso. La proposta è poco seria, il premier israeliano vuole solo dire alla comunità internazionale: ecco, vedete, io invito i palestinesi a un incontro e loro rifiutano. E’ tempo che l’amministrazione Obama passi dall’esortare Israele a mantenere gli impegni al ritenere Israele responsabile di non averli rispettati ».
Da Beersheva, Netanyahu ha ricordato «i passi che abbiamo compiuto per migliorare le condizioni di vita dei palestinesi. Tutti questi sforzi possono giungere solo fino a un certo punto. I risultati possono moltiplicarsi, se dall’altra parte ci sarà cooperazione ». Da quando è entrato in carica ad aprile, il primo ministro non ha ancora incontrato Abu Mazen. Che invece vedeva il predecessore, Ehud Olmert, almeno una volta al mese. Tornato a Gerusalemme, davanti alla lapide di Theodor Herzl, il premier ha chiesto ancora una volta ai palestinesi di accettare come precondizione l’ebraicità di Israele («è la chiave per la pace»). «L’origine del conflitto è il loro rifiuto a riconoscere il diritto degli ebrei a uno Stato. Devono rinunciare a ottenere il ritorno dei rifugiati, che si porterebbe via gradualmente questo Paese», ha detto durante una cerimonia per i centocinque anni dalla morte del fondatore del sionismo politico.
Javier Solana, Alto rappresentante per la politica estera europea, ha invitato le Nazioni Unite a riconoscere uno Stato palestinese, anche senza un accordo definitivo. «Dopo una data prefissata, il Consiglio di sicurezza dovrebbe votare una risoluzione che adotti il principio dei due Stati e includa una definizione dei confini, la questione dei rifugiati, il controllo di Gerusalemme, le intese per la sicurezza. Lo Stato palestinese verrebbe accettato come un membro a pieno diritto dell’Onu ».
La comunità internazionale sta esercitando pressioni sul governo di Netanyahu perché blocchi le costruzioni negli insediamenti, anche quelle dovute alla «crescita naturale » della popolazione. Gli americani avrebbero concesso — rivela il quotidiano israeliano Maariv — l’espansione di 2.500 edifici per un periodo limitato a sei mesi. Fonti del Dipartimento di Stato hanno smentito l’intesa.
La REPUBBLICA - La cronaca è sostanzialmente corretta. Non lo è, invece, lo schema riassuntivo, suddiviso in tre punti, dal titolo " I nodi del processo di pace ".
Il primo riguarda la questione dei profughi palestinesi. Secondo la redazione di Repubblica sono da considerarsi tali anche quelli residenti a Gaza.
Il secondo punto riguarda la barriera difensiva. Il titolo scelto è "il muro israeliano". Il testo chiude tra virgolette l'espressione "barriera di sicurezza", mettendo perciò in dubbio che il suo scopo sia difensivo.
Il terzo punto riguarda Gerusalemme. " Israeliani e palestinesi rivendicano la sovranità territoriale su Gerusalemme est, che include luoghi santi sia per la religione ebraica sia per quella musulmana ". Gerusalemme è la capitale indivisibile di Israele e i luoghi sacri per la religione musulmana sono sotto l'amministrazione araba.
Uno schema riassuntivo pieno di errori e falsificazioni, in perfetto stile Repubblica.
"Our goal has never been peace. Peace is a means; the goal is Palestine."
By Itamar Marcus and Nan Jacques Zilberdik
Abu Mazen
The PA will resume violence and terror against Israel when Fatah is "capable," and "according to what seems right," Fatah activist Kifah Radaydeh says in a PA TV interview. She states openly that peace is not a goal for Fatah:
"It has been said that we are negotiating for peace, but our goal has never been peace. Peace is a means; the goal is Palestine."
Radaydeh says that "armed struggle" has not been ruled out and will continue, depending on how "capable" the PA forces are.
Transcript:
"Fatah is facing a challenge, because [Fatah] says that we perceive peace as one of the strategies, but we say that all forms of the struggle exist, and we do not rule out the possibility of the armed struggle or any other struggle. The struggle exists in all its forms, on the basis of what we are capable of at a given time, and according to what seems right...
What exactly do we want? It has been said that we are negotiating for peace, but our goal has never been peace. Peace is a means; and the goal is Palestine. I do not negotiate in order to achieve peace. I negotiate for Palestine, in order to achieve a state."
[PA TV July 7, 2009]
It should be noted that when Fatah refers to "Palestine", it is routinely referring to all
of Israel.
Some examples:
1. The Fatah flag still shows the map of Israel under rifles. The same symbol (see right) appears on the Fatah website (http://www.fateh.ps) and other official Fatah publications.
2. Fatah MP Najat Abu-Bakr said in a PA TV interview last year that Fatah's goal remains the destruction of Israel, but that their political plan is to focus on the West Bank and Gaza Strip:
"It doesn't mean that we don't want the 1948 borders [all of Israel]...but our current political program is to say that we want the 1967 borders." [PA TV, Aug. 25 2008].
3. A PA TV educational documentary broadcast monthly since 2007 includes the following words denying the existence of Israel:
"Another section in Palestine which is the Palestinian coast that spreads along the [Mediterranean] sea, from... Ashkelon in the south, until Haifa, in the Carmel Mountains. Haifa is a well-known Palestinian port. [Haifa] enjoyed a high status among Arabs and Palestinians especially before it fell to the 'occupation' [Israel] in 1948. To its north, we find Acre. East of Acre, we reach a city with history and importance, the city of Tiberias, near a famous lake, the lake of Tiberias [Kinneret- Sea of Galilee]. Jaffa, an ancient coastal city, is the bride of the sea, and Palestine's gateway to the world." [PA TV, August 2007-June 7, 2009, dozens of times]
4. Muhammad Dahlan, senior PA official, recently stressed that Fatah adamantly refuses to recognize Israel, and that even Palestinian Authority recognition is to have better standing internationally in order to receive foreign aid:
"I want to say for the thousandth time, in my own name and in the name of all of my fellow members of the Fatah movement: We do not demand that the Hamas movement recognize Israel. On the contrary, we demand of the Hamas movement not to recognize Israel, because the Fatah movement does not recognize Israel, even today... It's required of the government but not of Hamas; it's required of the government but not of the Fatah, so that this government will be able to offer the necessary assistance, to carry out the necessary reconstruction, to offer assistance to the sick, to bring relief to needy families... This can be dealt with [only] by a government that has relations with the international community, one that is acceptable to the international community, in order that we can work together and benefit from the international community." [PA TV March 17, 2009]
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