Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 06/07/2009, a pag. 11, l'articolo di Giordano Stabile dal titolo " Gli ayatollah contro il voto ", a pag. 33, l'analisi di Guido Ceronetti dal titolo " La non banalità del male" e dalla REPUBBLICA, a pag. 27, l'articolo di Guido Rampoldi dal titolo " Quelle sanzioni annunciate contro il regime che non aiutano il negoziato con Teheran ", preceduto dal nostro commento. Ecco gli articoli:
La STAMPA - Giordano Stabile : " Gli ayatollah contro il voto "
L’assemblea dei docenti e dei ricercatori della scuola teologica di Qom, il centro pensante dell’Islam sciita, si è schierata apertamente con Hossein Mousavi
La morsa poliziesca sulle strade e sui mezzi di comunicazione, Web compreso, sta togliendo ossigeno alla protesta, ma dietro le quinte in Iran la battaglia per il potere, e la libertà, continua, e ieri i riformisti hanno segnato un punto a loro favore. L’assemblea dei docenti e dei ricercatori della scuola teologica di Qom, il centro pensante dell’Islam sciita, si è schierata apertamente con Hossein Mousavi, che sempre ieri ha presentato un nuovo dossier, di venti pagine, sui brogli.
Il gruppo di teologi vicino ai riformisti ha attaccato il Consiglio dei Guardiani, l’organo giuridico che ha decretato la validità del voto. Secondo i professori di Qom il Consiglio non ha più il diritto «di giudicare questo evento», perché alcuni suoi membri «hanno perso l’immagine di imparzialità agli occhi dell’opinione pubblica». Ma chi si è sbilanciato sulla validità del voto è la Guida Suprema Ali Khamenei, che i religiosi, con finezza gesuitica, non citano, anche per non mettere in mostra la frattura nelle massime istituzioni. Abbas Milani, direttore del Programma di studi iraniani della Stanford University, la considera «storica»: «Osano contestare un risultato certificato da Khamenei».
Non a caso all’affondo dei religiosi di Qom si è aggiunta la stoccata di Akbar Hashemi Rafsanjani, massimo esponente del fronte riformista: «Gli eventi accaduti dopo il voto hanno causato tristezza». Rafsanjani, secondo fonti britanniche, sta lavorando a una «soluzione» che non distrugga le istituzioni. In questo senso sembra anche andare l’allentamento della pressione sul fronte giudiziario. Ieri il capo della polizia Esmail Ahmadi Moghaddam ha annunciato che «i due terzi» delle persone arrestate, ufficialmente 1032, sono già state rilasciate, compreso l’ottavo dei nove funzionari dell’ambasciata britannica e il giornalista del Washington Post Iason Athanasiadis-Foden.
Gli altri però stanno per affrontare i tribunali speciali. Rischiano anche quelli che «hanno contattato» tv satellitari straniere, come la Bbc in farsi. Secondo la Federazione internazionale per i diritti umani (Fidh) le persone in carcere sono almeno 2000 e di centinaia non si sa più nulla. Altri sono stati brutalmente picchiati. Tra loro Saeed Hajarian, ex braccio destro di Mohammad Khatami e ora di Mousavi, da anni sulla sedia a rotelle per un attentato. Arrestato dopo i tumulti, sarebbe in coma all’ospedale.
La STAMPA - Guido Ceronetti : " La non banalità del male "
Scontri a Teheran
Le Sfingi, selvagge cagne, percorrono i cieli dove un potere maligno soffoca ogni tentativo di gente inerme e intelligente per sollevarsi dalla passività a un cumulo di catene, che ogni volta più pesanti ricadono. Ma perché vince sempre, dovunque ci sia un esito, il Male?
Per tirarsi fuori dall’equivoco, dal fraintendimento degli eventi, volendo pensare questa lurida e abbagliante vicenda iraniana schivando più che si può quanto si è costretti a orecchiare di opinionologia, il Male, e il suo pugno tremendo calato sulle indomabili disperazioni umane, è il giusto soccorso referenziale. (Per averne un’immagine, vedere il Colosso di Goya del 1808, meditando su questo e il terrore senza tempo su cui il pugno impende). L’applicabilità della sciocca, perfino indecente definizione filosofica del male come banalità diventa spontanea nel caso di quella riunione di pallori spettrali di Trieste, che tra uno stuolo di giovani in aura di martirio e un inferocito potere sterminatore ha emesso una poltiglia di parole compunte per pregare il male di salvaguardare se stesso mettendosi un paio di guanti sugli artigli, senza curarsi di un martirio popolare che avrebbe potuto disturbarne le digestioni. Il male come banalità era nei giorni scorsi a Trieste coi mondialministri; il male con faccia cosmica trascendente, temporaneamente assunta dal regime nazionalislamista, era nella capitale iraniana - ed è là tuttora.
Il mio fiuto medicale (non la competenza!) trova che in queste riunioni verticiste (G8, G20, G200) parlino dei malati di gravità variabile, il cui sistema immunitario è generalmente compromesso, o addirittura esaurito. Hanno questa sola giustificazione alla loro cronica incapacità di affrontare le sfide del male e dell’insolubilità, l’Arimane che è nelle piazze, il Colosso che ci sta sopra: non ce la fanno per debolezza, e perché il male, per vincere come gli piace dove gli piace, li vuole così, complici fiaccati e preoccupati, rappresentanti di poteri che a loro volta, anche lontano lontano, hanno la flebo piantata nello stesso braccio dal pugno alzato. C’è del Teheran dovunque, cari ragazzi insorti, come c’è del vispo G8 nelle nostre scorpacciate di cibo contaminato. Trafficano armi e sono mentalmente in disarmo perpetuo. La libertà occidentale di voto, variamente garantita, sbocca sempre in balletti di spettri asserviti. Senza brogli, infallibilmente...
Indimenticabili giorni di passione per l’Ungheria in rivolta, nel 1956! Allora era la Radio, a diffondere fino all’ultimo le trascinanti e tragiche notizie; i giornali avevano corrispondenti entusiasmanti, il tempo non era ancora stato modificato dai teleschermi, oggi superati, travolti dall’infoblog virtuale e reale, che devo sforzarmi di capire. Quel che avviene è, sul punto di generarsi come accadente, documento di accaduto. Nella Rete il tempo, nella sua usuale tripartizione, è abolito e sostituito da una irradiazione di testimonianze dove indifferentemente c’è e non c’è affatto interesse a riceverle. Un potere maligno ha bisogno di saldarsi col tempo, di avere un rapporto con quanto accade per piombarci sopra e annientarne la minacciosità (in seguito, con filze di condanne a morte respirerà di sollievo, per quello spenzolare di pendolo che ristabilisce il segnale tranquillizzante del tempo): ma il blog, in cui il tempo è soppresso, inquieta il male fino allo spasimo: lancia tra la folla le sue squadracce omicide, ma i loro manganelli e coltelli non raggiungeranno mai il blogger silenzioso e nascosto che nell’assenza di tempo calcolabile ha già veduto tutto quanto non doveva essere visto, il furore dei repressori e il sangue delle vittime innocenti.
Il male vince ma non è più al riparo da nulla: oggi le camere a gas sarebbero viste a New York nell’istante in cui le file dei prigionieri condannati sono viste nel binocolo di Fritz Stangl. Si può parlare di un denudamento del male, della sua condanna all’impossibilità di nascondersi, di smentire i fatti. La Rete, pur essendo del tutto indifferente al bene e al male, agisce da Némesis giustiziera senza che Némesis sia svegliata nel sonno.
Mi domando se al Cremlino si è lucidi o orbi: la distruttività ossessiva di Ahmadinejad e degli ayatollah non comprende soltanto Israele: al fondo di questa designazione paranoide c’è una passione necrofila per la Distruzione da cui la Russia, malcauta loro alleata, non si salverebbe. Per strana ottusità paleosovietica e specialmente staliniana, la Russia di Putin permette il riarmo nucleare di un Iran nave impazzita, dove tutto il buon senso, tutto il fiore della saggezza stanno dalla parte dei giovani che hanno detto in famiglia: «Scendo anch’io in piazza» e si sono trovati di colpo là, su un altare sacrificale, ad agitare contro il male le loro mani nude.
La REPUBBLICA - Guido Rampoldi : " Quelle sanzioni annunciate contro il regime che non aiutano il negoziato con Teheran "
Rampoldi è contrario alle sanzioni all'Iran, ma si guarda bene dal proporre una soluzione che metta fine alla repressione del regime teocratico e al suo programma nucleare. Meglio continuare a tendere la mano nella speranza che l'Iran si "ravveda" da solo? Ecco l'articolo:
Guido Rampoldi
Come aiutare l´opposizione iraniana senza offrire alla Guida suprema il pretesto per spacciare la protesta di Teheran per un prodotto dei servizi segreti occidentali? E come influire sulle dinamiche interne al regime senza scivolare dentro l´accettazione del fatto compiuto, in questo caso un risultato elettorale assai manipolato?
Chiamato a risolvere questo rompicapo, il G8, aveva pronosticato Berlusconi, avrebbe deciso nuove sanzioni contro l´Iran. Pareva una previsione ovvia: ogni qualvolta gli occidentali non sanno come affrontare i colpi di testa di un dispotismo, ma allo stesso tempo vogliono dare un´impressione di intransigenza, scelgono la strada delle sanzioni. In realtà era la previsione sbagliata: quelle nuove sanzioni, ha corretto la Farnesina, non sono nell´orizzonte dei cosiddetti Grandi. Si potrebbe aggiungere: meglio così. L´embargo è uno strumento di efficacia assai dubbia. Trattandosi di una punizione collettiva, in genere crea nella popolazione un comprensibile risentimento non tanto verso chi ha attirato quel castigo, il regime, quanto verso chi lo pratica, in questo caso l´Occidente.
Ma aver tolto le sanzioni dall´agenda del vertice non aiuta il G8 a formulare una proposta. La Farnesina aveva chiamato gli europei ad esprimere un posizione comune, ma francesi e tedeschi sono tiepidi. Mosca tergiversa. Gli americani alzano la voce ma non vogliono compromettere le possibilità del Grand Bargain, un negoziato globale con Teheran. Il rischio è che tutto questo produca un atteggiamento dilatorio nascosto dietro ammonimenti tanto solenni quanto vaghi.
Applicata alla Nord Corea, la stessa formula finora non ha sortito alcun effetto, come confermano i missili lanciati di recente. A L´Aquila si parlerà, infine, di Afghanistan. Da anni convinta che per risolvere la crisi si debbano coinvolgere le potenze regionali, la diplomazia italiana aveva invitato al G8 gli iraniani, ma la loro assenza non induce a confidare in novità rilevanti.
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