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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
12.07.2009 Afghanistan: dopo la morte di altri otto soldati il governo britannico è stretto in una morsa
Da una parte i generali spingono per un maggiore coinvolgimento, dall’altra i laburisti chiedono un par­ziale disimpegno

Testata: Corriere della Sera
Data: 12 luglio 2009
Pagina: 12
Autore: Fabio Cavalera
Titolo: «Afghanistan: otto vittime, lo choc di Londra»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 12/07/2009, a pag. 12, l'articolo di Fabio Cavalera dal titolo " Afghanistan: otto vittime, lo choc di Londra ".

 Gordon Brown

LONDRA — Il premier Gor­don Brown ha lasciato il G8 ed è volato direttamente nel Middlesex, a Northwood, do­ve ha sede il comando genera­le delle operazioni militari bri­tanniche in Afghanistan. Se­gno che il livello di allarme è stato superato e che le strate­gie di impiego delle truppe de­vono essere ridiscusse e ri­messe a punto. In 24 ore sono stati uccisi otto soldati, 15 in dieci giorni.
Complessivamente le vitti­me sul campo sono 184, vale a dire — come sottolinea il Guardian — 5 in più di quelle registrate nel conflitto in Iraq. L’opinione pubblica è scossa. E il governo è stretto in una morsa: da una parte i generali spingono per un maggiore coinvolgimento di uomini e di mezzi, dall’altra settori con­sistenti del partito di maggio­ranza, i laburisti, valutano e appoggiano l’ipotesi di un par­ziale disimpegno. Da qui le preoccupazioni dell’esecuti­vo.
L’ultimo attentato, quello di venerdì, è avvenuto nel Sud dell’Afghanistan in una zona che i rapporti definiva­no quasi normalizzata. Il mini­stro della Difesa, Bob Ain­sworth,
l’aveva visitata da po­co e si era lasciato andare a questo commento, cautamen­te ottimista: «La gente si sen­te più sicura e il mercato loca­le sta ritornando ai suoi ritmi normali. Ho parlato con il go­vernatore e con il consiglio de­gli anziani, mi hanno assicura­to che non vogliono un ritor­no dei talebani». Si è visto smentire nel giro di qualche ora. E ciò non ha fatto altro che acuire il tono delle criti­che e delle polemiche. Quale nuova politica adottare in Af­ghanistan, alla vigilia delle elezioni presidenziali? Il nu­mero uno del Foreign Office, David Miliband, ha messo in chiaro alcuni concetti e prima di tutto che le truppe combat­tono per «il futuro della Gran Bretagna». Dunque è dovere di Londra impedire che «l’Af­ghanistan diventi un incuba­tore di terrorismo». Consape­vole che il dibattito apertosi potrebbe nascondere trappo­le impreviste per il governo, David Miliband ha aggiunto che è opportuno e responsabi­le impegnarsi affinché si com­prendano a pieno «le ragioni della missione» e affinché la «si supporti nel modo adegua­to ». Proprio su questo punto, la logistica e gli armamenti, ha discusso Gordon Brown con i vertici militari. Fra il premier e gli alti uffi­ciali vi sono state di recente valutazioni contrastanti. Il co­mando generale nel Middle­sex riteneva ininfluente au­mentare il numero dei soldati da dislocare nel Sud dell’Af­ghanistan. Ha poi mutato opi­nione richiedendo il via libera al trasferimento di altri 2 mila uomini. Posizione che, al mo­mento, non ha trovato con­senziente Brown. Mercoledì scorso Downing Street aveva sottolineato tale divergenza: «Proprio le stesse persone che ora mi chiedono più trup­pe mi dicevano, fino a non molto tempo fa, che il nostro coinvolgimento è eccessivo». L’improvvisa decisione del premier di partire dall’Italia, a lavori del G8 conclusi, e di sal­tare il rientro a Londra per at­terrare direttamente nel cuo­re del comando generale do­ve si coordinano le operazio­ni in Afghanistan è la dimo­strazione di come fra i vertici della difesa e il governo la par­tita sulle strategie da adottare sia ancora aperta. Sicuramen­te Gordon Brown ritiene op­portuno investire nell’ammo­dernamento dei mezzi di pat­tugliamento (blindati ed eli­cotteri). E ha confermato: «C’è una catena del terrore che si snoda dalle montagne e dalle città dell’Afghanistan fi­no alle strade del nostro Pae­se. La nostra risoluzione a completare il lavoro che ab­biamo cominciato non cam­bia di una virgola». Il pre­mier, però, resta molto per­plesso sull’invio di altri uomi­ni. L’opinione pubblica, in questo momento, lo frena. E fra meno di un anno ci saran­no le elezioni.

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