Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Afghanistan-Pakistan: continua l'avanzata dei talebani Razzi su Kabul, occupato un villaggio vicino a Islamabad, spie in Germania
Testata:Corriere della Sera - Libero - Il Manifesto Autore: Paolo Valentino Titolo: «In Pakistan la situazione è fragile - Taleban occupano villaggio vicino a Islamabad - Razzi talebani su Kabul per punire la festa pagana - I talebani hanno spie in Germania»
Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 01/05/2009, a pag. 17. l'articolo di Paolo Valentino dal titolo " In Pakistan la situazione è fragile ", dal MANIFESTO, a pag. 10, la breve da titolo " Taleban occupano villaggio vicino a Islamabad " sui talebani in Pakistan. Da LIBERO, a pag. 18, l'articolo di Maria Paola Gianni dal titolo " Razzi talebani su Kabul per punire la festa pagana ", dal CORRIERE della SERA, a pag. 17, l'articolo dal titolo " I talebani hanno spie in Germania " sui talebani in Afghanistan. Ecco gli articoli:
CORRIERE della SERA - Paolo Valentino : " In Pakistan la situazione è fragile "
WASHINGTON — Uno dei passaggi più drammatici della conferenza stampa di Barack Obama, mercoledì sera, è stato quello dedicato al Pakistan. Il presidente americano ha definito «molto fragile» il governo di Islamabad e ha espresso una certa preoccupazione anche per la sicurezza dell'arsenale nucleare del Paese islamico, dove le bande dei Talebani stanno mettendo in croce l'esercito regolare. Quasi un desiderio ad alta voce, Obama si è detto «fiducioso » che le armi atomiche pakistane siano al sicuro, poiché «i militari riconoscono l'azzardo e i rischi, nel caso dovessero cadere nelle mani sbagliate ». Ma, nell'immediato, ad allarmare la Casa Bianca è soprattutto l'apparente incapacità del governo del presidente Zardari di «garantire il rispetto della legge e fornire servizi essenziali alla popolazione come l'educazione e l'assistenza sanitaria », con la conseguenza che «è molto difficile per loro conquistarsi l'appoggio e la lealtà della popolazione». Obama ha ricordato che a questo scopo la sua Amministrazione ha stanziato nuovi aiuti al Pakistan per 1,5 miliardi di dollari. In cambio, il governo americano si aspetta che Zardari, in visita a Washington la prossima settimana, si concentri con forza e determinazione nella lotta ai Talebani. Cercando una piccola nota di ottimismo, Obama ha detto che «il governo di Islamabad comincia a riconoscere che l'ossessione con l'India, come pericolo mortale per il Pakistan, sia fuorviante e che la vera minaccia oggi venga dall'interno». La conferenza stampa dei cento giorni ha mostrato un leader determinato, sereno anche se un po' «sorpreso» dal numero e dalla contemporaneità di temi critici che si è trovato davanti sin dall'inizio del mandato: «In genere un presidente ha davanti due o tre grandi problemi, noi ne abbiamo sette o otto enormi e dobbiamo muoverci in fretta», ha detto Obama, lodando però la pazienza degli americani e ricordando che «la nave dello Stato è un transatlantico, non un motoscafo veloce». Dunque, «le conseguenze di ciò che stiamo facendo non si vedranno tra una settimana o 3 mesi, ma fra tre, dieci o vent’anni». Alla domanda su cosa lo abbia «inquietato» di più nei primi cento giorni, Obama ha risposto: «La partigianeria politica di Washington anche quando siamo in mezzo a grandi crisi». Sull'Iraq, il presidente ha negato che l'ondata di violenza registrata nelle ultime settimane metta i discussione il calendario del ritiro, che vuole tutte le truppe da combattimento americane fuori entro il 2010. E' vero, ha ammesso Obama, ci sono stati «attentati spettacolari », ma «il numero di morti civili e gli atti di violenza rimangono bassi rispetto a quanto succedeva ancora un anno fa». La strada maestra rimane quella di lavorare con le autorità irachene, per il completo passaggio nelle loro mani di ogni responsabilità di sicurezza. Per la prima volta Obama ha anche ammesso, sia pure indirettamente, che l'Amministrazione Bush abbia autorizzato la tortura: «Il waterboarding è tortura. E' stato un grave errore». E il presidente ha anche rovesciato l'argomento usato per attaccarlo dall'ex vicepresidente Cheney, secondo il quale l'uso delle «tecniche avanzate» avrebbe consentito di ottenere preziose informazioni: «La domanda da farsi è piuttosto se quello fosse l'unico modo di ottenerle. Nessun rapporto d'intelligence mi ha convinto che quei metodi fossero necessari».
Il MANIFESTO - " Taleban occupano villaggio vicino a Islamabad "
Non accenna a diminuire la tensione in Pakistan, dove negli ultimi giorni c'è stata una recrudescenza del conflitto tra i Talebani e le truppe di Islamabad. Secondo quanto riferito durante una conferenza stampa da Athar Abbas, il portavoce dell'esercito, la popolazione della città di Sultanwas, distante solo pochi chilometri dalla capitale, sarebbe ostaggio dei Talebani, i quali impedirebbero agli abitanti di lasciare le loro case per mettersi in salvo. Nonostante queste notizie non certo positive per il governo guidato da Asif Ali Zardari, il presidente pakistano, il portavoce dell'esercito, citato dall'emittente 'Geo Tv', ha comunque espresso grande soddisfazione per l'andamento dell'offensiva militare nelle aree tribali.
LIBERO - Maria Paolo Gianni : " Razzi talebani su Kabul per punire la festa pagana "
Lo scoppio è assordante. Anche per noi giornalisti, che siamo a solo un chilometro di distanza, al campo Invicta italiano di Kabul. La deflagrazione avviene alle 5 locali del mattino dello scorso 28 aprile (ore 7.30 italiane). Due razzi tirati con tubi di lancio artigianali colpiscono la vicina base multinazionale di Camp Warehouse, impattando all’interno del compound francese. Qui si trovano circa venti militari italiani dello staff del Regional Command Capital, a guida francese. Per fortuna nessun soldato italiano è coinvolto nell’accaduto. A Campo Invicta di Kabul, guidato dai nostri instancabili militari italiani, dove siamo ospitati con tutte le attenzioni possibili del caso, in molti si svegliano per il forte rumore. L’allerta parte all’istante, ma per fortuna la nostra base è ben protetta e sicura. I due razzi stanno a significare il “buongiorno” dei contestatori della festa del Muhahiddin, che segna l’anniversario della liberazione di Kabul dalla dominazione sovietica, avvenuta, appunto, il 28 aprile di 17 anni fa. Una data a rischio, perché come spiega il colonnello Lucio Gatti, del 3° reggimento alpini di Pinerolo, a capo di Camp Invicta, “queste ricorrenze, molto sentire, sono occasioni importanti per terroristi e contestatori in genere, che vogliono fare chiasso e finire sulla stampa. E la minaccia di razzi a Kabul come in tutto l’Afghanistan, il paese più impervio dove ho operato, è sempre presente”. Ma la contestazione della scorsa mattina non è stata isolata. Già il giorno prima, infatti, e precisamente lunedì 27, nel pomeriggio, si sono verificati altri scontri tra gli “insurgents” e le forze di sicurezza afgane che hanno causato feriti e vittime tra i contendenti. L’attacco è avvenuto nel distretto di Musahi, a circa 25 chilometri a sud della capitale, poco distante dal villaggio di Guldara. “Come sempre eravamo pronti a intervenire”, spiega il colonnello Gatti, “ma il generale comandante della polizia afghana della fascia rurale di Kabul ci ha detto che non era necessario un supporto diretto alle operazioni. A volte far confluire troppe forze di polizia in una sola area può essere controproducente”. Anche questa volta noi giornalisti eravamo molto vicini al luogo degli scontri, a soli tre o quattro chilometri, perché ci trovavamo nel Foward operating base “Sterzing” (così chiamato dal nome del 5° reggimento Alpini che l’aprì nel 2007). Oltre alla sottoscritta, c’era una troup della Rai che sta girando un documentario sugli alpini e un’altra collega della carta stampata. Sentivamo chiaramente le raffiche di mitra, i mortai e gli elicotteri afgani, tutti concentrati nell’area degli scontri. Sentivamo dalla Fob, ma non vedevamo nulla, perché per motivi di sicurezza i nostri militari ci hanno fatto “accomodare” in una sorta di bunker. In pratica tutta la base appare come tale, barricata, area per area, da enormi cubi pieni di sabbia e pietre afgane: un fortino impenetrabile e di certo molto sicuro. Le forze di sicurezza afgane hanno richiesto in un secondo tempo il supporto degli alpini della base operativa avanzata, intervenuti insieme ad altri miliari della coalizione nella valle di Musahi. Grazie anche all’intervento dei militari italiani, le forze afgane incalzate sono riuscite a respingere l’attacco. Per motivi di sicurezza siamo rimasti per alcune ore dentro il bunker, pronti mentalmente a restarci per tutta la notte, o chissà quanto. L’area circostante non era infatti sicura. Poi, per fortuna, l’allarme è rientrato. Siamo ripartiti in piena notte per raggiungere Camp Invicta. Alcuni tratti percorsi anche a luci spente, ma con l’utilizzo di particolari visori, attraversando aree sterrate e collinari. Mezzi anti-mina Vtlm “Lince”. Con ammortizzatori a prova di bomba (in tutti i sensi), visti i percorsi davvero improbabili. Ma alla fine siamo arrivati sani e salvi.
CORRIERE della SERA : " I talebani hanno spie in Germania "
BERLINO — I talebani devono avere spie ben piazzate in Germania che permettono loro di organizzare attacchi contro obiettivi tedeschi in Afghanistan. Questo, almeno, è il sospetto sollevato da un funzionario dell’intelligence occidentale a Kabul alla luce dell'ultimo attentato di mercoledì contro un gruppo di soldati tedeschi (un morto), coinciso con l'arrivo in Afghanistan del ministro degli Esteri Frank-Walter Steinmeier. Nonostante la segretezza che ha accompagnato il viaggio del ministro, sembra infatti che i talebani sapessero «quasi tutti i particolari» del suo programma. I talebani attingerebbero le loro informazioni dagli ambienti dell'estremismo islamico in Germania. «Non sappiamo ancora come, ma i talebani hanno dimostrato di avere le orecchie nei posti giusti», ha detto la fonte all’agenzia di stampa tedescaDdp. Un sospetto rafforzato anche da un altro episodio di tre settimane fa, quando i talebani avevano lanciato due razzi subito dopo il decollo dell'aereo di Angela Merkel.
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