Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 19/05/2009, a pag. 15, l'articolo di Francesco Semprini dal titolo " Il Pakistan prepara nuove atomiche " e quello di Syed Saleem Shahzad dal titolo " Tra i dannati dello Swat ". Dal CORRIERE della SERA, a pag. 19, la breve dal titolo " Il fratello di Karzai esce illeso da un agguato ". Ecco gli articoli:
La STAMPA - Francesco Semprini : " Il Pakistan prepara nuove atomiche "
Il Pakistan sta rafforzando i propri arsenali nucleari usando i soldi degli americani. È l’allarme lanciato dal Congresso degli Stati Uniti secondo cui Islamabad si starebbe dotando di nuove e più moderne testate atomiche. L’indicazione contenuta in un dossier riservato conferma quanto detto giorni fa dal capo di stato maggiore Mike Mullen nel corso di un’audizione congiunta con il segretario alla Difesa Robert Gates. «Avete prove di un rafforzamento degli arsenali nucleari da parte del Pakistan?» ha chiesto loro la commissione del Senato. «Sì», ha risposto categorico l’ammiraglio.
Capitol Hill teme che i soldi stanziati da Washington in favore del presidente Asif Ali Zardari possano così essere usati per produrre bombe ad alto contenuto di uranio. Inoltre, secondo il dossier Islamabad starebbe mettendo a punto una serie di reattori destinati a fabbricare una nuova generazione di testate al plutonio. Bruce Riedel, esperto di Brookings Institution e uno degli autori del rapporto sulla nuova strategia in Afghanistan e Pakistan commissionato da Barack Obama, sostiene che il Pakistan «ha la maggiore concentrazione mondiale di terroristi per metro quadrato, mentre il suo programma nucleare sta crescendo a una velocità che non ha eguali altrove».
Il timore che le atomiche di Islamabad finiscano nelle mani sbagliate ha spinto gli Usa a stanziare cento milioni di dollari per garantire la messa in sicurezza degli arsenali (dalle 80 alle 100 testate, secondo l’intelligence). Il pericolo è rappresentato non solo dalle forze talebane, protagoniste di una minacciosa avanzata verso la capitale dalla valle dello Swat, ma anche da Al Qaeda e dalle cellule jihadiste infiltrate negli apparati statali deviati. Il Congresso inoltre sta considerando di inviare tre miliardi di dollari nei prossimi cinque anni per addestrare e armare i militari pakistani contro i movimenti ribelli, mentre sono previsti aiuti alla popolazione civile per 7,5 miliardi.
Il timore è che i fondi destinati alle attività di anti-terrorismo siano invece dirottati verso i programmi nucleari su cui già lavora Islamabad. La dimensione e la velocità alla quale il Pakistan sta rafforzando gli arsenali atomici non son chiare: «Abbiamo però riscontrato un ampliamento numerico delle centrifughe», avverte David Albright, direttore dell’Institute for Science and International Security. «L’amministrazione Bush - prosegue - ha voluto chiudere un occhio su un rischio che poteva essere evitato».
Obama da parte sua punta alla riduzione delle armi nucleari nel mondo attraverso l’ampliamento del trattato di non proliferazione al quale però Pakistan, India - grande rivale di Islamabad - e Israele non hanno mai aderito. Ecco perché gli Stati Uniti si starebbero preparando al peggio, ovvero a un blitz di precisione per mettere al sicuro gli arsenali atomici nel caso in cui il Paese rischi di cadere sotto il controllo degli estremisti. Secondo l’intelligence la missione è affidata al Joint Special Operations Command con base a Fort Bragg, in North Carolina. Ogni unità, composta da elementi selezionatissimi, dovrebbe disinnescare un ordigno, per poi radunarli tutti in un luogo sicuro prima che le forze ostili assumano il controllo del Paese.
La STAMPA - Syed Saleem Shahzad : " Tra i dannati dello Swat "
L’esercito pakistano sforna trionfali bollettini di vittoria nella valle dello Swat, ma sul campo non è chiaro quanto siano estesi i successi contro la guerriglia talebana e il numero degli sfollati, prima vittima delle ostilità, ha raggiunto i due milioni e 200 mila. Secondo il commissario provinciale per i rifugiati, Jamil Amjad, «i campi sono oramai al punto di saturazione e molta gente disperata sta già tornando nelle città», ancora martellate dai raid aerei.
I comunicati di Islamabad parlano di 800 militanti islamici uccisi, su una forza complessiva stimata in 7000 guerriglieri. Tra sabato e ieri i militari hanno ripreso due città chiave cadute in mano agli studenti coranici, Peochar e Imam Dheri, ma non c'è ancora nessun segno che l’esercito sia riuscito a mettere con le spalle al muro capi carismatici come il Mullah Fazlullah. E il punto interrogativo si è ingigantito quando ieri la villa del leader del partito al governo Awami National Party è saltata in aria, mentre due suoi fratelli e un nipote venivano rapiti dai taleban.
«Non sappiamo chi sta vincendo e chi sta perdendo - racconta Rahim Buksh, del distretto di Buner, finito nel campo profughi Yar Hussain a Swabi, nella provincia del Nord-Ovest-. Finora abbiamo visto soltanto attacchi dal cielo, elicotteri che bombardavano tutto. Una mattina hanno lanciato volantini per avvertirci che l’esercito stava per entrare in città, ma nessuno ha visto soldati. I raid hanno distrutto vari edifici, ma non hanno colpito i taleban. Avevano già saccheggiato tutto, a partire dalle banche, uffici governativi e delle organizzazioni non governative. Quello che non hanno potuto portar via l’hanno bruciato. Non ci restava che scappare».
I civili si sentono abbandonati. Durante le operazioni, il governo della Provincia del Nord-Ovest non si è fatto vedere. Durante i combattimenti più duri non è stato neanche allestito un servizio di trasporti di emergenza per trasferire gli sfollati. Migliaia di persone non potevano pagare i prezzi esorbitanti degli autobus privati che raggiungevano le diverse città della Provincia più lontane dalla linea del fronte, dove i funzionari delle Nazioni Unite (Unhcr) li radunavano per portarli nei campi.
Ong come la Peace and Social Welfare Department hanno cercato di colmare alcune lacune. «Altri rifugiati stanno arrivando dallo Swat, dal Buner, dal Dir e dallo Shangla, sono la priorità - spiega Mohammad Kamran, un volontario -. Per questo non distribuiamo più i coupon per il cibo agli sfollati da Bajauar». La crisi sta diventando ingestibile, specie dopo l’attacco al capoluogo dello Swat Mingora. Ufficiali governativi, nell’anonimato, confessano che non sanno come fare, e non hanno risorse sufficienti per gestire il fiume in piena di sfollati.
Una prima ondata di 500 mila sfollati era arrivata dopo le operazioni a Bajuar e Mohmand. Un altro milione e mezzo era affluito quando l’esercito si era spinto più a fondo nella valle dello Swat e nel distretto del Basso Dir, mandando in tilt le retrovie. Altri 200 mila si sono aggiunti negli ultimi giorni. Solo la solidarietà della gente ha evitato un disastro. Il colonnello in pensione Nisar Khan, ora volontario della Mezzaluna rossa spiega che «tutti i leader tribali dello Swabi si sono seduti a discutere con noi. Tutto quello che gli abbiamo chiesto ce lo hanno fornito. Soltanto con l’aiuto della comunità locale potremo riuscire a gestire questa emergenza».
La gente del Pakistan è solita farsi in quattro nelle situazioni di emergenza, come si è visto durante le ricorrenti crisi nel Kashmir. Ma sono reazioni anche molto emotive. In genere, dopo tre o quattro mesi la solidarietà evapora. La crisi umanitaria nella Provincia del Nord Ovest è tra le più gravi vissute dal Pakistan nella sua storia costellata di guerre, molto più grave delle crisi in Kashmir, soprattutto per il numero di senza tetto. Non è per niente chiaro quando le operazioni militari finiranno e soprattutto se stanno effettivamente procedendo nella direzione sbandierata a Islamabad. Finché la guerra nelle difficili valli del Nord-Ovest va avanti, per i civili in fuga non c’è nessuna speranza di tornare alle loro case. E la solidarietà della gente potrebbe presto esaurirsi, senza che il governo abbia ancora mostrato con che cosa sostituirla
CORRIERE della SERA - " Il fratello di Karzai esce illeso da un agguato "
KABUL — Ahmad Wali Karzai, fratello minore del presidente afghano Hamid Karzai e capo del consiglio provinciale di Kandahar, è uscito illeso da un attacco contro il suo convoglio compiuto ieri nell’Afghanistan orientale. Una delle sue guardie del corpo, 22 anni, è rimasta uccisa. L’agguato è scattato mentre Ahmad Wali Karzai stava rientrando dalla provincia di Nangarhar dove aveva incontrato il governatore provinciale. Il suo convoglio è stato assalito da un gruppo di miliziani, armati di fucili e lanciagranate, sulla strada che collega Jalalabad a Kabul. L’attacco è stato rivendicato dai Talebani: il portavoce Zabiullah Mujahid ha detto che i suoi uomini sapevano che Karzai viaggiava in quel convoglio. Ahmed Wali Karzai è una figura politica influente e discussa nel Sud del Paese, accusato da media locali e internazionali (tra cui il New York Times) di connivenze con il traffico dell’eroina. È già sfuggito a numerosi attentati: l’ultimo, a Kandahar ad aprile, ha provocato 17 morti.
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