Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Hezbollah vuole accerchiare Israele, e minaccia anche l’Egitto Analisi di Michael Sfaradi e della redazione del Foglio
Testata:Il Foglio - Liberal Autore: La redazione del Foglio - Michael Sfaradi Titolo: «Mubarak invita Netanyahu perché è arrabbiato con Hezbollah - Hezbollah, un golpe all´ombra delle piramidi»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 24/04/2009, a pag. 3, l'articolo dal titolo " Mubarak invita Netanyahu perché è arrabbiato con Hezbollah " e dal LIBERAL n°83 del 22/04/2009, l'articolo di Michael Sfaradi dal titolo " Hezbollah, un golpe all´ombra delle piramidi ". Ecco gli articoli:
Il FOGLIO - " Mubarak invita Netanyahu perché è arrabbiato con Hezbollah "
Il Cairo. Hosni Mubarak è nervoso e invita Benjamin Netanyahu, il premier di Israele, a maggio in Egitto. Ci sono già polemiche su Avigdor Lieberman, ministro degli Esteri israeliano, che è stato invitato al Cairo, due giorni fa, da Omar Suleiman, l’uomo della sicurezza egiziana, e che ora sarebbe fuori dalla lista degli inviti fatta da Mubarak. Ma si tratta dei soliti battibecchi che accompagnano ogni parola, azione e movimento di Lieberman. Però il gesto di Mubarak è straordinario e significativo: alcuni sostengono che si tratti di disperazione, altri di semplice realismo dovuto al clima da grande appeasement ingenerato dall’Amministrazione Obama, ma certo è che i motivi di nervosismo del rais egiziano sono tanti e concreti. La “belt”, la cintura, che Hezbollah sta creando passo a passo con l’obiettivo ultimo di accerchiare Israele potrebbe finire per accerchiare anche l’Egitto. Gli arresti nel Sinai – una cinquantina di membri “armati” del partito sciita libanese, sostengono le fonti egiziane – e “l’ira del Cairo” urlata ieri da Mubarak ne sono la conferma. Gli esperti sottolineano che l’attivismo del Partito di Dio in tutta la regione – non soltanto sul confine nord di Israele, la sua sede naturale, ma anche negli Emirati arabi – è nuovo e particolare, perché è “in proprio”, gestito direttamente dalla leadership libanese. Ma si sa che non c’è foglia che si muova, da quelle parti, senza l’assenso di Teheran, cosicché la preoccupazione di Mubarak aumenta. In più resta sempre, a due passi da casa, il buco nero di Gaza. Il quotidiano israeliano Haaretz ha pubblicato due giorni fa un reportage sul riarmo di Hamas, a poco più di tre mesi dall’operazione “Piombo fuso” che avrebbe dovuto – almeno – rallentare la militarizzazione del movimento palestinese. Nonostante gli sforzi diplomatici coordinati con la Francia di Nicolas Sarkozy, sempre più spericolata nella sua “politique arabe” filosiriana, il Cairo ha pocoda star tranquillo. L’unità nazionale palestinese è una chimera, la leadership di Abu Mazen, unico interlocutore riconosciuto a livello internazionale, è azzoppata, la restituzione del caporale Gilad Shalit non è quasi più in discussione. Nulla di nuovo, si dirà: la carta dell’ambiguità che l’Egitto gioca con scaltrezza e abitudine non ha mai dato grandi risultati, al massimo tregue temporanee. Ma ora c’è un’aggravante, che parte da lontano ma che arriva molto, troppo vicino: è il progetto di destabilizzazione che parte dal Pakistan e che arriva, con qualche tornante, fino all’Arabia Saudita. I cambiamenti dinastici a Riad, cioè la nomina a delfino di un oltranzista come il principe Nayf, hanno fatto emergere una svolta poco gradita a Israele, naturalmente, ma anche al Cairo. La corte saudita è sempre più garante del dittatore siriano, Bashar el Assad, che avrebbe siglato un patto con i Fratelli musulmani siriani, contigui a quelli egiziani che sono, per Mubarak, estremamente destabilizzanti Se l’Egitto non può più contare su Riad, ha poco da stare tranquillo. Se il famoso “quartetto arabo” (Egitto, Arabia Saudita, Giordania ed Emirati arabi) che permise la kermesse di Annapolis alla fine del 2007 – primo vertice in cui Washington è riuscito a trovare la quadra, anche solo per alcune “photo-op”, del mondo arabo moderato nei confronti di Israele – si sfalda, l’internazionale sciita rischia davvero di avere pochi argini alle sue ambizioni di dominio. Ecco che Mubarak, decisamente innervosito, ha aperto a Netanyahu, in vista anche della conferenza di pace che Barack Obama ha deciso di organizzare. I tempi, come sempre, sono difficili da incastrare, perché sul campo le cose – o meglio, le armi – si muovono con più velocità che ai tavoli della diplomazia. In più Mubarak ha una certa età – 81 anni – e un delfino, Gamal, che a 45 anni comincia a voler fare la sua parte, anche se gli egiziani non vedono di buon occhio la successione dinastica.
LIBERAL - Michael Sfaradi : " Hezbollah, un golpe all´ombra delle piramidi "
I bombardamenti in Sudan, dove furono colpiti convogli che trasportavano armi, materiali e uomini verso la striscia di Gaza, oltre a motivazioni operative ha avuto anche dei risvolti di politica internazionale; risvolti da seguire con attenzione perché potrebbero cambiare equilibri e posizioni. Probabilmente i generali israeliani, su indicazioni dei servizi segreti, sapevano fin da allora che nel momento in cui si metteva in luce la doppia complicità del Sudan e dell´Iran con Hamas a Gaza e i Fratelli Musulmani in Egitto si dava una sorta di "terremoto artificiale" nella politica regionale. Terremoto che avrebbe messo in luce quanto stava accadendo costringendo Il Cairo a prendere in considerazione e a mettere in atto tutta una serie di provvedimenti volti a smantellare la rete del terrore che aveva più volte colpito soprattutto nelle zone turistiche del Sinai. Secondo il ben informato Al Hayat, quotidiano edito a Londra ma con un editore saudita, sarebbero emerse delle "connivenze" fra esponenti ufficiali del governo libanese e gli affiliati di Hezbollah fermati in Egitto, e il particolare che li ha messi in luce sono stati i documenti in possesso a Muhammad Mansur, falsi ma con un timbri autent ici. Allo stato attuale non è possibile sapere se la complicità sia stata delle istituzioni o di qualche impiegato "deviato". In Israele, già da diversi mesi, girava voce di un rapporto del Mossad che dava per certa la presenza di elementi ostili sia dalla parte egiziana del confine con la striscia di Gaza (che operavano come basisti per il contrabbando di armi), sia al Cairo dove stavano stringendo un´alleanza politico militare con le frange oltranziste sunnite. Nei normali scambi di informazione che ci sono fra i governi delle due nazioni già più volte era stato fatto notare il pericolo che si stava creando, al punto che ampi stralci del rapporto furono tradotti in arabo e messi a disposizione delle autorità egiziane. In Egitto le informazioni furono prese in considerazione solo dopo i bombardamenti in Sudan e davanti all´evidenza dell´ingerenza iraniana. A questo punto per arrivare al fermo di membri del movimento sciita libanese, che col pretesto di servire la resistenza palestinese stavano organizzando e preparando attentati terroristici sul territorio egiziano, il passo è stato breve. Le indagini che hanno fatto seguito ai fermi e agli arresti sono proseguite a 360° e per scavare più a fondo le autorità egiziane hanno addirittura richiesto l´ausilio del governo libanese, in modo da portare in luce tutti quei punti della faccenda attualmente oscuri. In particolare si vuole scoprire quanto c´è di vero nelle notizie che, in un tam-tam tutto da verificare, danno per certo l´invio di giovani egiziani in Libano, in Iraq, ma molto più probabilmente in Iran, dove vengono addestrati alla guerra ed alla guerriglia in campi paramilitari da istruttori dell´esercito iraniano o di Hezbollah. Questo filone di indagine nasce da dichiarazioni che Naser Abu Omra, uno degli indagati di nazionalità egiziana, ha rilasciato durante gli interrogatori. Lui personalmente avrebbe tentato di inviare giovani egiziani in Libano che, dopo un corso di addestramento, si sarebbero infiltrati nei territori palestinesi per dare man forte ad Hamas. Che ci sia del vero in queste dichiarazioni lo dimostra la chiusura di alcune agenzie di viaggio che ufficialmente aiutavano lavoratori egiziani a spostarsi all´estero, ma che nella realtà fungevano da ufficio reclutamento. Per il governo egiziano che ci siano giovani perfettamente addestrati, e probabilmente armati da governi stranieri, è un campanello d´allarme ed ignorarlo potrebbe essere fatale. Non è un mistero che il regime politico attualmente al potere in Egitto si troverà presto a dover fare i conti con oppositori interni, fortemente appoggiati da potenze straniere, che vorrebbero uno spostamento del Paese verso la posizioni più radicali sia in politica interna che in quella estera pretendendo un cambiamento nei confronti di Israele. Hosni Mubarak, il presidente egiziano, dovrà agire con decisione e rapidità se da una parte vuole salvaguardare la sua nazione da questi pericoli che si stanno rivelando estremamente insidiosi, alla luce delle notizie che si susseguono giorno per giorno, e dall´altra mantenere l´Egitto immune dalle pressanti influenze che arrivano dal mondo sciita. Sembra proprio, nelle prossime settimane avremo la conferma che sotto la punta venuta alla luce si nasconde un iceberg di enormi proporzioni che avrebbe potuto travolgere e sconvolgere gli attuali equilibri. A questo punto possiamo soltanto sperare che il governo egiziano sappia gestire la situazione ed eliminare o almeno mettere in condizione di non nuocere tutti coloro che cercano la destabilizzazione della regione perché un cambiamento della politica egiziana avrebbe effetti devastanti su tutto lo scacchiere mediorientale.
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