Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 04/07/2009, a pag. 14, la cronaca di Marco Nese dal titolo " Attentato fallito agli italiani «Battaglia infernale» per gli Usa " e, a pag. 15, l'articolo di Guido Olimpio dal titolo " E i talebani comprano bimbi-kamikaze ". Ecco gli articoli:
CORRIERE della SERA - Marco Nese : " Attentato fallito agli italiani «Battaglia infernale» per gli Usa "

Avanzano lungo un fronte di 90 chilometri. Sono i 4 mila marines mandati a prendere il controllo della fascia meridionale della valle del fiume Helmand. Stanno ingaggiando scontri micidiali coi talebani. Sono «impegnati in una battaglia infernale », dice l’uomo che li guida, il generale Larry Nicholson.
Dopo i primi due giorni, l’operazione Khanjar (in afghano, «Colpo di Spada») ha permesso agli americani di penetrare nel regno dei coltivatori di oppio. Combattono in un’area chiamata Garmsir. «Dovranno affrontare — afferma il generale Nicholson — sfide molto dure ». Si muovono senza copertura aerea. Per evitare il rischio di colpire i civili con il lancio di bombe e raffiche di artiglieria dall’alto. L’avanzata avviene in un clima rovente, con un caldo che raggiunge i 44 gradi. In alcuni casi, piccoli gruppi di talebani reagiscono con azioni di guerriglia, tipo mordi e fuggi. Molti però sono finiti circondati e catturati. Le truppe americane, affiancate da 650 soldati afghani, sono entrate in due centri abitati, Nawa e Garmsir, a ovest di Kandahar, e hanno negoziato l’ingresso in quello di Khan Neshin. Dopo averne scacciato i talebani, cercano di conquistare la fiducia dei civili. Non a caso il Dipartimento di Stato ha inviato al seguito dei marines due funzionari con il compito di intavolare colloqui coi capi locali. «Il nostro scopo principale — spiega il capitano Bill Pelletier — è stabilire un rapporto con la gente. Consideriamo fondamentale parlare coi leader, capire di cosa hanno bisogno, quali sono le loro priorità, e chiarire che la nostra missione è proteggere la gente più che uccidere i nemici». Sono le linee guida della nuova strategia decisa da Barack Obama e messa in atto dal suo uomo forte inviato in Afghanistan, il generale Stanley McChrystal.
Gli ordini della Casa Bianca mirano a strappare ai talebani la valle dell’Helmand, dove le coltivazioni di oppio sono così vaste che permettono di ricavare il 90 per cento dell’eroina consumata nel mondo. Mettere gli stivali militari su questo territorio significa sottrarre ai talebani la loro più cospicua fonte di guadagno, i dollari provenienti dal traffico di droga. I marines si installeranno nella zona. «Una delle preoccupazioni della gente — racconta il capitano Pelletier — è che noi ce ne andiamo e i talebani ritornano. Stiamo cercando di far capire che siamo venuti per restare e garantire la sicurezza ». Per questo Washington ha deciso di inviare altri 21 mila uomini in Afghanistan, dove entro la fine dell’anno saranno attivi 68 mila soldati americani.
Con compiti diversi rispetto ai marines, nella valle dell’Helmand sono in azione anche 800 militari britannici. Hanno occupato tredici ponti sul fiume Helmand per impedire ai talebani di passare da una parte all’altra. I britannici hanno perso in combattimento un ufficiale, il tenente colonnello Rupert Thorneloe. La Russia, inoltre, ha accettato il passaggio attraverso il suo territorio di truppe e armi destinate all’Afghanistan.
In vista delle elezioni del 20 agosto tutti i militari sono mobilitati. Anche gli italiani. Ieri 600 parà della Folgore hanno condotto un’operazione contro un gruppo di insorti nella valle di Musahi, dalle parti di Kabul. Nell’ovest invece gli uomini della Folgore hanno subito un nuovo attacco. Un attentatore suicida si è lanciato contro un carro Lince a bordo di un’auto. «Due militari — riferisce il ministro della Difesa Ignazio La Russa— sono stati leggermente feriti in un attacco suicida a 20 chilometri da Farah. Uno ha riportato un taglietto alla bocca e l’altro una ferita a un orecchio». Il ministro ha confermato che per garantire lo svolgimento delle elezioni saranno inviati in Afghanistan altri 500 soldati.
CORRIERE della SERA - Guido Olimpio : " E i talebani comprano bimbi-kamikaze "

WASHINGTON — La falange della morte è sempre più giovane. La compongono bambini e adolescenti, trasformati dai loro reclutatori in kamikaze. I talebani ne hanno così bisogno che sono pronti a comprarli in base ad un tariffario che cambia a seconda dell’urgenza e della distanza dall’obiettivo. Se i terroristi hanno fretta di compiere un attacco possono pagarlo anche 14 mila dollari, se invece hanno tempo la cifra si riduce della metà.
I reclutatori di Beitullah Mehsud, il leader dei talebani pachistani, vanno di villaggio in villaggio e fanno l’offerta a poveri padri di famiglia che cedono i loro figli in cambio di quella che per loro è una fortuna. Molti sono convinti che i ragazzi andranno in una scuola coranica gestita dagli islamisti e ignorano quello che accadrà in seguito. Altri sanno che i bimbi diventeranno dei mini- guerrieri. Infatti, i militanti conducono i ragazzini in centri dove impartiscono poche nozioni militari ma si dedicano soprattutto all’indottrinamento.
Il ricorso ai baby-kamikaze ha un duplice vantaggio per gli estremisti che si battono contro la coalizione. Il primo è operativo. I minori o gli adolescenti — come le donne — suscitano meno sospetti.
Il secondo è propagandistico. Prima di partire per la missione, i bambini registrano video di saluto che sono poi venduti nei bazar. Messaggi che raccontano della «mutazione». Da innocenti a robot pronti ad uccidere.
«Qualche ipocrita sostiene che lo facciamo per soldi o perché ci hanno manipolato. No, è Allah che ci ha ordinato di fare questo ai pagani», sono le parole pronunciate da Arshad Alì, 15 anni, poco prima di diventare «shahid», martire. Una promessa di martirio incisa su un cd insieme a quella di un altro aspirante kamikaze, ancora più giovane: «Se muoio, non piangete per me. Sarò in Paradiso ad aspettarvi».
Gli attentatori suicidi rappresentano un’arma sia tattica che strategica. I talebani li usano come forma di pressione e per reagire alle offensive. Infatti ne hanno bisogno in numero elevato. Nei centri urbani impiegano l’attacco «a sciame », con un gruppo di kamikaze che piomba sull’obiettivo da direzioni diverse. Di solito, gli attentatori sono preceduti da mujahedin armati che devono eliminare sentinelle o rimuovere ostacoli.
Nelle aree di campagna, invece, i militanti preferiscono il kamikaze individuale. Studiano il passaggio delle pattuglie alleate, controllano i check point, verificano con l’aiuto di spie il modus operandi delle truppe straniere. Quindi designano l’uomo o il ragazzo a cui affidare l’ordigno. Per farlo esplodere è sufficiente premere su una sorta di spinotto. In alcuni casi è un telefonino ad attivare l’innesco.
Un bimbo di appena 11 anni, catturato dalla polizia afghana, ha raccontato che i suoi accompagnatori gli avevano consegnato una strana giacca «che lo avrebbe tenuto caldo». Era in realtà un gilet- bomba che probabilmente sarebbe stato fatto detonare a distanza. Chi li arruola non ha certo scrupoli. Come ha raccontato un leader talebano «questi sono ragazzi che hanno fretta di incontrare Dio».
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