Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Lanciato il missile iraniano,Frattini non partecipa ai festeggiamenti Bene, D'Alema sarebbe andato
Testata:Corriere della Sera - Il Foglio - La Stampa - L'Opinione Autore: Franco Venturini - La redazione del Foglio - Maurizio Molinari - Dimitri Buffa - Francesco Battistini Titolo: «La trappola di Teheran - La diplomazia non è un missile - L’irritazione di Hillary 'Una trappola' - Frattini annulla la visita in Iran: colossale gaffe diplomatica italiana - Mi aspettavo uno sgarbo al governo italiano»
Dopo aver scoperto che il regime iraniano ha testato un nuovo missile dalla gittata di 2000Km, il ministro degli Esteri Frattini ha annullato la sua visita a Teheran prevista per oggi. Tutti i quotidiani italiani riportano la notizia. Sul GIORNALE la notizia è commentata da Livio Caputo. Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 21/05/2009, in prima pagina, l'editoriale di Franco Venturini dal titolo " La trappola di Teheran ", dal FOGLIO, a pag. 3, l'editoriale dal titolo " La diplomazia non è un missile ", dalla STAMPA, a pag. 7, l'analisi di Maurizio Molinari dal titolo " L’irritazione di Hillary 'Una trappola' ", dall'OPINIONE l'analisi di Dimitri Buffa dal titolo " Frattini annulla la visita in Iran: colossale gaffe diplomatica italiana " e dal CORRIERE della SERA, a pag. 18, l'intervista di Francesco Battistini a Raphael Israeli, professore all'Università ebraica di Gerusalemme. Invitiamo i lettori a leggere anche la "Cartolina da Eurabia " di Ugo Volli di oggi, pubblicata nella rassegna quotidiana. Ecco gli articoli:
CORRIERE della SERA - Franco Venturini : " La trappola di Teheran "
Nella cronaca diplomatica i colpi di scena non sono una rarità, ma quello toccato ieri al nostro ministro degli Esteri ha pochi precedenti. Franco Frattini aveva già preparato la valigia e si accingeva a partire per Teheran quando il protocollo iraniano, con un’ora o poco più di anticipo, ha trasmesso alla Farnesina una nuova «condizionante» richiesta: doveva essere previsto un incontro con il presidente Ahmadinejad a Semnan. Nella stessa località, cioè, dove l’Iran aveva appena lanciato con successo un missile terra-terra di nuova generazione, capace di colpire Israele, le basi Usa in Medio Oriente e l’Europa sudorientale. Fiutata la trappola che lo avrebbe in qualche modo associato al minaccioso esperimento balistico, Frattini ha giustamente deciso di non partire. E sulla pista sono rimaste soltanto due inevitabili considerazioni. La prima riguarda proprio il ministro Frattini, che nel prevedere il viaggio ha peccato d’imprudenza. Non perché la sua politica di coinvolgere l’Iran nella stabilizzazione dell’Afghanistan e del Pakistan sia errata. Non perché l’Italia abbia preso una iniziativa isolata (Hillary Clinton era d’accordo, gli europei sapevano che Frattini si sarebbe mosso entro la fine di maggio). Ma piuttosto perché fra tre settimane in Iran si elegge il nuovo presidente. Perché a Teheran è in corso una campagna elettorale opaca e senza esclusione di colpi. Perché era prevedibile che in questo clima Ahmadinejad, favorito ma non sicuro di vincere, avrebbe tentato di usare a suo profitto la prima visita di un ministro degli Esteri occidentale negli ultimi quattro anni (cosa diversa è stata la missione del rappresentante Ue Solana nel 2008). Ahmadinejad — ed è questa la seconda considerazione — ha infatti puntualmente confermato il suo profilo politico: quello di un provocatore a tempo pieno che tenta di bilanciare il disastro dell’economia iraniana distribuendo a piene mani l’oppio dell’ipernazionalismo e dell’odio verso Israele. La corsa al nucleare (che a dispetto degli scettici egli afferma essere pacifica) e lo sviluppo dei missili balistici (che pacifici non possono essere) rappresentano le «cambiali» elettorali di Ahmadinejad, le uniche di cui egli davvero disponga. Non meraviglia allora il tentativo di Frattini, né può stupire la ben scarsa considerazione in cui il presidente iraniano mostra di tenere l’Europa e l’Italia, che pure è il primo partner commerciale di Teheran. Convinto che sia l’Occidente ad avere bisogno di lui e non viceversa, Ahmadinejad riconosce soltanto agli Usa la dignità di interlocutore. Ma poi non esprime, nemmeno in quella direzione, una politica che autorizzi le speranze messe in campo da Washington e che Frattini voleva corroborare. L’incidente diplomatico di ieri, così, serve a ricordarci che l’Iran resta un problema pericolosamente aperto. La Casa Bianca dovrà aspettare il dopo-elezioni per capirci qualcosa. Obama ha rifiutato di fissare un limite alla sua pazienza come gli chiedeva Netanyahu, ma ha avvertito che in mancanza di progressi entro il 2009 l’Occidente farà ricorso a nuove e più dure sanzioni. Il che metterà alla prova la coesione transatlantica. E non basterà ad escludere un ricorso preventivo alla forza da parte di Israele. È su questa mina che il nostro ministro degli Esteri, pur animato dalle migliori intenzioni, è andato a mettere il piede. Una mina ancora metaforica, per fortuna.
Il FOGLIO - " La diplomazia non è un missile "
Ahmadinejad ha alzato la posta con una delle sue solite e intollerabili provocazioni e Frattini ha detto, giustamente, no grazie. Il ministro degli Esteri era pronto per partire per l’Iran, ieri, per una missione delicata e di basso profilo – hanno raccontato al Foglio fonti della Farnesina – per evitare ogni genere di strumentalizzazione da parte del regime di Teheran. Frattini avrebbe dovuto incontrare il collega Mottaki, l’ex negoziatore sul nucleare Larijani e l’ex presidente Khatami per discutere di un unico dossier: il coinvolgimento della Repubblica islamica sul fronte afghano- pachistano. La strategia delineata dal dipartimento di stato americano di Hillary Clinton prevede una nuova via di approvvigionamento per le truppe in Afghanistan che passi dall’Iran, in modo da creare un’alternativa a quella che attraversa il Pakistan e che è diventata bersaglio abituale dei talebani. La missione di Frattini, coordinata con gli Stati Uniti, avrebbe dovuto saggiare eventuali passi avanti su questo fronte. Poche ore prima della partenza però Ahmadinejad ha fatto sapere di volere di più, di voler usare la visita degli italiani per consacrare la sua campagna elettorale, che è un urlo continuo contro l’occidente. Ieri mattina il presidente iraniano si è recato a Semnan, nel nord, per assistere e festeggiare l’ennesimo test di un missile a media gittata (duemila chilometri, quanto basta per colpire Israele), uno dei più potenti nell’arsenale iraniano. Felice per “il bersaglio centrato”, Ahmadinejad ha così chiesto di trasferire Frattini da Teheran a Semnan, per una stretta di mano all’ombra del missile. Frattini ha annullato la visita; “un’occasione perduta”, ha detto. Le provocazioni di Ahmadinejad non sono una novità. Ma visto che l’ayatollah Khamenei sembra sempre di più propenso a una sua conferma alle elezioni, visto che l’Amministrazione Obama si sta spendendo per una campagna di dialogo a tutto campo, le provocazioni non possono più essere catalogate tra le abitudini del presidente. E’ la diplomazia degli sgarbi di Teheran, questa, ed è atomicamente pericolosa.
La STAMPA - Maurizio Molinari : " L’irritazione di Hillary “Una trappola” "
Gli avevamo detto che non era opportuno andare, perché rischiava di essere strumentalizzato»: le reazioni del Dipartimento di Stato all’annullamento della visita di Franco Frattini a Teheran arrivano in maniera informale quando a Roma è già notte inoltrata. Il ministro degli Esteri italiano ha da poco finito di parlare con il Segretario di Stato, Hillary Clinton. I contenuti della lunga conversazione restano riservati ma da quanto trapela dalle feluche che ne sono al corrente c’è una certa soddisfazione a Washington per la marcia indietro italiana. «Andare avrebbe esposto a rischi senza garantire risultati», osserva un diplomatico chiedendo l’anonimato. Era stata proprio Hillary Clinton, durante il recente incontro avuto a Washington con Frattini, a insistere sul fatto che se fosse andato in Iran avrebbe dovuto parlare solo di Afghanistan e non degli altri temi al centro del contenzioso: dal programma nucleare al finanziamento dei gruppi terroristi. Sin da quando si sono manifestate in febbraio ipotesi di mediazioni italiane con l’Iran sul nucleare - o con la Russia sullo scudo antimissile in Europa - l’amministrazione Obama ha, a più riprese, frenato il governo Berlusconi facendo capire che è la Casa Bianca a voler assumere un ruolo di guida della comunità internazionale nel promuovere il dialogo nelle situazioni di crisi. Hillary aveva così fatto capire a Frattini che se l’Italia voleva proprio ritagliarsi un ruolo sul fronte iraniano doveva limitarsi all’Afghanistan, per spingere gli iraniani a mostrare segnali di collaborazione su temi di importanza strategica per l’Alleanza atlantica: la lotta al narcotraffico, la stabilizzazione del confine occidentale afghano, la ricostruzione civile, l’ipotesi di sfruttare un porto iraniano per far arrivare rifornimenti alle truppe Nato in alternativa ai porti pakistani. A sostenere l’ipotesi di un «approccio afghano» all’Iran era stato anche Richard Holbrooke, inviato Usa per la regione. Il diplomatico Cesare Ragaglini è stato così inviato a Teheran dalla Farnesina per preparare il terreno ad un dialogo «limitato ad un tema», come sottolineano fonti a Washington ricordando che «nell’agenda degli incontri di Frattini prima dell’annullamento non c’era Ahmadinejad». «L’approccio dell’amministrazione Obama è di coinvolgere gli alleati nel dialogo con l’Iran - spiega Gary Sick, docente alla Columbia University ed ex consigliere del presidente Carter durante la crisi degli ostaggi a Teheran - iniziando però non dal nucleare ma dai temi dove posso esserci maggiori convergenze, come la stabilizzazione dell’Afghanistan e dell’Iraq». Ma nelle ultime settimane questa impostazione del viaggio italiano è iniziata a vacillare in ragione delle perplessità di Washington sui segnali in arrivo dall’Iran sullo sviluppo dei programmi nucleari e missilistici e sulla crescente preoccupazione causata non solo in Israele ma nei Paesi arabi alleati. Non a caso il presidente Barack Obama nell’intervista rilasciata domenica a «Newsweek» ha indurito i toni con Teheran non escludendo «altre opzioni» per bloccare il nucleare iraniano «se la diplomazia dovesse fallire» e poi, incontrando il premier israeliano Netanyahu nello Studio Ovale, ha aggiunto che «non possiamo negoziare all’infinito». Il Segretario di Stato, testimoniando ieri di fronte ad una commissione del Senato, ha aggiunto: «La capacità nucleare dell’Iran è una straordinaria minaccia perché rischia di innescare una corsa al riarmo in Medio Oriente e l’obiettivo degli Stati Uniti è di persuadere il regime di Teheran che sarebbe assai meno sicuro se dovesse procedere nel programma nucleare militare». Nella stessa deposizione Hillary ha promesso di «continuare gli sforzi diplomatici verso l’Iran», ammettendo però che «durante questa fase elettorale non sono verosimili aperture da parte loro» almeno fino al voto presidenziale di fine giugno. Proprio la coincidenza fra la campagna elettorale e il viaggio di Frattini spiega il timore di «strumentalizzazioni» che negli ultimi giorni Washington aveva, a più riprese, recapitato a Roma.
L'OPINIONE - DImitri Buffa : " Frattini annulla la visita in Iran: colossale gaffe diplomatica italiana "
Frattini incassa la gaffe diplomatica dell’anno ed è costretto a annullare precipitosamente la propria visita di stato, “a sorpresa”, in Iran vista la concreta possibilità che il regime di Teheran lo avrebbe potuto impiegare come sponsor del nuovo missile Sejil 2 testato ieri da Ahmadinejad. Se non era bastato sdoganare Gheddafi con la sua laurea “honoris causa”, anzi “horroris”, dato il soggetto, adesso ci mancava pure questa. E’ come se il nostro solerte ministro degli esteri fosse stato preso da un attacco di “Obamite”. Nell’imbarazzato (e imbarazzante) comunicato della Farnesina con cui a ora di pranzo il viaggio è stato annullato, mentre già rullavano in pista a Ciampino i motori del Falcon della presidenza del consiglio, si legge che “la visita del ministro degli esteri Franco Frattini in Iran non avrà luogo a seguito della richiesta condizionante di Teheran di prevedere l'incontro protocollare con il presidente iraniano in una località diversa dalla capitale, cioè a Semnan". Cioè la località dove ieri è stato testato il suddetto razzo. Già da ieri mattina c’era toccato prenderci anche le invettive del “Financial Times” che aveva scritto che così l’Italia viola la passi di non avere contatti al vertice con il tiranno sanguinario in questione. Poi la coincidenza inquietante: Ahmadinejad voleva usare Frattini per annunciare agli “urbi” e soprattutto agli “orbi”, intesi anche come coloro che si ostinano a non vedere, l'esito positivo del test sul missile terra - terra con gittata di 2000 chilometri: il Sejil 2. Missile che può ovviamente essere dotato di testata nucleare ed è più avanzato e dotato di un migliore sistema di carburante rispetto ad altri vettori sperimentati in precedenza. Secondo l'Irna, il Sejil 2 ha una gittata superiore a quella del Shabab 3, considerato fino a ieri il missile più potente in possesso dell’Iran. Tornando alla gaffe internazionale di Frattini, il Financial Times, come si diceva, era intervenuto ieri sulla scelta della diplomazia italiana mettendo in luce che fonti diplomatiche occidentali hanno espresso “disappunto” per tale decisione e che, sempre per tali fonti, “Washington non ha dato luce verde a Roma” per la missione. Il quotidiano londinese sostiene anche che la visita di Frattini nella capitale iraniana, nelle intenzioni del ministro, sarebbe dovuta restare una “sorpresa” fino al momento del suo arrivo, in serata. Ed evidenzia che nessun accenno alla missione era stato fatto, da parte italiana, in occasione della riunione dei ministri degli esteri dell'Ue, dedicata in gran parte anche alla questione iraniana, lunedì scorso a Bruxelles. Al quotidiano londinese un anonimo diplomatico aveva già riferito che il ministro Frattini si trovava “sotto pressione da parte iraniana” per incontrare il presidente come per celebrare l’avvenuto lancio del missile di cui sopra. Un bel capolavoro. Poi la marcia indietro più che precipitosa Ma se Frattini si è andato a infilare in questo “cul de sac” diplomatico, non migliori sorti stanno avendo gli aperturismi di Obama. Che sempre nei giorni scorsi aveva avuto una prima risposta negativa dai religiosi di Teheran. Più precisamente dall’ayatollah Ahmed Khatami, omomimo del famigerato leader moderato, che poi tanto moderato non è almeno quando si parla di Israele e di odio per gli ebrei. Khatami il predicatore ha mandato a dire a Obama, nientemeno, che se “se l’America fosse un essere umano, parleremmo con lei”. Aggiungendo però questa considerazione: “ ..ma voi non siete esseri umani e non c’è stato alcun cambiamento durante i primi 100 giorni di Obama”. Tutto ciò durante il sermone dello scorso venerdì a Teheran. Se questi sono i risultati della “carota” usata sinora da Barack Hussein Obama, qualcuno presto potrebbe cominciare a rimpiangere il “nodoso bastone” di George W Bush.
CORRIERE della SERA - Francesco Battistini : " Mi aspettavo uno sgarbo al governo italiano "
GERUSALEMME — Se conosce bene gl’iraniani, e Raphael Israeli sa di conoscerli bene, «questa sceneggiata di Semnan è solo una risposta a quel che è successo in Israele con Alemanno ». Che cosa c’entra il sindaco di Roma con questo incidente italo-iraniano? «C’entra. Martedì, era in visita qui e il governo israeliano l’ha portato a visitare Sderot, al confine di Gaza, proprio nel momento in cui pioveva un Qassam. Quei razzi, sono gl’iraniani a darli a Hamas. E siccome gl’iraniani hanno letto la visita del sindaco a Sderot come un messaggio, hanno pensato di rispondere: spostando la visita del ministro italiano a Semnan vogliono dire agli europei che non si può stare sia di qua che di là». Ebreo marocchino, docente di storia e politica mediorientale all’Università Ebraica di Gerusalemme, il professor Israeli dice che prima o poi se l’aspettava, uno sgarbo iraniano al governo di Roma: «La politica mediorientale di Berlusconi non piace ai falchi iraniani. C’è stato lo schiaffo della conferenza di Ginevra. E hanno voluto ricambiare l’imbarazzo diplomatico». La politica estera di Roma, però, è allineata a Washington da anni. E ora Obama sta cercando il dialogo... «Paesi come gli Usa o l’Italia, oggi, hanno una pluralità di rapporti anche contrastanti. Questo non c’entra con le decisioni vere che poi verranno prese. Il dialogo può richiedere anni e finire in un istante. Lo sanno tutti, a cominciare dai tedeschi e dagl’inglesi, che intanto ne approfittano per concludere affari con Teheran». Le elezioni iraniane possono cambiare qualcosa nel dossier nucleare? «No. Ahmadinejad ci mette la faccia e il folclore, ma non è lui a decidere. L’opzione nucleare dipende dalla Guida Suprema, Khamenei. Se la spunta un riformista, sentiremo meno Khamenei. Ma non vedremo cambiare la sostanza». Per questo si va a Teheran per parlare anche di Pakistan e d’Afghanistan? «Da vent'anni, i Paesi islamici fanno sistema. Sono un blocco. Ogni trionfo talebano è visto con simpatia in tutta l’area circostante. Non esistono isole. E non esisterà mai un Iran isolato».
Per inviare il proprio parere a Corriere della Sera, Foglio, Stampa e Opinione, cliccare sulle e-mail sottostanti