Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 09/07/2009, a pag. 3, l'articolo di Maurizio Caprara dal titolo " Iran, no a violenze e negazionismo " e, a pag. 42, l'articolo di Filippo Andreatta dal titolo " Senza più legittimità popolare Teheran cerca un nemico esterno ". Dalla STAMPA, a pag. 17, l'articolo dal titolo " Teheran rilascia cento manifestanti ". Ecco gli articoli:
CORRIERE della SERA - Maurizio Caprara : " Iran, no a violenze e negazionismo "

G8
L’AQUILA — «Violenza post-elettorale». È con questa espressione asettica, ieri, che il G8 ha definito le cariche ordinate in Iran dal regime di Mahmoud Ahmadinejad ai miliziani basiji affinché spezzassero le ossa a studenti indignati per le irregolarità nelle elezioni del 12 giugno. Malgrado gli sherpa ci avessero lavorato da settimane, all’Aquila la dichiarazione sulla politica internazionale è stata la più travagliata. Tra i capi di Stato e di governo dei Paesi più sviluppati del mondo con l’aggiunta della Russia, Barack Obama e altri hanno fronteggiato pressioni britanniche e francesi a favore di un inasprimento delle sanzioni. Poi gli Otto hanno sancito: «Restiamo impegnati a trovare una soluzione diplomatica alla questione del programma nucleare dell’Iran». I timori geopolitici hanno prevalso sull’indignazione (occidentale, non russa) per la repressione.
In una dichiarazione che fa proprio l’obiettivo obamiano di «un mondo senza armi atomiche », il paragrafo su Teheran è derivato da un gioco di equilibri mentre la Casa Bianca faceva sapere che il presidente Usa vorrebbe organizzare per marzo 2010, a Washington, un vertice sulla sicurezza nucleare con un numero di Paesi tra i 25 e i 30. «Continuiamo a essere seriamente preoccupati dagli eventi in Iran. Ribadiamo il nostro totale rispetto per la sovranità dell'Iran. Al tempo stesso, deploriamo la violenza post-elettorale», è stato scritto nella versione finale della dichiarazione del G8. Pur valutando come «inaccettabili» le «detenzioni ingiustificate dei giornalisti » e «gli arresti di stranieri», il documento è ricorso a un appello singolare per un Paese nel quale la legge ha un valore relativo: «Risolvere la situazione attraverso un dialogo democratico sulla base dello Stato di diritto ». Che la Repubblica islamica non avrebbe ricevuto drastiche messe in guardia era intuibile. La Russia è contraria a una linea dura verso Teheran. Obama è orientato a non ritirare ancora l’offerta di dialogo già rivolta allo Stato degli ayatollah per indurlo a non dotarsi di bomba atomica. «È molto importante per la Comunità internazionale parlare con Paesi come l’Iran e la Corea del Nord per incoraggiarli a compiere passi che non portino alla proliferazione nucleare», ha detto il presidente Usa. All’Aquila i test atomici di Pyongyang sono stati condannati come «pericolo per la pace».
«Per ora non ci sono le condizioni », aveva risposto Franco Frattini a chi gli domandava se dal G8 sarebbero state concordate azioni più decise contro l’Iran. «Troveremo la parola giusta, che sia di condanna o deplorazione », aveva aggiunto. Considerato che non si definiva illegittima la presidenza di Ahmadinejad, su richiesta della Francia per bilanciare il messaggio è stata riservata la condanna a un aspetto sul quale è arduo risparmiarsela: i membri del G8 «condannano le dichiarazioni» di Ahmadinejad «che negano l’Olocausto». Una novità da parte del G8, ma i suoi membri lo avevano già detto.
CORRIERE della SERA - Filippo Andreatta : " Senza più legittimità popolare Teheran cerca un nemico esterno "

Sino a poco tempo fa, l’Iran era un’atipica ma autentica mistura di teocrazia e democrazia. Non a caso, se la guida suprema del Paese è stata da sempre, con Khomeini prima e Khamenei dopo, il garante dell’ortodossia islamica, il capo del governo è stato quasi sempre un leader moderato, come Rafsanjani o Khatami dal 1989 al 2005. L’Iran ha potuto così sopravvivere alla lunga guerra contro Saddam Hussein negli anni 80 e innescare un limitato periodo di riforme con il sostegno della popolazione. La contestata rielezione di Ahmadinejad ha invece aperto una contraddizione tra le due fonti di legittimità del Paese.
Nonostante solo alcuni politici fossero autorizzati a correre contro di lui, il ricorso a brogli sistematici per ottenere la rielezione ha dimostrato come Ahmadinejad abbia preferito l’appoggio della guida suprema, che ha abbandonato la propria formale neutralità per coprire le scorrettezze del voto, a una legittimazione popolare. L’uso spregiudicato della forza per spegnere le popolari e spontanee proteste può quindi essere equiparato ad un vero e proprio cambiamento di regime. Sebbene, almeno sinora, la repressione abbia avuto successo, il «nuovo» regime ha bisogno di una legittimazione non più fornita dagli elementi democratici del regime passato. Una frequente risposta di leadership in deficit di legittimità è l’identificazione di un nemico esterno che permetta di utilizzare la carta del patriottismo. Nel caso iraniano si tratta di pretesti, in quanto è da molto tempo che l’Iran, con la debolezza dei suoi vicini in Iraq e Afghanistan e l’offensiva moderata di Obama, non è sicuro come invece è oggi. Ciò nonostante, non bisogna sorprendersi se alle provocazioni nucleari dello scorso mandato, Ahmadinejad abbia aggiunto ora gli incidenti diplomatici come quello della Gran Bretagna.
L’accusa di alto tradimento con una potenza straniera, per i principali oppositori giunge quindi come un fatto estremamente preoccupante, ma non del tutto imprevedibile. Con ogni probabilità, le scelte radicali di Ahmadinejad e Khamenei condannano per il futuro all’instabilità non solo la politica interna iraniana, ma anche quella estera.
La STAMPA - " Teheran rilascia cento manifestanti "
Sostenitori di Moussavi
Cento manifestanti arrestati durante le proteste contro i risultati delle presidenziali del 12 giugno scorso in Iran verranno rilasciati tra oggi e domani. Lo afferma il capo della polizia iraniana, Ismaeil Ahmadi-Moqaddam, sul sito dell’emittente Irib, precisando che sono già stati scarcerati oltre 600 dei mille arrestati dopo le elezioni. Nei giorni scorsi il leader dell’opposizione Mir-Hossein Mousavi aveva ripetutamente chiesto alle autorità giudiziarie e di polizia l’immediato rilascio di tutti i prigionieri politici, tra i quali ci sono dissidenti, giornalisti, studenti ed ex deputati del parlamento. Intanto esperti di diritti umani delle Nazioni unite hanno chiesto il permesso di visitare l’Iran e valutare le condizioni dopo i disordini seguiti delle scorse settimane «La base legale per gli arresti rimane non chiara - hanno scritto in un comunicato i sei esperti, che riferiscono al Consiglio dell’Onu per i diritti umani -. Chiediamo al governo iraniano di rispettare i suoi obblighi secondo la legge internazionale e lo incoraggiamo a onorare il suo invito agli esperti Onu a svolgere visite ufficiali nel paese».
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