Il leader del PD Franceschini dovrebbe fare un monumento al leghista Salvini, l'ideatore dei trasporti segregati a Milano. E' stata infatti la sua sciagurata proposta a far passare in secondo piano la gravità inaudita del richiamo alle leggi razziali del '38. Può darsi che Franceschini sia solo uno dei tanti ignoranti che affollano la scena politica, ma è più probabile invece che, di fronte allo sfacelo di una opposizione che non sa più a quale santo votarsi, abbia perso la testa, evocando un paragone non solo inaccettabile ma vergognoso e offensivo. Per fortuna c'è Fiamma Nirenstein, che sul GIORNALE informa con onestà su questo fatto disonesto. Anche su LIBERO e FOGLIO la dichiarazione di Franceschini viene criticata con toni adeguati. Lo stesso non si può dire di Amos Luzzatto, già presidente delle comunità ebraiche italiane, sempre pronto a scattare sull'attenti quando Mamma-Partito chiama. Un tempo avrebbe impersonato benissimo la figura dell'ebreo di corte, sempre pronto ad inchinarsi al volere del re. I re moderni , nelle democrazie, si chiamano partiti, e quando in tasca si ha una tessera, c'è chi è pronto a rispondere prima ancora che gli venga dato l'ordine di farlo. Sulla REPUBBLICA esce oggi una sua intervista. Fra i difensori di Franceschini anche Luigi Manconi, che trova corretto il paragone, sull'UNITA', ovviamente, quando mamma chiama picciotto risponde. Fra questi ultimi includiamo pure Gad Lerner, che su REPUBBLICA se la prende giustamente con Salvini, evitando però la patata bollente delle leggi razziali, anzi, facendo più degli altri, arriva a elogiare addirittura Francheschini per averle citate. Come ebreo di corte ruba l'Oscar persino a Luzzatto ! Pubblichiamo gli articoli citati:
Il GIORNALE- Fiamma Nirenstein: " Leggi razziali? Il Pd non infanghi la Shoah "
È umiliante che Franceschini abbia usato l’argomento delle leggi razziali riferendosi al ddl sulla sicurezza sul quale verrà richiesta la fiducia martedì mattina. Non fa piacere che il leader dell’opposizione in Italia diseduchi i giovani italiani circa la storia del proprio Paese, usandone titoli senza contenuto come specchi per le allodole. Il segretario del Pd ha reso una fra le nostre peggiori tragedie moneta corrente di una disputa politica che oltretutto è impropria e superata, perché sia sulla questione detta dei “medici spia” sia su quella dei “presidi spia” il governo ha promesso di correggere il provvedimento. Impossibile non essersene accorti. Quindi, tanto più l’osservazione di Franceschini è pretestuosa. Scrivo di questo argomento avendo firmato la cosiddetta lettera dei 101, che semmai ha dimostrato che obiezioni sollevate con chiarezza possono essere ascoltate e possono cambiare le cose. Non così i gorghi concettuali di Franceschini. Le leggi razziali dell’autunno 1938 furono in Italia la premessa necessaria alla delegittimazione degli ebrei in quanto cittadini italiani, e quindi li resero profughi pronti per le fauci della Shoah. I fascisti espulsero alcuni membri della mia famiglia dalla scuola, altri dal lavoro, mio nonno fu cacciato dalla banca in cui lavorava in posizione onorata. Fu vietato il matrimonio fra italiani ed ebrei; proibito avere alle proprie dipendenze domestici; vietato alle pubbliche amministrazioni, alle banche, alle assicurazioni e altre società private di avere dipendenti ebrei; furono chiuse la professione di giornalista e di notaio e altre libere professioni, ai ragazzi l’iscrizione alle scuole pubbliche, alle scuole fu proibito adottare libri di testo di autori ebrei. Fu vietato svolgere il servizio militare, esercitare il ruolo di tutore dei minori, essere titolari di aziende di interesse nazionale; essere proprietari di terreni o fabbricati al di sopra di un certo valore. Fu imposta la denominazione “razza ebraica” sui registri dello stato civile. Italiani di ogni ceto furono espulsi dal consesso nazionale, e la loro emarginazione anche sociale diventò premessa delle deportazioni. Il manifesto della razza del 15 luglio ’38 stabiliva che «gli ebrei rappresentano l’unica popolazione che non si è mai assimilata... diversi in modo assoluto dagli elementi che hanno dato origine agli italiani». In una parola: alcune decine di migliaia di italiani furono colpiti da provvedimenti discriminatori che li privavano della loro identità. Le motivazioni erano dichiaratamente razziali; infatti gli ebrei non erano mai stati un problema, né tantomeno erano una novità, in Italia fin dal 70 d.C. Erano una razza da estirpare, perché non erano “ariani”. Le leggi introdussero provvedimenti discriminatori fra veri e falsi cittadini italiani. I provvedimenti per la sicurezza si occupano di tutt’altro: il nuovo grande flusso di stranieri, il tema della clandestinità, quello dell’accesso nelle varie istituzioni italiane, quello della tassa di soggiorno, quello della sicurezza legato alla novità... Problemi concreti che ognuno, come si vede dalla varietà delle leggi, in gran parte molto severe, dei Paesi europei, risolve a modo suo, e nessuno di questi Paesi è fascista. Hanno semplicemente tutti in comune il tema della nuova immigrazione, della clandestinità, della sicurezza. Problemi per gli italiani, perché gli stranieri non sono italiani. Una pura tautologia che non contiene nessuna discriminante pregiudiziale. Ma solo formulando il pensiero che l’immigrazione di massa è una questione di cui occuparsi senza orpelli e infingimenti concettuali, noi tocchiamo un tabù della sinistra, e al contrario, Franceschini accusando chi se ne occupa di razzismo fa squillare una tradizionale chiarina. Ma mentre gli italiani, specie quelli che abitano nelle periferie urbane, in parte di sinistra, avvertono con generosità magari, e con sofferenza quotidiana la necessità di affrontare questo tema, i leader li abbandonano nel vuoto. Così nasce una discrasia pericolosa nella gente di sinistra fra un tema vero e il suggerimento inadeguato della sua leadership, che invece che di clandestini parla, stranamente, di leggi razziali. Ma in questo modo l’elettorato di sinistra resta privo di mediazione politica rispetto a un tema che è vita quotidiana. Non si stupisca, poi, Franceschini se il suo mondo sarà il più propenso a pensieri irrazionali, anche razzisti, contro i clandestini.
LIBERO - Caterina Maniaci : " Ebrei contro il Pd: 'Non strumentalizzi le nostre tragedie' "
Leggi razziali che tornano in Italia, come ai tempi del fascismo, camuffate da provvedimenti per la sicurezza? Paragone «improprio», «forzato», tragedie della storia «strumentalizzate» per contrapposizioni politiche. Ecco le reazioni di rappresentanti del mondo ebraico e israeliano alle dichiarazioni del segretario del Pd, Dario Franceschini, il quale, appunto, ha parlato di leggi razziali in merito alle misure del provvedimento governativo sulla sicurezza. Ma a replicare duramente a Franceschini è, tra i primi, lo stesso ministro dell’Interno Roberto Maroni , che accusa il leader Pd di dire «stupidaggini» e di essere «dalla parte dei mafiosi».
Davide Romano, segretario dell’associazione Amici di Israele, invita Dario Franceschini «a non evocare troppo facilmente tragedie che hanno segnato la vita e la memoria della comunità ebraica e del nostro Paese». Romano si dice, inoltre, «dispiaciuto del fatto che da anni si utilizzi la Shoah come strumento del dibattito politico. In passato ho dovuto polemizzare con il Pdci e, in misura minore, con il Prc, per i paragoni deliranti tra Israele e i nazisti. Da tali immondi paragoni alle bandiere bruciate il passo è stato purtroppo breve», sottolinea Romano.
«Non si possono banalizzare così tragedie storiche, come le leggi razziali»: lo sostiene anche Leone Paserman, presidente della Fondazione Museo della Shoah ed ex presidente della Comunità Ebraica di Roma. «E soprattutto non si dovrebbero utilizzarle a sproposito nell’ambito di una discussione politica», aggiunge Paserman, spiegando che «non si può negare che esista il pericolo, in Italia, di scivolare verso la xenofobia, ma il richiamo di Franceschini è molto forzato: le leggi razziali del 1938 , tra le altre cose, sono state adottate contro cittadini italiani, cosa che gli ebrei erano a pieno titolo. Questi paragoni sono sbagliati e fuorvianti».
IL FOGLIO - " Parole senza confini "
Dario Franceschini ha accusato il governo di voler reintrodurre dopo settant’anni le leggi razziali in Italia, in riferimento alle norme di contrasto all’immigrazione clandestina in discussione in questi giorni in Parlamento. Nel merito si tratta di un’evidente sciocchezza, che peraltro offende gli ebrei italiani, le vittime vere delle vere leggi razziali, i quali hanno espresso un’irritata protesta. C’è chi, pur rendendosi conto dell’enormità dell’accusa, la giustifica attribuendola alle esasperazioni tipiche dei periodi elettorali. Anche sul piano propagandistico, però, una mossa di questo tipo rischia di essere controproducente. Un esperto esponente del Partito democratico aveva un tempo osservato, in riferimento alla tattica dell’insulto adottata da Antonio Di Pietro, che se si fa una pernacchia al premier è vero che l’80 per cento della popolazione si irrita ma è altrettanto vero che il restante 20 per cento è sufficiente per espandere la popolarità di una formazione minoritaria. Già, ma il Partito democratico, proprio se non vuole diventare minoritario strutturalmente, non dovrebbe seguire questa strada. Sul piano strettamente politico, poi, la difficoltà a trovare un equilibrio tra fermezza e solidarietà umana, che anima anche la discussione interna al centrodestra, consiglierebbe a un’opposizione responsabile un’azione tesa a far prevalere le posizioni meno lontane dalle sue, invece di ricompattare la maggioranza con un attacco tanto frontale quanto immotivato. Più si riesce a depurare l’immigrazione di lavoro dalle pesanti infiltrazioni criminali più si può praticare una seria politica dell’accoglienza. Respingere i clandestini è una condizione per ampliare i necessari processi di integrazione (reciproca) tra comunità nazionale e immigrati regolari. Sono due facce della stessa medaglia, che, nonostante le esternazioni talora propagandistiche, sono ben presenti sia a Roberto Maroni sia a Gianfranco Fini. In questo bilanciamento di esigenze legittime l’opposizione democratica avrebbe, anche grazie all’esperienza concreta dei suoi amministratori, uno spazio reale per un apporto efficace. Spazio sprecato con inutili insulti.
LA REPUBBLICA- Alessandra Longo : " Io, vittima nel ´38, dico che oggi siamo al razzismo "
ROMA - Giusto il caso. Quando lo chiamiamo, Amos Luzzatto, già presidente delle Comunità ebraiche italiane, sta uscendo dalla metropolitana di Milano. Luzzatto, ha sentito? La Lega propone vagoni destinati esclusivamente ai milanesi... C´è silenzio. Poi questo ottantenne giramondo, innamorato del dialogo, «ebreo di sinistra», come lui stesso si definisce nella sua biografia «Conta e racconta», esplode in un commento secco: «Ma questo è razzismo puro!». Forse una volta Luzzatto si sarebbe prudentemente fatto leggere le agenzie di stampa, avrebbe pensato ad uno scherzo, ma oggi l´aria che tira porta a credere subito che la proposta del leghista Salvini non sia affatto una boutade. «In un certo senso – chiosa il professore con ironia amara – anch´io violerei la legge viaggiando in metro. Sono residente a Venezia...».
Luzzatto, per la verità, prima di quest´ultim´ora, volevamo chiederle che cosa ne pensa dell´uscita di Dario Franceschini. Ha fatto bene il segretario del Pd a evocare le leggi razziali commentando la normativa di governo sulla sicurezza?
«Conosco Franceschini e penso che sia una persona attenta, equilibrata. So che a Ferrara, sua città natale, ha rapporti molto amichevoli, stretti, con alcune famiglie storiche della comunità ebraica. E questo può aver influito sulla sua percezione del clima».
La maggioranza ha definito "farneticanti" le sue dichiarazioni sul pericolo di un ritorno alle leggi del ´38.
«Scusi, capiamoci bene. Mi sembra che Franceschini non abbia detto: "La normativa sulla sicurezza è come le leggi razziali", non ha fatto un´equazione, non ha offeso la tragedia della Shoah, si è limitato a ricordare un capitolo della storia italiana. E la storia è questa: il primo provvedimento in assoluto che fu preso nel ´38 riguardò proprio la scuola. E io me lo ricordo bene. Fui una delle vittime di allora. Avevo 10 anni ed ero orgogliosissimo di aver superato gli esami di ammissione al ginnasio. Due mesi dopo la mia prova – ero stato il migliore della sessione – mi hanno detto: "Lei non può più andare a scuola". Ero un "giudeo", un termine che racchiudeva in sé tutto il disprezzo e il disgusto possibili. Un amica di mia madre disse che il Duce lo aveva fatto "anche per il nostro bene...". Quello che voglio dire è che capisco il meccanismo che ha fatto scattare Franceschini. Si cominciò con i bambini, furono i primi a soffrire moralmente e materialmente».
Naturalmente la maggioranza nega che nell´impianto del disegno di legge sulla sicurezza ci siano ingredienti razzisti e discriminatori...
«C´è un clima di insorgente razzismo e questo è un fatto. Ripeto: Franceschini si è limitato a ricordare quel che è successo nel nostro passato. Adesso non si può più nemmeno ricordare? Sono farneticante io o quelli che pensano di costringere medici e insegnanti a denunciare i figli dei clandestini? Io, con la mia storia, dico che mi sento vicino ad ogni bambino cui possa venir detta una cosa come questa: "Fuori di qui. Non hai titolo a sederti sui banchi di scuola". Ogni provvedimento, diretto o indiretto, che coinvolga l´infanzia riporta fatalmente a ferite che abbiamo già avuto».
Fiamma Nirenstein definisce "scandalosa" l´evocazione delle leggi razziali.
«Non è neutra. E´ una deputata che appartiene all´altro schieramento».
LA REPUBBLICA - Gad Lerner : " Da Lampedusa all'apartheid "
Chi saranno i milanesi doc aventi diritto a posti riservati sui mezzi pubblici, nella greve fantasia del leghista Matteo Salvini? Bisognerà esserci nati, a Milàn (come usano chiamarla sul giornale di partito), o basterà la residenza?
E i brianzoli, i monzesi, perfino i sestesi che detengono il capolinea del Metrò fuori dai confini comunali, vorremo mica escluderli, in fondo sono pure loro dei poveri padani, vero? Basterà la residenza per accedere al diritto di tutela, e pazienza se ne approfitterà qualcuno nato troppo lontano dalla Madonnina, oppure il controllore Atm verrà incaricato di esaminarci il dna?
La provocazione calcolata di un capolista della Lega Nord alle prossime elezioni europee, già resosi noto per i volantinaggi di fronte alle chiese contro l´arcivescovo Tettamanzi - a propagandare un Vangelo per soli lumbard - e per avere paragonato i rom a topi, come tali da derattizzare, è un´avvertenza precisa. Il partito di Bossi investe il suo futuro politico su una riforma complessiva del diritto in senso discriminatorio. Agli immigrati non si vogliono negare solo i diritti politici legati alla cittadinanza, ma anche i diritti civili fondamentali, in una sorta di riedizione dell´apartheid.
Introducendo nel lavoro il criterio della "preferenza nazionale" in luogo della parità di trattamento a parità di contributi e versamenti. Con il "tetto" di presenze straniere nelle scuole. E ciò per i regolari dotati di permesso di soggiorno. Gli irregolari (che in Italia sono più numerosi che altrove a causa dell´economia sommersa e degli ostacoli posti alla loro emersione) vengono invece condannati a vivere nella paura.
Salvini ha voluto scandalizzare gli stessi alleati del Pdl che martedì prossimo verranno chiamati a votare la fiducia sul decreto sicurezza, con cui s´introduce nel nostro ordinamento il reato di immigrazione clandestina. In seguito al quale tutti i pubblici ufficiali - presidi e medici compresi - saranno tenuti a procedere d´ufficio nella segnalazione di chi non è in regola. Non solo la Lega vuole trascinare un Pdl renitente a sottoscrivere questa promessa elettorale, ma vuole connotare quel voto drammatizzandolo all´insegna del razzismo.
L´anticipazione di un comportamento che nega l´umanità stessa dei migranti, e quindi i doveri fondamentali di soccorso e di cura nei loro confronti, lo ha rivendicato sempre ieri il ministro Maroni: riconsegnare alle autorità libiche tutti i disperati del Canale di Sicilia - senza curarsi di quel che succederà loro - stravolge e mortifica l´etica stessa del soccorso marittimo e le Convenzioni che regolano i diritti dell´uomo. Già da qualche settimana a Lampedusa s´era notato che le motovedette non partivano più in soccorso dei natanti in difficoltà, facilmente individuabili sui radar: ora abbiamo capito che si trattava di un´indicazione venuta dall´alto. Disonorevole per il nostro paese, e inutile perché il flusso dall´Africa troverà presto vie nuove per raggiungere le coste europee. Chi fugge dalla fame e dalle persecuzioni, disposto a affrontare traversate rischiosissime, non si lascerà certo spaventare da un ministro col fazzoletto verde. Mentre dal 15 maggio, quando entrerà in vigore l´accordo italo-libico, sarà un dovere di civiltà vigilare sulla sorte delle persone trattenute nel deserto e negli altri campi di prigionia dagli agenti di Gheddafi.
Dai tram milanesi alle spiagge di Lampedusa, la Lega vuole confermarci nelle nostre più pessimistiche previsioni. Evocando, come già fece "Famiglia Cristiana", il piano inclinato che ci riporta verso le leggi razziali, Dario Franceschini non avrà forse conseguito maggiore popolarità. Ma gli sia reso il merito di non avere fatto calcoli di marketing.
L'UNITA'- Luigi Manconi : " Sono leggi razziali che discriminano i cittadini sulla base dell’identità etnica "
La definizione di Dario Franceschini («leggi razziali») a proposito di alcune norme, già approvate o contemplate dal disegno di legge sulla sicurezza, ha suscitato scandalo. Alle reazioni furibonde del centrodestra («vaneggiamenti») si è accompagnato un qualche imbarazzo nel centrosinistra: forse si esagera un po’, signora mia. E invece, se l’evocazione storica può risultare problematica, le implicazioni giuridiche e sociali di quelle norme non lo sono affatto.
Sì, siamo in presenza di «leggi razziali». Nel senso che si tratta di norme che discriminano tra i cittadini in base alla loro identità etnica. Basti pensare alla cosiddetta «aggravante di clandestinità». Essa si applica a qualunque reato, per il solo fatto di venire commesso da un migrante irregolare, anche in assenza di alcuna relazione con la condotta a lui contestata e con il bene giuridico protetto leso da quel reato. Non meno discriminatoria la norma che qualifica come fattispecie penale quello che oggi è un mero illecito amministrativo, ovvero il soggiorno e l’ingresso irregolari nel territorio dello Stato. Si tratta di una norma in primo luogo inefficace (perché non fa che gravare i tribunali di processi destinati a concludersi con la prescrizione o con l’espulsione): e, soprattutto, dotata di una fortissima valenza culturale e simbolica. Ciò che viene punito, infatti, non è un comportamento, ma la circostanza tutta soggettiva di essere straniero e non in regola: responsabile soltanto, magari, di non aver rinnovato il permesso di soggiorno in tempo utile.
Si consideri poi che la norma si applica anche ai minori ultraquattordicenni imputabili, che peraltro - non potendo essere espulsi - saranno tra i pochi a subire un processo. Come si vede queste due norme hanno un tratto comune. In spregio al principio garantista e liberale che concepisce il diritto penale come diritto del fatto e non dell’autore, si incrimina non un (o si aggrava la pena non per un) comportamento ma si sanziona uno status amministrativo, quale appunto la condizione di regolarità. Se non sono «leggi razziali», queste, cos’altro sono? Né più né meno che altrettanti meccanismi di produzione di intolleranza per via istituzionale.
P.s. A proposito: ma perché tutti, proprio tutti (dal Tg1 ad AnnoZero) utilizzano il termine «clandestino» per definire chi, almeno finora, è semplicemente non regolare? A furia di stigmatizzare il «politicamente corretto», è fatale che si caschi nella trivialità dei concetti, oltre che delle parole.
Per inviare la propria opinione a Giornale, Libero, Foglio, Repubblica e Unità, cliccare sulle e-mail sottostanti