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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
02.07.2009 Ben Sahar, calciatore, deve tornare in Israele per il servizio militare
La leva di tre anni è obbligatoria

Testata: Corriere della Sera
Data: 02 luglio 2009
Pagina: 25
Autore: Francesco Battistini
Titolo: «Israele alla Spagna: 'Il campione venga a fare la naia'»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 02/07/2009, a pag. 25, l'articolo di Francesco Battistini dal titolo " Israele alla Spagna: 'Il campione venga a fare la naia' ".

 Ben Sahar

GERUSALEMME — Il Lodo Sahar stavolta non lo salverà. E non c’è legge «ad pallonem» che lo possa più esentare dai suoi doveri di cittadino.
Campione o non campione. Ben Sahar, 19 anni, grande spe­ranza del calcio israeliano che gioca nella Liga spagnola, è un caso che divide tifosi, compa­gni di squadra, opinione pub­blica. Con la domanda che si ri­propone ogni volta tocchi a uno sportivo, a un cantante, a un attore o a un ricercatore: è giusto bruciare un talento na­turale per garantire la guardia a un check-point? Tsahal ha re­parti «leggeri» e un occhio spe­ciale, in simili circostanze. Ma su una cosa non transige: l’ad­destramento di base, obbligo civico. Ben ha ricevuto la carto­lina militare l’anno scorso: do­vrà tornare in patria al più pre­sto. A vestire una divisa. Ad ad­destrarsi almeno per tre mesi, il passo del leopardo sotto il fi­lo spinato. «Gli abbiamo già concesso due rinvii — dice un portavoce militare —, non pos­siamo più fare eccezioni. Sahar doveva essere qui già a giugno. Fino a ottobre, come minimo, l’attende la vita della caserma».
Un calcio ai sogni di gloria. Ben ha tanto talento che a 17 anni, quando giocava nel Chel­sea di Mourinho, lo paragona­vano già al miglior attaccante inglese e lo chiamavano «il Ro­oney d’Israele». Per lui, quan­d’era all’opposizione, la destra Likud di Bibi Netanyahu aveva pensato perfino a una legge salva-naia: invece di tornare in patria, era la proposta, in ca­si particolarissimi si può esse­re impiegati in qualche amba­sciata israeliana all’estero, evi­tando le mostrine. I casi parti­colarissimi erano così partico­lari da farla chiamare proprio così, «legge Sahar», buona per­ché Mou si tenesse un campio­ne in più e l’esercito avesse un soldato in meno. La legge non passò, ma Ben guadagnò un po’ di tempo. E un po’ di mer­cato. Venduto dall’Hapoel Tel Aviv al Chelsea, poi prestato al­lo Sheffield, il più giovane go­leador della Nazionale israelia­na è tesserato per il prossimo campionato dell’Espanyol di Barcellona. Ma sul più bello, quando stava partendo per il ritiro, è arrivata la chiamata.
Celebri imboscati, vip arruo­lati,
famosi obbiettori: ne so­no piene, le cronache israelia­ne. Dalla top model Bar Refaeli (che si vantò d’averla scampa­ta) al cantautore Aviv Geffen, che fece del suo nossignore una battaglia, dalla renitente ugola d’oro Marina Blumen­thal (che viene fischiata sul palco, ogni Independence Day) al centrocampista del Manchester City, Eyal Berko­vic, che per servire la patria ha dovuto mollare la Premier Lea­gue. Il giovane Sahar ha anche passaporto polacco ed è tenta­to dalle sirene dei tifosi, che sul web lo spingono alla diser­zione: «Abbiamo chiesto d’in­contrare le autorità militari— dice il suo manager, Ronen Ka­tzav —, ma è chiaro che Ben non può rinunciare alla prepa­razione estiva con la sua nuo­va squadra. Credo che riuscire­mo a trovare un accordo...». Proprio l’incombere dei tre an­ni di naia, spiega l’agente, han­no spinto i Blues londinesi a li­berarsi d’una punta dal gioco sicuro, ma dall’avvenire trop­po incerto.
L’Espanyol ha deciso di cor­rere il rischio, pagandolo un milione di euro: «Non voglia­mo rovinare la carriera di nes­suno — dicono dall’esercito —, cercheremo di trovare una soluzione per il triennio. Ma Sahar ci aveva promesso che si sarebbe presentato all’adde­stramento: che cosa raccontia­mo ai suoi commilitoni?». L’ul­tima chiamata è per la prossi­ma settimana. Nel caso non si presentasse, l’ambasciata a Ma­drid è già stata informata: scat­terà il procedimento penale. Il gioco si fa duro: salvare o no il
soldato Sahar?

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