Riportiamo dall'UNITA' di oggi, 25/06/2009, a pag. 26, l'articolo di Umberto De Giovannangeli dal titolo " Dagli Usa doppio schiaffo a Netanyahu. Apertura alla Siria, gelo sulle colonie " e dal MANIFESTO, a pag. 9, l'articolo di Michele Giorgio dal titolo " Torna l'ambasciatore e l'incontro con Assad".
Bibì e Bibò, entrambi felici per la nuova linea di Obama, per la sua posizione fredda nei riguardi di Netanyahu, per la sua decisione di riaprire i rapporti diplomatici con la Siria (era stato Bush a interromperli nel 2005 richiamando l'ambasciatore in seguito all'omicidio Hariri). Obama tende la mano ad un altro dei paesi dell'Asse del male. Prima l'Iran, ora la Siria. Quale sarà il prossimo passo? Ecco gli articoli:
Bibì (Udg) e Bibò (Giorgio) esultano per la politica estera di Obama
L'UNITA' - Umberto De Giovannangeli : " Dagli Usa doppio schiaffo a Netanyahu. Apertura alla Siria, gelo sulle colonie ".
Netanyahu-Obama: è scontro aperto. Assolutamente contrario all’approccio degli Stati Uniti, secondo cui gli insediamenti ebraici sono un ostacolo per la pace e vanno subito congelati, il premier israeliano ha deciso di dare battaglia. Da un lato vuole evitare un confronto con il presidente Obama; ma dall’altro trova profondamente ingiusto ed inopportuno punire una popolazione stimata in oltre 300 mila persone che è andata a vivere in Cisgiordania con l’attivo sostegno dei governi passati.
Oggi Netanyahu doveva discutere la questione con l’emissario di Obama, George Mitchell, a Parigi. Ma l’incontro è saltato. Sulla dinamica degli eventi si sono avute ricostruzioni diverse. Yediot Ahronot, il più diffuso quotidiano israeliano, ha affermato che è stato annullato a sorpresa dagli Usa. Da Roma Netanyahu ha subito precisato che è stato solo rinviato, di comune intesa. Incontrando giornalisti israeliani ieri a Roma una fonte al seguito del premier ha comunque ribadito che Israele respinge la richiesta di Washington di vedere un congelamento totale delle colonie in Cisgiordania. Le costruzioni, ha aggiunto la fonte, sono al contrario essenziali per far fronte alla crescita naturale della popolazione. Ma non è solo il destino degli insediamenti a dividere Washington a Gerusalemme.
Barack Obama ha aggiunto un altro tassello alla sua strategia del dialogo in Medio Oriente con la decisione di far tornare l’ambasciatore Usa in Siria. La rappresentanza diplomatica americana era rimasta senza un capo delegazione a Damasco dal febbraio 2005 quando l’amministrazione Bush aveva reagito col richiamo dell’ambasciatore all’uccisione a Beirut dell’ex premier libanese Rafiq al-Hariri, su posizioni anti siriane, in un attentato attribuito ai servizi segreti siriani. Accusa sempre respinta dal presidente siriano Bashir al-Assad. Ma il presidente Obama ha deciso che è giunto il momento di portare ad un nuovo livello i rapporti con Damasco, nel tentativo di rilanciare un processo di pace in Medio Oriente dove la Siria è destinata a giocare inevitabilmente un ruolo importante. Un incontro a Damasco il 14 giugno scorso tra l’inviato speciale americano per il Medio Oriente, George Mitchell, ed il presidente siriano Assad ha aperto la strada a questo sviluppo,destinato a favorire una ripresa del dialogo tra Washington e Damasco. «La nostra valutazione è che la assenza di contatti non ha avvantaggiato negli ultimi anni i nostri interessi», ha affermato un funzionario dell’amministrazione Obama, al quotidiano Washington Post, a proposito della revisione della politica verso la Siria. La meta finale della amministrazione Obama resta quella di giungere ad una pace globale nella regione, traguardo impossibile da raggiungere senza la partecipazione di tutti i Paesi interessati, compresi Siria e Iran.
Il MANIFESTO - Michele Giorgio : " Torna l'ambasciatore e l'incontro con Assad "
Barack Obama è sulla via di Damasco, pronto ad incontrare il presidente siriano Bashar Assad. Ad indicarlo – secondo le anticipazioni del Washington Post - è la decisione presa dal presidente americano di mandare nuovamente un ambasciatore in Siria dopo un’assenza di quattro anni. A comunicare il passo fatto da Obama all’ambasciatore siriano Imad Mustafa, è stato proprio l’assistente del Segretario di stato per gli affari mediorientali, Jeffrey Feltman, che negli anni passati, in qualità di ambasciatore Usa a Beirut, aveva sempre puntato l’indice contro la Siria sposando in pieno le tesi del fronte filo-occidentale «14marzo» guidato dal leader sunnita Saad Hariri. Con questo gesto, ha spiegato il Washington Post,Obama intende ampliare il ruolo degli Stati uniti nella regione e ricucire i rapporti con il mondo islamico. La perdita di influenza diplomatica Usa nella regione, dovuta alla «guerra preventiva» di George Bush, all’opposizione delle masse arabe all’occupazione dell’Iraq e all’aperto favoritismoUsa verso Israele, ha lasciato un vuoto negli ultimi anni in gran parte riempito dall’Iran. «La decisione di far tornare l’ambasciatore in Siria rappresenta il ripristino di una forte presenza diplomatica Usa in un paese arabo laico, centrale per gli interessi americani nella regione», ha aggiunto il giornale. Bush aveva richiamato in patria l’ambasciatore nel 2005 per protestare contro l’assassinio dell’ex premier libanese Rafiq Hariri, attribuito dal neonato fronte «14 marzo» ai servizi segreti di Damasco (che ha sempre respinto ogni accusa). Obama invece ha capito che la Siria è un paese chiave per risolvere il conflitto arabo-israeliano e, allo stesso tempo, il presidente americano ritiene di poter convincereDamasco a prendere le distanze da Tehran, accrescendo così l’isolamento dell’Iran. Gli Usa vogliono anche che Damasco cessi il sostegno al movimento islamico palestineseHamas e al partito sciita libaneseHezbollah e blocchi il transito, attraverso il suo territorio, di arabi diretti in Iraq a combattere l’occupazione americana. «Se Obama incontrerà il presidente siriano Bashar Assad i due si rispetteranno, potrebbe rivelarsi il più importante sviluppo di politica internazionale della nostra era», ha previsto il famoso giornalista americano Seymour Hersh, in una intervista che apparirà sul Forward Magazine di cui ieri sono state diffuse alcune anticipazioni. In queste ultime settimane diversi siti internetmediorientali hanno annunciato che il premier turco Recep Tayyip Erdogan sta organizzando l’incontro Assad-Obama in Turchia mentre da Damasco giungono indiscrezioni su preparativi siriani. Per l’analista SamiMoubayed il presidente Usa non è mai stato anti-siriano ed è consapevole di poter cooperare con i dirigenti siriani su questioni scottanti: Iraq, Libano, Iran e Palestina. «Obama è convinto che la Siria sia un paese ragionevole, che può moderare la linea iraniana», ha affermatoMoubayed. Il ritorno dell’ambasciatore americano a Damasco, è anche il risultato delle posizionimorbide assunte dalla Siria in diversi scenarimediorientali, a cominciare dalle recenti elezioni libanesi. Secondo al-Akhbar di Beirut, Assad sarebbe pronto ad accettare la nomina di Saad Hariri, il più accanito dei nemici della Siria, a primo ministro libanese. La cooperazione siriana all’iniziativa americana e ad una «uscita onorevole» degli Usa dall’Iraq, tuttavia è legata alle pressioni che Obama farà su Israele affinchè accetti di lasciare il Golan che ha occupato nel 1967. «Per raggiungere la pace serve un partner israeliano e un impegno nei confronti del diritto internazionale, delle risoluzioni dell’Onu e del principio terra in cambio di pace - ha detto ieri Assad -. Questo partner attualmente non esiste».
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