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Giorgia Greco
Libri & Recensioni
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Adolf Burger, L’officina del diavolo 16/06/2009

L’officina del diavolo Adolf Burger
Traduzione di Andrea Bianchi
Nutrimenti Euro 19,50

La storia delle sterline false durante la guerra non è inedita. Se ne parlò a suo tempo, di recente c’è stato il film, Il falsario del regista Stefan Ruzowitzky, che nel 2008 ha avuto l’Oscar per il miglior film straniero. Quella storia era tratta dal libro L’officina del diavolo di Adolf Burger, ora pubblicato. I primi capitoli potrebbero far pensare a uno dei tanti libri di memoria sui campi di sterminio nazisti. Le atrocità, le torture, i forni crematori, la vita giocata “per un sì o per un no” . Burger (novant’anni, vive a Praga) ha ricostruito tutto come se volesse smentire con l’evidenza dei fatti (di numerose immagini) tanti irresponsabili negazionisti annidati anche all’interno della chiesa cattolica. Solo che l’autore di questo libro ha avuto una sorte particolare. Un giorno il responsabile del campo, Rudolf Hess, lo convoca nel suo ufficio e trattandolo di colpo come un essere umano chiede: “Lei è il signor Adolf Burger?”; “Lei è un tipografo?”; “Abbiamo bisogno di lei a Berlino”. Da un giorno all’altro Burger passa da vittima dei sinistri esperimenti medici del dottor Mengele, a quella di professionista. Trasferito a Sachsenhausen, si trova insieme ad altri centoquaranta internati ebrei che sono disegnatori, incisori, chimici fotografici, bancari. Tutti impiegati per la più colossale fabbricazione di denaro falso della storia (è anche il sottotitolo del volume). Segregati all’interno di due baracche isolate dal resto del campo, vestiti e nutriti, questi uomini dovranno stampare biglietti di banca, al di sopra di ogni controllo, in qualità tale da mandare in rovina l’economia britannica. Il racconto di come si metta insieme una banconota, di come si riesca a fabbricarne una così uguale da risultare irriconoscibile perfino agli analisti della Bank of England, è appassionante anche a prescindere dalle drammatiche condizioni nelle quali avvenne. La paziente scoperta del tipo di carta usata dagli inglesi, gli inchiostri, il rebus dei numeri di serie impressi sulle banconote, le sfumature dei disegni, l’invecchiamento artificiale. Poi bisognava smerciarlo quel denaro, altro appassionante capitolo che sconfina nella guerra e nei ricatti delle spie. La bella prefazione è di Stefano Poddi.

Corrado Augias
Il Venerdì di Repubblica


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