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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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Rassegna Stampa
29.05.2009 La storia di Babikar, profugo del Darfur accolto in Israele
Raccontata da Anna Momigliano

Testata:
Autore: Anna Momigliano
Titolo: «Respinto da noi, accolto da Israele»

Riportiamo dal RIFORMISTA di oggi, 29/05/2009, a pag. 1-11, l'articolo di Anna Momigliano dal titolo " Respinto da noi, accolto da Israele " sulla storia di Babikar, profugo del Darfur immigrato in Israele:

Sognava l'Italia, ma alla fine è stato Israele ad accoglierlo. Babikar, "Bob" per gli amici di Tel Aviv, 18 anni, è un profugo del Darfur. Uno dei molti che, sfuggiti ai massacri, si sono imbarcati alla volta dell'Italia, per poi essere respinti. Il tragitto è spesso lo stesso. In principio la fuga da un villaggio messo a ferro e fuoco dai janjawid, le milizie arabe responsabili del genocidio in Darfur, con il sostegno, non sempre tacito, del governo centrale. Poi una prima tappa in un campo profughi, spesso nello Stato confinante del Ciad. E da lì l'inizio del viaggio della speranza, a Nord verso le coste libiche e poi su un'imbarcazione di fortuna o un peschereccio alla volta dell'Italia, o meglio della Sicilia.
Alla giornalista israeliana che ha raccolto la sua storia, Bob/Babikar non vuole dire il nome del suo villaggio, dove forse una parte della sua famiglia è sopravvissuta. Ma spiega che si trova nel Nord del Darfur, che lo hanno distrutto sei anni fa, quando lui di anni ne aveva appena dodici. Racconta che ad aiutare i janjawid c'erano anche elicotteri delle forze governative: «Stavo tornando da scuola, ho sentito gli elicotteri e gli spari, chi era riuscito a fuggire ha avvertito noi studenti di non rientrare al villaggio» dice a Nurit Wurgaft di Haaretz. Babikar, ancora bambino, riesce a raggiungere il campo profughi di Fasher, dove ora i rifugiati sono almeno 150 mila. Per qualche mese lavora in un negozio, mangiando quel che trova, dormendo in un magazzino, e riesce a mettere i soldi da parte per il viaggio in Libia. Sognando l'Italia. E lì trova altri lavoretti e il denaro per imbarcarsi in una barca diretta in Italia.
Nel nostro Paese però Babikar non arriverà mai, perché la sua imbarcazione viene intercettata praticamente subito, al largo delle coste tunisine. Portato a Tunisi Babikar, che a questo punto di anni ne ha 16, riesce a corrompere un poliziotto che lo aiuta a tornare in Libia.
poi riesce ad attraversare il confine con l'Egitto. Paese che attira molti profughi dal Darfur, anche se le sue forze dell'ordine si sono meritate un richiamo di Human Right Watch per numerosi casi di uccisioni (solo negli scontri del dicembre 2005 al Cairo, sono stati uccisi 20 rifugiati). Così tre mesi fa Babikar tenta la sorte e attraversa il confine con Israele nel deserto del Sinai.
Un'opzione che attira molti altri suoi connazionali: tra il 2007 e il 2008 sono stati circa 13 mila i profughi africani arrivati in Israele dal Sinai (operazione per cui i passeur chiedono circa 250 dollari). Già, perché in Israele si sta meglio, la polizia non spara sui rifugiati e, soprattutto, non li espelle.
Gerusalemme permette ai rifugiati dal Darfur e dall'Eritrea di rimanere sul proprio territorio, anche se con permessi di soggiorni limitanti (possono stare in alcune città, ma non in altre), e in qualche caso ha concesso la cittadinanza onoraria ad alcuni di loro. I kibbutz e i gruppi umanitari sono molto attivi nell'accoglienza. Ma c'è anche l'altro rovescio della medaglia: se da un lato Israele pratica una politica di accoglienza una volta che i rifugiati sono sul suo territorio, dall'altro fa pressioni sul vicino Egitto perché limiti i flussi. Risultato? Le guardie egiziane spesso sparano sui migranti dal lato egiziano del confine: Human Rights Watch le accusa di averne ammazzati 33 tra il 2007 e il 2008. Infatti hanno sparato anche contro un compagno di "Bob", Maki, ferendolo alla mano. Poi è stato curato in un ospedale di Beer Sheva: oggi Bob e Maki vivono a Tel Aviv, in un centro gestito dal movimento giovanile Noar haOved vehaLomed (gioventù lavoratrice e studentesca) e dal gruppo umanitario Irgun Siuya Leplitim (organizzazione per i rifugiati).
Sulla loro vicenda stanno girando un documentario le registe Emmanuelle Meyer e Helen Yanovosky. Nell'ultimo anno il crescente numero di rifugiati dal Darfur ha attirato l'attenzione non solo delle organizzazioni umanitarie ma anche degli artisti israeliani: proprio in questi giorni un altro documentario sul tema è in proiezione al Nachum Gutan Museum di Tel Aviv.

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