Riportiamo dall'UNITA' di oggi, 22/06/2009, a pag. 27, l'articolo di Maurizio Chierici dal titolo " Gerusalemme, l'altro Dio ci ha rubato la casa ".
Chierici scrive : " Torneremo a parlare della vita quotidiana dei palestinesi dopo il prossimo massacro ". Definire Piombo Fuso "massacro" fa credere al lettore che gli israeliani l'abbiano iniziata per il gusto di uccidere gratuitamente gli abitanti della Striscia di Gaza. In realtà Piombo Fuso aveva obiettivi militari ed è stata la risposta ai quotidiani lanci di razzi qassam da parte di Hamas contro la popolazione israeliana. Ma a Chierici gli israeliani morti interessano poco. Poi scrive, riferendosi alla decisione del Municipio di Gerusalemme di demolire le case costruite abusivamente : " Case costruite senza permessi di costruzione. A dire il vero da 30 anni chiedono questi permessi; da 30 anni nessuno risponde". Il fatto di richiedere il permesso di costruzione di una casa, non implica che questo venga concesso. Dal momento che il permesso non era arrivato, gli arabi hanno sbagliato a costruire ed è legale e normale che il municipio abbia deciso di abbattere. L'articolo si conclude con la giustificazione dell'integralismo dei terroristi palestinesi : "L’integralismo religioso resta l’ultimo appiglio. Mentre i bulldozer distruggono le stanze della loro vita, nel ghetto dei campi profughi le ragazze smettono il rossetto e ritrovavano il velo ".Giustificare l'integralismo islamico e il terrorismo che ne deriva con la demolizione delle case di Gerusalemme e l'operazione Piombo Fuso è insensato. Infatti le due "cause" ritenute tali da Chierici sono posteriori alla nascita del terrorismo islamico. Le donne si mettono il velo non per appigliarsi al fondamentalismo, ma perchè costrette e sottomesse dai maschi di casa. Ecco l'articolo:
Maurizio Chierici
Non una riga sui giornali, Iran e la crisi che ci tormenta. Torneremo a parlare della vita quotidiana dei palestinesi dopo il prossimo massacro. Da 50 anni funziona così. Con l’ardire di una voce nel deserto, Mediterraneo, trasmissione di Rai Tv 3, spiega come funziona la fabbrica dei profughi. 70mila palestinesi stanno per essere allontanati dalle case nelle quali hanno trovato rifugio dopo la guerra 1948, dopo la guerra 1967, dopo la passeggiata di Sharon nei quartieri arabi della Città Santa. In fuga sotto le mura; espulsi ma almeno vicini alle strade dove nonni e padri sono nati. Adesso devono andar via. Il municipio ha espropriato i terreni nei quali - è detto - si trovano reperti storico religiosi che consolidano la memoria ebraica calpestata dai loro piedi. Sacrilegio. Case costruite senza permessi di costruzione. A dire il vero da 30 anni chiedono questi permessi; da 30 anni nessuno risponde. Adesso, la punizione.
«Il caos non rispetta nessuna piega della vita», sospira Abraham Yehoshua. E per evitare che il caos travolga la ragione, suggerisce il realismo: «Ogni volta che spunta la parola pace il discorso torna a Gerusalemme. Ciascuna parte ne pretende una fetta, più grande, meno grande. Sarebbe bello se ogni parte rinunciasse all’egoismo sulle pietre della città dove si è rivelata la volontà di Dio: può cambiare il nome, ma quel Dio è sempre lo stesso. Gerusalemme città del Dio che unisce e non divide non dovrebbe appartenere a nessuno». Speranza del grande scrittore intimorito dallo svanire del laicismo nella borghesia palestinese. L’integralismo religioso resta l’ultimo appiglio. Mentre i bulldozer distruggono le stanze della loro vita, nel ghetto dei campi profughi le ragazze smettono il rossetto e ritrovavano il velo. Si apre la nuova stagione di una rabbia difficile da controllare. Spaventa Amoz Oz, narratore israeliano che ha voglia di pace: «Con l’alibi del pericolo palestinese troppa gente fa troppe cose. Ogni volta che gli israeliani ascoltano l’espressione «il problema dei profughi», sentono un pugno nello stomaco. Centinaia di migliaia vivono in campi disumani. Per Israele la colpa è dei leader palestinesi che hanno cominciato la guerra nel 1948 e degli stessi profughi che hanno abbandonato le case sconvolti dal panico. Per gli arabi, la responsabilità è di Israele: espropria e distrugge con forza crudele. È venuto il momento di riconoscere apertamente la nostra partecipazione alla catastrofe. Non siamo i soli responsabili e i soli colpevoli, ma le nostre mani non sono pulite. Israele è sufficientemente forte per ammettere la propria parte di responsabilità e per accelerare le conclusioni». Ogni giorno la coda dei profughi si allunga. Nessuno spiega: profughi da dove? Dalle stanze che le macchine stanno sventrando qualche chilometro più in là.
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