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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
06.07.2009 Il Congresso ebraico mondiale chie­de alla F1 di sospendere la collaborazione con Eccletone
Dopo le sue dichiarazioni su Hitler

Testata: Corriere della Sera
Data: 06 luglio 2009
Pagina: 35
Autore: Arianna Ravelli
Titolo: «'Non collaborate con Ecclestone'. La comunità ebraica si ribella»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 06/07/2009, a pag. 35, l'articolo di Arianna Ravelli dal titolo " 'Non collaborate con Ecclestone'. La comunità ebraica si ribella ".

 Bernie Ecclestone

MILANO — Parafrasando una vecchia battuta di Giorgio Gaber si potrebbe dire che, per stare ai vertici della Formu­la 1, non è necessario essere nazisti, però aiuta. Della fami­glia del presidente della Fede­razione Max Mosley si sa tutto (le colpe dei padri non ricado­no sui figli, d’accordo, però il filmino con le signorine vesti­te da carceriere lascia pensare a qualche turba mai risolta), il suo predecessore alla Fia Jean-Marie Balestre era solo un po’ fascista (durante la guerra era iscritto al Jeune front), e ora è la volta di Ber­nie Ecclestone e della sua in­credibile intervista al Times in cui Hitler è diventato uno che «faceva funzionare le cose», una specie di spettatore impo­tente davanti all’Olocausto («non so se lo voleva davve­ro »). L’ovvio risultato è che, dopo che per settimane si è parlato delle dimissioni di Mo­sley, fortissimamente volute dai team, ora è la testa di Eccle­stone a essere in discussione.
A chiederla ieri è stato il Congresso ebraico mondiale che, in un comunicato stampa
diffuso dal suo presidente Ro­nald Lauder, dice che «Eccle­stone non è nella condizione di guidare la Formula 1» e chie­de «ai team del Mondiale, ai pi­loti e ai Paesi che ospitano i Gran premi di sospendere la collaborazione con lui».
Comprensibile richiesta (e c’è da giurarlo, in Germania dove la Formula 1 farà tappa giovedì ce ne saranno altre), ma in realtà Ecclestone non può lasciare per il semplice fat­to che non ricopre alcuna cari­ca da cui dimettersi. Possiede, invece, una fetta importante (il 25%) di azioni della società che gestisce i diritti commer­ciali, società controllata dal fondo Cvc che, c’è da immagi­narlo, non avrà gradito l’ulti­ma sua uscita. Quelli della Cvc si erano già innervositi per le idee di Mosley sulla Formula 1
(doppio regolamento e budget cap) e, soprattutto, per la mi­naccia di un campionato alter­nativo da parte delle squadre: e avevano appena richiamato Ecclestone a togliere l’appog­gio al vecchio amico.
Quanto alla possibilità di evitare di avere rapporti con Ecclestone, le squadre, fosse per loro, non vedrebbero l’ora: potrebbero organizzarsi per gestire i diritti da sé o sceglier­si un gestore che chieda meno del 50%. Ma, per almeno altri due anni, Ecclestone resterà al suo posto: perché appunto i contratti non si firmano con lui, ma con la società che lui rappresenta. E il prossimo con­tratto, che poi in F1 si chiama Patto della Concordia e, oltre ai soldi, determina la stabilità delle regole, deve essere firma­to proprio in questi giorni. Le squadre premono per chiude­re in fretta: questa settimana, o al massimo la prossima. Ma Ecclestone è ondivago, nic­chia, cambia idea, nessuno ca­pisce cosa abbia in testa, chis­sà se è distratto dal revisioni­smo
storico.

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