Riportiamo dall'UNITA' di oggi, 12, l'articolo di Umberto De Giovannangeli dal titolo "Islam, Iran e disarmo. Nei suoi discorsi il nuovo mondo ".
Udg analizza la politica estera di Obama e ne fa una descrizione troppo ottimistica. Le aperture tanto apprezzate da Udg non hanno portato a risultati positivi: in Iran continua la feroce repressione dei manifestanti pro Moussavi, il programma nucleare non è stato bloccato. Per quanto riguarda il Medio Oriente, la situazione è ferma. Netanyahu ha fatto delle proposte agli arabi per la fondazione di uno Stato palestinese, ma queste sono state rifiutate sia da Hamas sia dall'Anp. La richiesta di far entrare la Turchia in UE non è un passo positivo, ma un'ingerenza inaccettabile. Non sono gli Usa a dover decidere quali Stati debbano far parte dell'UE.
Udg scrive : " Pensa e agisce come un leader globale, Barack Hussein Obama, e laddove il suo predecessore, George W.Bush, aveva costruito Muri di diffidenza, da Scontro di civiltà, di guerre preventive, l’attuale capo della Casa Bianca ha realizzato Ponti di civiltà ". Lo scontro di civiltà non è una creazione di Bush, ma la realtà. Non è stata la lotta al terrorismo islamico a provocare lo scontro di civiltà, ma il contrario.
Ecco l'articolo:

Oltre il Vecchio Continente. Vecchio nelle idee, nelle leadership, nelle chiusure anacronistiche. Ankara. Il Cairo. Mosca. Accra. L’America del «Nuovo Inizio», l’America dei diritti e delle aperture, l’America di Barack Obama allarga l’orizzonte delle sue frontiere. Pensa e agisce come un leader globale, Barack Hussein Obama, e laddove il suo predecessore, George W.Bush, aveva costruito Muri di diffidenza, da Scontro di civiltà, di guerre preventive, l’attuale capo della Casa Bianca ha realizzato Ponti di civiltà. Verso il mondo musulmano. Verso l’ex nemico Russo. Verso la sua Africa. Gli Stati Uniti «non sono in guerra con l’Islam». Sei aprile 2009. Obama parla al Parlamento turco nella sua prima visita a un Paese musulmano. «Il nostro obiettivo sarà - aggiunge - un’alleanza con la gente di tutto ilmondomusulmano». «Ascolteremo attentamente, risolveremo i malintesi e cercheremo di trovare un terreno comune». «Saremo rispettosi – sottolinea il presidente Usa - anche laddove non saremo d’accordo e trasmetteremo il nostro profondo apprezzamento per la fede musulmana che tanto ha fatto nel corso dei secoli per migliorare il mondo, incluso il mio Paese». Un dialogo tra pari, nel rispetto delle identità. All’Europa delle chiusure e delle diffidenze, Obama risponde con un Sì alla Turchia nell’Ue. «Voglio essere molto chiaro – scandisce Obama - gli Stati Uniti sostengono fortemente la volontà della Turchia di diventare membro dell’Unione europea». La Turchia, ha aggiunto il presidente Usa, «è legata all’Europa da più di un ponte che attraversa il Bosforo. L’Europa guadagna dalla sua diversità di etnie, di tradizioni e fedi religiose e non ne viene sminuita. L’ingresso della Turchianon farà altro che ampliarne e rafforzarne ancora di più le fondamenta».˘ «Sono qui per cercare un nuovo inizio fra gli Stati Uniti ed i musulmani nel mondo, basato sul mutuo interesse e sulmutuorispetto. Esulla verità: America e Islam non devono essere in competizione. Invece, si sovrappongono e condividono principi comuni, di giustizia e progresso, di tolleranza e dignità di tutti gli esseri umani». Università del Cairo, 4 giugno 2009. Nell’attesissimo discorso,davanti ad una folta platea, che più volte lo ha applaudito, Obama rilancia anche la sua visione di una pace giusta e stabile in Medio Oriente: «I forti legami degli Stati Uniti con Israele sono noti. Questo legame è indistruttibile e l’aspirazione ad una patria per gli ebrei è radicata in una storia tragica che nessuno può negare. Al tempo stesso, è allo stesso modo innegabile che il popolo palestinese abbia sofferto nella ricerca di una patria. La situazione della gente palestinese è intollerabile. E l’America non girerà le spalle alla legittima aspirazione palestinese alla dignità, a ciò che è opportuno e ad uno Stato proprio L’unica soluzione è che l’aspirazione di entrambe le parti sia realizzata attraverso due Stati, dove israeliani e palestinesi possano vivere in pace e sicurezza. È nell’interesse di Israele, della Palestina, dell’America e del mondo. I palestinesidevono abbandonare la violenza. Hamas deve riconoscere gli accordi passati ed il diritto di Israele adesistere. Israele deve rispettare l’obbligo di permettere ai palestinesi di vivere, lavorare e sviluppare la propria società». Le nuove frontiere di Obama intrecciano questi due elementi. «L’America vuole una Russia forte, pacifica e prospera.. La partnership globale sarà più forte se la Russia occupa la sua giusta posizione di grande potenza», afferma Obama alla New Economic School di Mosca (7 luglio 2009). Il giorno prima, il presidente Usa aveva firmato un importante accordo sulla riduzione degli arsenali nucleari con il presidente Medvedev: il documento prevede la riduzione a 1.500-1.675 testate e 500-1.100 vettori balistici per ciascun Paese entro 7 anni. Infine, Accra, un viaggio che unisce vissuto personale e visione globale. «Il futuro dell’Africa appartiene agli africani: è il messaggio di Obama. “Dico questo ben conoscendo il tragico passato che a volte ha ossessionato questa parte del mondo ». Ankara. Il Cairo. Mosca. Accra. È il mondo libero di Barack Obama. Oltre la Vecchia Europa. Oltre un G8 piccolo piccolo.
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