Riportiamo dall'UNITA' di oggi, 18/06/2009, a pag. 28, l'intervista di Umberto De Giovannangeli a Jimmy Carter dal titolo " Intollerabile la tragedia e la devastazione di Gaza ".
Nella vignetta Jimmy Carter canta coi terroristi di Hamas : "Tutto ciò che stiamo dicendo è ...date una possibilità agli assassini antisemiti..."
Quella di Udg a Carter è un'intervista piena di propaganda antiisraeliana. Carter arriva a definire Gaza una "prigione a cielo aperto " lasciando ben intendere chi siano, a suo avviso, i carcerieri.
"Porto nel mio cuore i racconti di donne, uomini, bambini costretti a vivere come bestie più che come esseri umani (...) Non ho potuto trattenere le lacrime quando ho visto con i miei occhi rovine, devastazione, vite distrutte (...)". Questo è il tono lacrimoso-coccodrillesco usato da Carter, il quale arriva a dire che : " Purtroppo la comunità internazionale sembra sorda agli appelli che giungono da Gaza". In realtà, la comunità internazionale è tutt'altro che sorda: a Gaza sono arrivati molti aiuti. Il fatto che non siano stati distribuiti alla popolazione non è da attribuirsi alla "sordità" del resto del mondo, ma alla criminalità di Hamas che li ha intercettati e rivenduti invece di distribuirli gratuitamente.
La sensibilità di Carter è faziosa: nell'intervista c'è una sola frase per gli attacchi subiti dalle città Israeliane: " Ai palestinesi ho ripetuto che non è bello vedere la distruzione operata a Gaza dalle forze armate israeliane, ma non è neanche buono quando mi reco a Sderot (una delle città israeliane più colpite dai Qassam di Hamas, ndr.) vedere i razzi che cadono sugli israeliani". Mettere sullo stesso piano l'operazione Piombo Fuso a Gaza con il lancio di razzi qassam sulle città israeliane è sbagliato. Piombo Fuso è stata un'operazione difensiva che come obiettivo aveva l'eliminazione di materiale bellico e la cattura di terroristi di Hamas. I razzi qassam lanciati da Hamas, invece, hanno come unico obiettivo l'uccisione di cittadini israeliani in quanto tali. Hamas è un'associazione terroristica criminale, il governo di Israele e i suoi cittadini no. Quelle di Carter sono lacrime di coccodrillo utili alla propaganda di Hamas. Suggeriamo a Udg la prossima intervista, perchè non sente Goldstone ? E poi, per un commento, anche Falk. Ecco l'intervista:
Porto nel mio cuore i racconti di donne, uomini, bambini costretti a vivere come bestie più che come esseri umani. Non potrò mai dimenticare ciò che ho visto con i miei occhi: immagini di case, scuole rase al suolo in una deliberata devastazione». Parla Jimmy Carter, ex presidente degli Stati Uniti, premio Nobel per la Pace. Carter è in questi giorni a Gaza. Queste le sue impressioni.
Qual è l’immagine di Gaza che poterà con sé?
«Una immagine angosciante. Non ho potuto trattenere le lacrime quando ho visto con i miei occhi rovine, devastazione, vite distrutte...».
Il suo grido d’allarme sembra perdersi nel vuoto...
«Ciò è profondamente ingiusto e finché ne avrò la forza non smetterò di denunciare questa situazione. Mi lasci aggiungere che la tragedia di Gaza non è solo ingiusta sul piano umano, dei diritti della persona, ma è anche dannosa per la stessa causa della pace. Perché è impensabile rilanciare il dialogo quando metà di un popolo è costretta a vivere in una enorme prigione a cielo aperto. I riflettori si sono spenti, ma la sofferenza di quasi un milione e mezzo di palestinesi non è diminuita...».
E la comunità internazionale?
«Purtroppo la comunità internazionale sembra sorda agli appelli che giungono da Gaza».
A Gaza Lei ha avuto modo di incontrare i vertici di Hamas. Quali indicazioni ha potuto trarne?
«Mi pare importante l’affermazione di Haniyeh (primo ministro nel governo di Hamas nella Striscia, ndr.) di una disponibilità di Hamas ad accettare una soluzione negoziale se i confini fossero definiti entro quelli del ‘67. Un’affermazione che si accompagna con una valutazione incoraggiante dei leader di Hamas sulle posizioni assunte dal presidente Obama. Il confronto è possibile, spazi sembrano aprirsi, ma per rafforzare questa prospettiva occorre porre fine al blocco di Gaza. Non è solo una scelta umanitaria. È un investimento su una pace possibile».
Nel campo palestinese regna la divisione.
«E la divisione rende tutto ancora più difficile. Su questo punto ho molto insistito nei miei incontri politici a Gaza. Ai miei interlocutori ho detto che solo un governo di unione nazionale potrebbe porre fine alla sofferenza del popolo palestinese...».
Un governo con dentro Hamas...
«Mi pare inevitabile. Piaccia o no, Hamas rappresenta una parte significativa della società palestinese. Negare questo dato di fatto non aiuta la ricerca di un un accordo di pace che non può reggere se taglia fuori metà dei palestinesi. Occorre incalzare Hamas, ma non serve la sua criminalizzazione. Di questo è consapevole il presidente Obama come dimostra il suo discorso al Cairo. Un discorso coraggioso, di svolta...».
Lei sa che Israele l’accusa di unillateralismo filopalestinese.
«Sono rattristato di questa accusa perché la trovo ingiusta, non corrispondente al vero. Ai palestinesi ho ripetuto che non è bello vedere la distruzione operata a Gaza dalle forze armate israeliane, ma non è neanche buono quando mi reco a Sderot (una delle città israeliane più colpite dai Qassam di Hamas, ndr.) vedere i razzi che cadono sugli israeliani. Resto fermamente convinto che il solo modo di evitare che questa tragedia possa ripetersi, è raggiungere un vero accordo di pace tra palestinesi e Israele. Un accordo fondato sul principio “due popoli, due Stati”; un principio che ispira l’azione dell’amministrazione Obama».
Obama ha sottolineato a più riprese l’importanza del fattore tempo...
«Sono pienamente d’accordo con lui. Occorre essere consapevoli che l’alternativa ad una pace giusta, rispettosa dei diritti dei palestinesi come della sicurezza d’Israele, non è il mantenimento dell’attuale status quo, ma una guerra ancora più dura di quelle che hanno già segnato questa tormentata regione».
Un’altra questione cruciale nel conflitto israelo-palestinese è quella degli insediamenti. Un tema che divide il governo israeliano guidato da Benjamin Netanyahu e l’amministrazione Usa.
«Obama ha usato parole chiare definendo la colonizzazione dei territori occupati il principale ostacolo ad ogni accordo di pace. E si è impegnato di fronte al mondo perché questo ostacolo sia rimosso».
Il presidente Obama si è impegnato per un accordo di pace definitivo entro la scadenza del suo mandato, nel 2012.
“Vede, una cosa che abbiamo in comune è che io ho cominciato a lavorare sul Medio Oriente sin dal primo giorno del mio insediamento. E lui ha promesso a me e ad altri che avrebbe fatto altrettanto. Sta mantenendo la promessa. Questa è la sostanziale differenza tra Clinton, l’amministrazione Bush e Obama Una differenza che fa ben sperare».
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