sabato 03 maggio 2025
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



Clicca qui






Corriere della Sera - La Stampa Rassegna Stampa
12.05.2009 Adesso un critico di nome Romano ce l'ha. Basterà per fargli fare le valigie ?
poi il solito Man(zella), che abbiamo accoppiato a Romano

Testata:Corriere della Sera - La Stampa
Autore: Sergio Romano - Igor Man
Titolo: «Le molte anime del sionismo, Dialogo con Dan Segre - Una capitale troppo santa»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 12/05/2009, a pag. 43, la risposta di Sergio Romano ad un lettore dal titolo " Le molte anime del sionismo, Dialogo con Dan Segre " e dalla STAMPA, a pag. 5, l'articolo di Igor Man dal titolo " Una capitale troppo santa " preceduti dal nostro commento.

CORRIERE della SERA - Sergio Romano : " Le molte anime del sionismo, Dialogo con Dan Segre "

Oltre ad essere velenoso, Sergio Romano è anche furbo, Dan Segre non è "un lettore" qualsiasi, è stato, come altri (trai quali chi scrive), un buon amico di Romano, prima che.... diventasse quello che è diventato. Il momento del passaggio è stata la pubblicazione di " Lettera a un amico ebreo", da quel momento in poi Sergio Romano si è trasformato in quello che conosciamo. Ecco perchè la lisciata di pelo iniziale. Una critica anche da Dan Segre !  anche se espressa con toni molto attenuati, la critica c'è. Se si è mosso anche Dan segre, chissà che qualcuno al CORRIERE della SERA cominci a prendere sul serio la dose di veleno che sempre più spesso Romano inietta a Israele. Ci ricordiamo la domanda del precente direttore, " certo, se protestasse qualcuno con un nome importante..." Adesso quel qualcuno c'è, succederà qualcosa ? staremo a vedere.

Ho riflettuto sulla sua risposta a Stanley Feiwell. Una società forte e in formazione come Israele può sempre trarre vantaggio dalle critiche. Credo di poter affermare che il sionismo non ha trapiantato in Israele un irredentismo di «terra e sangue». È stato influenzato dal nazionalismo romantico europeo. Ma né i «sognatori del ghetto», né i socialisti che hanno creato e sviluppato lo Stato, né le masse religiose di immigranti dai Paesi arabi, né gli ortodossi stessi, ostili al sionismo, hanno fatto loro l’idea del «sangue e della terra». Persino i coloni più radicali hanno sempre considerato idolatra l’idea di santificare il popolo attraverso la terra e il sangue. Non pochi credono di poterlo fare attraverso il ritorno alla terra.
Quelli che hanno pensato di farlo a scapito dei palestinesi nelle zone occupate non rappresentano un gruppo significativo. Non ne fa parte l’attuale dirigenza nazionalista religiosa, convinta come la maggioranza dell’elettorato, che un «grande
Israele» sia irrealizzabile e pericoloso. L’evacuazione di Gaza lo dimostra. Ancor meno crede nell’efficacia delle armi dopo le operazioni contro gli Hezbollah del Libano e di Hamas a Gaza. Pensa che le vecchie formule di trattativa di pace siano illusorie. Cerca vie nuove, forse irrealistiche, ma non ispirate da un’ideologia di «sangue e terra». Mi sembra dunque onesto concederle il beneficio del dubbio. Analisi necessariamente brevi e puntuali come la sua possono indurre a pensare che il movimento nazionale ebraico sia identificabile con nazionalismi europei che degli ebrei e del sionismo sono stati i peggiori nemici.

Dan V. Segre, Gerusalemme

Caro Segre,

A
i lettori che non la cono­scono (pochi, ne sono certo) debbo dare qual­che notizia che renderà la sua lettera ancora più interessan­te. Lei ha fatto una scelta sioni­sta nel 1938, all’età di 16 anni, quando si è imbarcato a Trie­ste su una nave per la Palesti­na. Ha lavorato in un kibbutz,
ha combattuto con gli inglesi nella Legione ebraica, ha risali­to la penisola con gli Alleati, ha preso parte alla prima guer­ra arabo-israeliana ed è stato uno dei primi diplomatici in­viati all’estero dal nuovo Stato. Più tardi, dopo un tragicomico scandalo da cui uscì trionfan­te, lei si è diviso fra mestieri di­versi: professore universitario, scrittore, saggista, giornalista. Ha descritto il Medio Oriente per i lettori del Corriere e del
Giornale.
E ha raccontato la sua vita in due libri («Memorie di un ebreo fortunato», «Il bot­tone di Molotov») che sono, con i ricordi di Augusto Segre e quelli recenti di Arrigo Levi, piccoli capolavori di letteratu­ra autobiografica.
Comincio dall’ultimo punto della sua lettera. È paradossale che un certo sionismo possa as­somigliare a quei nazionalismi europei di cui le principali vitti­me furono, per l’appunto, gli ebrei. Ma il paradosso appartie­ne
alla storia di una ideologia che si è progressivamente dif­fusa, dopo la rivoluzione fran­cese, provocando guerre san­guinose fra Stati che si erano contagiati a vicenda con lo stes­so morbo. Zev Jabotinskij, uno dei maggiori protagonisti della destra sionista, non poteva ignorare che l’amicizia del fasci­smo per il suo movimento era, nella migliore delle ipotesi, strumentale, e che il nazismo era nemico degli ebrei. Ma fu attratto in alcuni momenti da modelli che sembravano ri­spondere alle sue strategie.
In realtà nel sionismo vi so­no molte anime. Quella che lei ha descritto è l’anima del sioni­smo mazziniano e socialdemo­cratico dei fondatori dello Sta­to. Ma vi è anche un sionismo radicale che nasce dalle conce­zioni di Jabotinskij, passa attra­verso l’organizzazione giovani­le Betar, le cellule clandestine dell’Irgun Zwai Leumi, il parti­to Herut, costituito da Mena­chem Begin dopo la proclama­zione dello Stato, il partito Gahal, nato dalla fusione tra Herut e i nazional-liberali, e in­fine il partito Likud, creato nel 1973 da Sharon e Begin. Jabo­tinskij,
quindi, è il capostipite di una dinastia nella quale figu­rano alcuni dei maggiori uomi­ni politici israeliani: Begin, Ytzhak Shamir, Benjamin Ne­tanyahu e, benché appartenga a un partito diverso, Avigdor Liebermann, da poco ministro degli Esteri: tutti, in un modo o nell’altro, contrari alla crea­zione di uno Stato palestinese. Lei ha ragione quando de­scrive le opinioni ragionevoli della maggioranza degli israe­liani. Ma il sionismo radicale ha finito per dettare o condi­zionare le strategie dello Sta­to. Lo dimostra il fatto che nessun governo abbia potuto o voluto interrompere gli in­sediamenti coloniali nei terri­tori occupati. Credo che con il ritiro da Gaza Sharon voles­se soltanto «gettare zavorra», vale a dire sbarazzarsi di un territorio dove 20.000 soldati israeliani erano impegnati nella protezione di 8.000 colo­ni. A questo punto, caro Se­gre, non ci rimane che atten­dere i risultati della visita di Netanyahu a Washington nei prossimi giorni. Mi auguro che diano ragione alle sue analisi e alle sue speranze.

La STAMPA - Igor Man : " Una capitale troppo santa "

Riferendosi al piano di costruzione di parchi a Gerusalemme, Man(zella) scrive : " Il progetto ha una sua logica che coniuga urbanistica e politica territoriale. Ha solo il torto di ricordare una volta ancora al colto e all’inclita che «è stata la capitale del popolo ebraico (per tremila anni) e resterà la capitale riunificata di Israele» ".  E se anche fosse ?Il progetto ha una logica urbanistica e basta. Non è un espediente per inglobare territori. Niente complotti. Inoltre Gerusalemme è la capitale di Israele, non è così strano che gli ebrei israeliani abbiano deciso di migliorarne l'aspetto urbanistico. In ogni caso, come scrive Man(zella) stesso," sotto la sovranità israeliana - ha aggiunto il portavoce -, i Luoghi Santi sono ben protetti (...) Il governo continuerà a sviluppare Gerusalemme per il bene della sua composita popolazione ".
Poi Man(zella) scrive : " I
palestinesi protestano e c’è, al solito, chi minaccia sfracelli. Di più: si ha l’impressione che Israele dia per scontato che Gerusalemme «è e sarà» la capitale (santa) dello Stato ebraico". Non è un'impressione. Israele HA come capitale Gerusalemme (forse Man(zella), troppo occupato a scrivere articoli carichi d'odio e bugie su Israele non se n'è accorto?), anche se i Paesi arabi si rifiutano di riconoscerlo.
Ecco l'articolo:

Con eccezionale tempismo, nel (preciso) momento in cui il Pontefice è ospite in Israele nell’evidente tentativo di limare le non poche asperità che guastano i reciproci rapporti, quelli che chiameremo «i biblisti» fanno esplodere il fino a ieri vago progetto urbanistico volto a definire lo status di Gerusalemme. Il progetto ha una sua logica che coniuga urbanistica e politica territoriale. Ha solo il torto di ricordare una volta ancora al colto e all’inclita che «è stata la capitale del popolo ebraico (per tremila anni) e resterà la capitale riunificata di Israele» giusta la dichiarazione (puntuale) del portavoce della municipalità di Gerusalemme. Ancora: «sotto la sovranità israeliana - ha aggiunto il portavoce -, i Luoghi Santi sono ben protetti (...) Il governo continuerà a sviluppare Gerusalemme per il bene della sua composita popolazione».
Secondo fonti giornalistiche bene informate, il progetto dei «parchi biblici» a Sud e a Est della città contesa, risale al settembre del 2005 quando capo del governo era Sharon. E risulta che allora, due anni prima dell’inutile conferenza di Annapolis, sparigliò le carte con la sua consumata destrezza, lasciando credere ai palestinesi che il progetto era «chiaramente urbanistico» e come tale capace di assicurare alla Città Santa «sviluppo e benessere». Invece, scoprono oggi, insieme con gli stessi israeliani, e grazie a una bene informata Ong, che i negoziatori israeliani (l’ex premier Olmert e Tzipi Livni) lasciavano credere alla controparte palestinese («per non irritarla») che avrebbe inglobato la zona del Santo Bacino - giusto per fare un esempio. Il progetto biblico, la sua divulgazione, coincidono con l’ambizioso progetto decennale di «rilancio» illustrato proprio in questi giorni dal sindaco di Gerusalemme capitale.
I palestinesi protestano e c’è, al solito, chi minaccia sfracelli. Di più: si ha l’impressione che Israele dia per scontato che Gerusalemme «è e sarà» la capitale (santa) dello Stato ebraico. Ben altri timori turbano un popolo affamato di pace. Uno su tutti: un blitz in Iran per distruggere i siti nucleari. Con tutte le conseguenze del caso. Nel 1956 in Israele i giovani cantavano: «Sempre in tre saremo/io, tu/ e la prossima guerra».

Per inviare la propria opinione a Corriere della Sera e Stampa, cliccare sulle e-mail sottostanti


lettere@corriere.it
direttore@lastampa.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT