Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Il Vaticano non abbandona Durban II e la stampa comunista difende la conferenza antisemita
Testata:L'Unità - La Stampa - La Repubblica - Il Manifesto Autore: Vittorio Zucconi - Vincenzo Nigro - Domenico Quirico - Umberto De Giovannangeli - Michelangelo Cocco - Alberto D'Argenzio - Maurizio Matteuzzi Titolo: «Ahmadinejad, comizio anti-Israele l´Europa abbandona il vertice Onu - Bene Sarkozy. Meglio ascotlare che boicottare - Le assenze di Obama - E l’anti-razzismo? È finito ostaggio dello scontro tra Israele e Iran»
Riportiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 21/04/2009, a pag. 2, la cronaca di Vincenzo Nigro dal titolo " Ahmadinejad, comizio anti-Israele l´Europa abbandona il vertice Onu " e da quella di ieri l'articolo di Vittorio Zucconi dal titolo " La politica equilibrista ". Dalla STAMPA, a pag. 3, l'intervista di Domenico Quirico a Tzvetan Todorov dal titolo " Bene Sarkozy. Meglio ascoltare che boicottare ". Dal MANIFESTO,a pag. 10, l'articolo di Michelangelo Cocco dal titolo " Ahmadinejad spacca la conferenza Onu ", l'opinione di Maurizio Matteuzzi dal titolo " Le assenze di Obama ", l'articolo di Alberto D'Argenzio dal titolo ". E l’anti-razzismo? È finito ostaggio dello scontro tra Israele e Iran", una breve dall'UNITA' . Dahttp://www.rainews24.rai.it/ l'articolo dal titolo " "Israele razzista" infuria la polemica su Ahmadinejad " Ecco gli articoli, preceduti dal nostro commento:
La REPUBBLICA - Vincenzo Nigro : " Ahmadinejad, comizio anti-Israele l´Europa abbandona il vertice Onu "
Nigro scrive : " la triste processione degli ambasciatori Ue che lasciano la sala segnala invece molte cose: la debolezza e la disunione della Ue, che non ha saputo decidere una cosa, qualunque, tutta insieme. Ma soprattutto il fatto che, con l´assenza di Usa, Canada, Nuova Zelanda, Australia, l´Occidente non è in grado di presenziare, di influenzare una conferenza Onu su un tema decisivo come il razzismo.".I nfluenzare Durban II è impossibile, dal momento che non è altro che una farsa antisemita mascherata da "Conferenza sul razzismo". E' triste è che il Vaticano abbia deciso di non abbandonare l'aula insieme ai paesi dell'Ue presenti alla conferenza e che questi ultimi non abbiano partecipato da subito al boicottaggio di un'iniziativa il cui corso era ampiamente prevedibile. Invece, "decidere una cosa, qualunque, tutta insieme" non sarebbe stato sufficiente. Il punto, per l'Europa e per tutti, era fare la scelta giusta, non fare una qualsiasi scelta, come suggerisce Nigro. E la scelta giusta era non partecipare alla fiera dell'odio antisemita, non offire ad Ahmadinejad una tribuna propagandistica.
GINEVRA - Mahmoud Ahmadinejad continua la sua battaglia di propaganda interna e internazionale. Anzi, di fatto sceglie il podio delle Nazioni Unite di Ginevra per avviare la campagna elettorale per le presidenziali di giugno. Come ampiamente previsto, il presidente iraniano ieri ha immediatamente dirottato la conferenza Onu sul razzismo: contestando Israele e la sua creazione, relativizzando l´Olocausto, e attaccando l´Occidente che dopo la II guerra mondiale ha aiutato gli ebrei a fondare il loro stato. Le sue parole hanno provocato l´uscita concordata di tutti i 23 ambasciatori dei Paesi Ue che non avevano boicottato la conferenza dal principio, come invece avevano scelto di fare Germania, Italia, Olanda e Polonia. Ma attenzione, nel momento stesso in cui veniva contestato dagli ambasciatori e da giovani ebrei con parrucche e nasi rossi da clown (per dire che questa conferenza è tutta una pagliacciata), Ahmadinejad riceveva l´applauso di una buona metà della grande sala del Palais des nations. Decine e decine di diplomatici di Paesi islamici, africani, latino americani, asiatici; uno schierarsi contro le scelte politiche di Israele, dell´America e dell´Occidente. I due enormi orologi sospesi nel salone delle assemblee segnano le 15,05 quando Ahmadinejad inizia a parlare. Il presidente avrebbe solo 7 minuti di tempo, se ne prende più di 30. Inizia lento, rinnovando la sua interpretazione politica nei rapporti fra popoli, stati e diritti. Poi arriva la lezione su Israele e sul suo non-diritto ad esistere. Testuale: «Dopo la fine della Seconda guerra mondiale gli alleati sono ricorsi all´aggressione militare per privare della terra un´intera nazione, sotto il pretesto della sofferenza degli ebrei. Hanno inviato immigrati dall´Europa, dagli Stati Uniti e dal mondo dell´Olocausto per stabilire un governo razzista nella Palestina occupata». Poco prima gli studenti ebrei francesi avevano urlato e protestato contro il «clown», contro «il razzista che non può combattere il razzismo». Uno gli aveva lanciato contro il suo naso rosso da pagliaccio prima di essere espulso dalla sicurezza. Pochi minuti dopo, la triste processione degli ambasciatori Ue che lasciano la sala segnala invece molte cose: la debolezza e la disunione della Ue, che non ha saputo decidere una cosa, qualunque, tutta insieme. Ma soprattutto il fatto che, con l´assenza di Usa, Canada, Nuova Zelanda, Australia, l´Occidente non è in grado di presenziare, di influenzare una conferenza Onu su un tema decisivo come il razzismo. Ahmadinejad continua ad essere applaudito quando attacca «gli stati occidentali per essere rimasti in silenzio di fronte ai crimini commessi a Gaza», e poi quando sostiene che la crisi economica mondiale è stata scatenata dall´America. Le reazioni del mondo sono immediate. Il segretario dell´Onu Ban Ki Moon, che aveva appena incontrato l´iraniano, dice di essere «profondamente dispiaciuto», soprattutto perché capisce subito che questa conferenza Durban 2 praticamente è fallita: «Io deploro l´uso di questo podio da parte del presidente iraniano per accusare, dividere e persino incitare» allo scontro, dice Ban con parole inusualmente dure per un capo dell´Onu. Per la voglia di non seguire troppo da vicino l´America di Obama nel boicottaggio, la Francia di Sarkozy aveva deciso di non boicottare la conferenza. Un attimo dopo le parole di Ahmadinejad, Sarkozy è stato il primo leader mondiale a condannarlo: «Ci vuole estrema fermezza della Ue, perché a Ginevra è stato fatto un appello all´odio razziale». Da Berlino, dove incontrava il tedesco Steinmeier, il ministro degli Esteri Franco Frattini commenta: «Avevamo capito perfettamente che sarebbe finita così».
La REPUBBLICA - Vittorio Zucconi : " La politica equilibrista "
Zucconi conclude il suo articolo così : " La realtà, oggi come negli ultimi 60 anni di politica estera americana, con presidenti democratici o repubblicani, insegna che, al momento delle strette, Washington, bianca o nera che sia, si collocherà sempre dalla parte di Israele. ". Zucconi si dispiace per il fatto che gli Usa non si schierino con la teocrazia iraniana e col fondamentalismo islamico, ma con l'unica democrazia mediorientale. Si ostina a ritenere il boicottaggio di Durban II ingiustificato. Come dimostrato dalle dichiarazioni di ieri di Ahmadinejad, ha torto. La conferenza di Ginevra è la ripetizione della farsa antisemita di otto anni fa. Ecco l'articolo:
È con «great regrets», spiega il governo americano con l´eufemismo del «rammarico» con il quale ci si sgancia educatamente da un noioso invito a cena, che Barack Obama non parteciperà alla conferenza dell´Onu contro il razzismo da oggi a Ginevra, creando in apparenza un colossale paradosso: quello del primo presidente americano nero, eletto nel trionfo dell´antirazzismo, assente da un´iniziativa internazionale contro il razzismo. Il rifiuto di Obama, e il ritiro della delegazione americana che pure fino a pochi giorni or sono aveva partecipato alla preparazione di questa "Durban 2", come si chiama perché è la continuazione della prima, organizzata nella città sudafricana di Durban nel 2001, vengono dopo settimane di esitazione, di "nì", di "forse" e di "ma", di sofferenze e di ambiguità che il Presidente stesso si è deciso a tagliare «con rammarico» per non offendere coloro, Israele e la comunità ebraica per prime, che leggono in questo incontro soltanto un´occasione di propaganda antisemita. E dunque una cassa di risonanza per quelle nazioni, come Iran e Libia, che bizzarramente fanno parte della commissione Onu per «i diritti umani», e usano il Palazzo di Vetro come megafono anti israeliano, mentre al proprio interno calpestano proprio quei diritti civili e individuali che domandano agli altri di rispettare. Ma se il rifiuto di partecipare è stato più facile per i governi che hanno detto "no", come l´Australia, la Francia, l´Olanda, che è agitata al proprio interno dalla più acuta "questione islamica" in tutta l´Europa o l´Italia, mentre il Vaticano, l´Inghilterra, la Spagna hanno accettato l´invito, l´assenza dell´uomo che incarna in questo momento la più alta speranza di superamento del razzismo sembra una contraddizione lancinante. Per questo, e fino all´ultimo, gli inviati americani a Ginevra, e la stessa Casa Bianca avevano tentato di lavorare per linee interne, di modificare dal di dentro quei documenti nei quali i promotori cercano di indicare nel "sionismo", sinonimo di Israele, il bastione del razzismo, che definiscono la barriera costruita dal governo ebraico «il muro dell´apartheid» e riconoscono soltanto nella "Nakba", nella catastrofe e nella diaspora palestinese, l´unico, autentico esempio di tentato genocidio. Di fronte alla nettezza inconciliabile di questa interpretazione del razzismo, che già aveva spinto George Bush a boicottare "Durban 1", neppure la consumata abilità obamiana di ricomporre gli opposti con il carisma o la sua capacità di fare annunci trancianti seguiti da azioni concrete molto più ambigue, sarebbe bastata. Benedetto XVI può, nel suo ruolo di pontefice di una confessione religiosa senza autentico potere politico, permettersi di sperare che questa conferenza sia «un passo fondamentale verso l´affermazione del valore universale della dignità dell´uomo, contro ogni forma di discriminazione», ma il Papa non deve vedersela con la comunità ebraica americana, con un governo di falchiestremisti come il neo insediato in Israele, con un capo di gabinetto come Rahm Emanuel già volontario con le forze armate israeliane, con lobbies che avrebbero considerato la sua presenza a Ginevra come assenso implicito alle tesi di chi nega l´Olocausto. La tecnica di governo di Barack Obama, quasi una edizione americana dei «due forni», il presidente che annuncia la chiusura di Guantanamo ma per il momento la lascia aperta, che ammorbidisce l´embargo anti cubano ma non lo cancella, che condanna la tortura ma non i torturatori, che fustiga i bonus e i profitti dei finanzieri ma poi puntella le loro banche agonizzanti, non poteva funzionare di fronte a una conferenza che esalta e sancisce il razzismo mentre dichiara di volerlo estirpare. E non è soltanto il nocciolo radioattivo dell´antisemitismo contenuto già nel primo documento approvato sette anni or sono a inquietare. C´è anche il tentativo di dichiarare ogni "discorso blasfemo" come proibito e di considerare "l´incitamento" alla critica antireligiosa come prova di discriminazione razziale, una tesi cara alle teocrazie fondamentaliste e integraliste che in sostanza sperano di avere il beneplacito dell´Onu alla loro «fatwa», alla persecuzione e repressione di ogni critica e di ogni opposizione vista come satanica. Il paradosso del presidente venuto dal Terzo Mondo, del primo capo di stato americano eletto "nonostante" la propria diversità e minorità etnica è dunque più apparente che reale. Questa volta, Obama il formidabile equilibrista che riesce a sembrare sempre troppo rivoluzionario ai conservatori e sempre troppo conservatore ai rivoluzionari, essendo tanto un centrista nell´azione quanto appare "estremista" nella parole, non ha potuto camminare sul filo dell´ambiguità. Obama, come gli rimproverano i delusi, è, prima di ogni altra cosa, un realista e lo ha dimostrato, con qualche imbarazzo, rifiutando di presentarsi a questo invito a cena. La realtà, oggi come negli ultimi 60 anni di politica estera americana, con presidenti democratici o repubblicani, insegna che, al momento delle strette, Washington, bianca o nera che sia, si collocherà sempre dalla parte di Israele.
La STAMPA - Domenico Quirico : " Bene Sarkozy. Meglio ascotlare che boicottare "
Todorov afferma, senza essere contraddetto da Quirico, : "penso anche che si possa condannare la politica israeliana per altre ragioni. E se si vuole una posizione internazionale, un dibattito internazionale i paesi occidentali devono prendere l’abitudine, che non hanno per ora, di vedere che la loro opinione non è accettata da tutti. ". A Durban II non vengono presentate opinioni rispettabili e civili, ma l'odio antisemita e antioccidentale dei Paesi arabi fondamentalisti, contro il quale è un preciso dovere prendere posizione. Ecco l'articolo:
A Ginevra bisognava andare perché è sempre meglio ascoltare e discutere che scegliere la sedia vuota; e soprattutto perché anche a proposito di Israele l’Occidente deve accettare che il suo punto di vista non sia condiviso da tutti» : Tzvetan Todorov, critico storico e filosofo, rifiuta con risolutezza il boicottaggio della Conferenza internazionale sul razzismo. È d’accordo con la scelta della Francia di essere presente a Ginevra? «Sono d’accordo perché penso che sia sempre meglio essere presenti che assenti nelle istanze internazionali, si deve ascoltare, discutere cercare di convincere e semmai condannare quando si vede che il proprio punto di vista non è riuscito a imporsi. Per me è una regola generale: la discussione è meglio che il rifiuto e la scelta preliminare di non partecipare». C’è però il rischio concreto sull’esempio di quanto è accaduto a Durban di un amalgama pericoloso tra razzismo e antisemitismo... «Alcuni paesi occidentali hanno scelto il boicottaggio in parte in rapporto al problema di Israele e in parte per il concetto di “diffamazione delle religioni”. Per quanto riguarda Israele e la posizione verso Israele non penso chi ci troviamo di fronte a un affare di razzismo. Dunque è una deformazione del significato delle parole condannare Israele per razzismo. Ma penso anche che si possa condannare la politica israeliana per altre ragioni. E se si vuole una posizione internazionale, un dibattito internazionale i paesi occidentali devono prendere l’abitudine, che non hanno per ora, di vedere che la loro opinione non è accettata da tutti. E non si tratta solo dei paesi arabi che tradizionalmente sostengono la causa palestinese nelle istanze internazionali ma che non fanno nulla di concreto per aiutare i palestinesi. Occorre che gli occidentali capiscano che il loro punto di vista non è forzatamente il migliore del mondo, non lo è più; che ascoltino anche un po’ quello che gli altri hanno da dire». È in fondo come sempre un problema di parole: razzismo non ha lo stesso significato in occidente che nel resto del mondo... «Sì, un problema di parole. Credo che non si debba puntare il dito contro Israele come un Paese che ha una politica particolarmente razzista, questo mi pare ingiusto; ma vedo bene le ragioni di questa condanna che sono semmai legate alla politica dello stato di Israele verso i paesi vicini di cui l’invasione di Gaza è stato un recente e preciso esempio. Trovo anche che il fatto che gli Usa non assistano a questo dibattito non sia all’altezza della nuova politica del presidente Obama. Perché gli Usa si sono distinti nel passato nel sostegno incondizionato a Israele ed era una occasione di non farlo e per segnare una novità. Ma soprattutto perché anche se la presenza di Obama al vertice del paese dimostra che ci sono stati progressi basta guardare alla proporzione di quelli che si trovano in prigione negli Usa, bianchi e neri, per capire che ogni pregiudizio razziale non è ancora sparito. Per questo dunque la loro assenza mi sembra particolarmente spiacevole». Il concetto di diffamazione delle religioni: c’è da temere la soppressione della universalità dei diritti in nome di una pretesa rivoluzione multiculturale? «Questa formula è sparita dal progetto di risoluzione. Per me comunque non esiste una possibilità di parlare in senso giuridico di diffamazione delle religioni. Si può nella ottica in cui noi siamo e che mi sembra difendibile, parlare di diffamazione delle persone. E la religione non è una persona. Altrimenti andremmo verso una interdizione arbitraria della critica di qualsiasi ideologia e la religione è una ideologia tra le altre. La Cina un domani potrebbe vietare di criticare la ideologia comunista o altri paesi quella nazionale. Parlare di diffamazione in questo senso vuol dire davvero giocare con il significato delle parole. Dunque difendiamo fermamente il concetto che l’incitazione all’odio verso un gruppo umano qualsiasi è una offesa e un delitto, che sia un gruppo nazionale o religioso. Ma non c’è diffamazione di religioni: solo di essere umani».
Il MANIFESTO - Michelangelo Cocco : " Ahmadinejad spacca la conferenza Onu "
Cocco scrive : " La bozza di documento preparata non prevede alcun riferimento specifico a Israele o al Medio Oriente, ma «riafferma» il testo approvato nel 2001 alla Conferenza di Durban, che affronta la questione in sei paragrafi Nonostante i massacri di Gaza (1.417 palestinesi uccisi durante la recente operazione «Piombo fuso»), il perdurare dell’embargo contro la Striscia governata da Hamas e la colonizzazione senza sosta della Cisgiordania, la campagna di pubbliche relazioni iniziata nei mesi precedenti «Piombo fuso» e appoggiata dai principali gruppi di pressione (soprattutto quelli Usa) filo-israeliani ha avuto successo nel delegittimare Durban II come «un tribunale anti- israeliano». ". Contrariamente a quanto ritiene Cocco, non è stata una campagna filo-israeliana di pubbliche relazioni a smascherare la vera natura di Durban II. Sono state invece le dichiarazioni di Ahmadinejad e gli applausi dei Paesi arabi che, rimanendo in sala, hanno esplicitato la loro approvazione alle posizioni antisemite dell'Iran. Ecco l'articolo:
Alle parole «regime razzista crudele e repressivo» rivolte dal presidente iraniano all’indirizzo d’Israele, i rappresentanti di 23 paesi dell’Unione europea, sfilando platealmente davanti al podio di Ahmadinejad, hanno abbandonato la sala dove si stava svolgendo la prima giornata dell’incontro e per la Conferenza delle Nazioni Unite contro razzismo e xenofobia è stato un colpo durissimo. Un vero e proprio uno-due dopo il boicottaggio, formalizzato nelle ultime ore, da otto governi occidentali, tra cui quello italiano e statunitense, che hanno rinunciato a prendere parte al consesso apertosi ieri a Ginevra. Amnesty international ha condannato la decisione di Italia, Stati Uniti, Israele, Australia,Germania, Canada, Olanda e Polonia di non partecipare alla Conferenza. «Dopo la Seconda guerra mondiale (gli israeliani) sono ricorsi alle aggressioni militari per rendere senza tetto un’intera nazione (i palestinesi), grazie al pretesto della sofferenza degli ebrei - ha attaccato il presidente della Repubblica islamica -. E hanno speditomigranti dall’Europa, dagli Stati Uniti e altre parti del mondo per fondare un governo completamente razzista nella Palestina occupata ». «E infatti - ha continuato Ahmadinejad - come compensazione per le atroci conseguenze del razzismo in Europa, hanno appoggiato l’ascesa al potere del regime razzista più crudele e repressivo in Palestina ». Usciti per protesta molti diplomatici, tanti altri sono rimasti ad applaudire il leader sciita che tra poche settimane a Tehran cercherà di battere i riformisti ed essere rieletto. Durissime le proteste di Francia e Gran Bretagna. «Vergognoso» secondo Washington il discorso di Ahmadinejad. «Questo discorso è stato totalmente inappropriato in una conferenza che mira a promuovere la diversità e la tolleranza» ha fatto sapere Navi Pillay, l’Alto commissario dell’Onu per i diritti umani che ha convocato l’incontro. Tel Aviv ha richiamato il suo ambasciatore in Svizzera e ha anche protestato per il faccia a faccia che il capo della confederazione elvetica Hans-Rudolf Merz ha concesso l’altro ieri al suo omologo iraniano. La condanna più dura al discorso di Ahmadinejad è arrivata da Ban Ki-moon, che nelle scorse settimane aveva fatto appello a non boicottare l’appuntamento. «Deploro l’uso di questo palco da parte del presidente iraniano per accusare, dividere e anche incitare - ha dichiarato il Segretario generale delle Nazioni Unite -. Tutti dobbiamo prendere le distanze da un messaggio simile, sia dalla sua forma sia dalla sua sostanza». Per Israele e le comunità ebraiche della diaspora ieri ricorreva il Giorno della memoria, quello in cui si ricordano i sei milioni di ebrei che - oltre a centinaia dimigliaia di comunisti, zingari, omosessuali e disabili - furono sterminati dal regime nazista di Hitler. «Sei milioni di appartenenti al nostro popolo furono massacrati durante l’olocausto. Nessuno ha imparato la lezione, sfortunatamente », ha tuonato Benjamin Netanyahu. «Mentre li commemoriamo, una conferenza che dovrebbe essere contro il razzismo si svolgerà in svizzera. L’ospite d’onore è un razzista, un negazionista dell’Olocausto che non fa segreto della sua intenzione di spazzare via Israele dalla faccia della terra» ha dichiarato il premier israeliano. Il suo ufficio ha informato che il premier e il ministro degli esteri Avigdor Lieberman hanno deciso di richiamare l’ambasciatore Ilan Elgar da Berne «per consultazioni e in protesta contro la Conferenza a Ginevra ». La bozza di documento preparata non prevede alcun riferimento specifico a Israele o al Medio Oriente, ma «riafferma» il testo approvato nel 2001 alla Conferenza di Durban, che affronta la questione in sei paragrafi Nonostante i massacri di Gaza (1.417 palestinesi uccisi durante la recente operazione «Piombo fuso»), il perdurare dell’embargo contro la Striscia governata da Hamas e la colonizzazione senza sosta della Cisgiordania, la campagna di pubbliche relazioni iniziata nei mesi precedenti «Piombo fuso» e appoggiata dai principali gruppi di pressione (soprattutto quelli Usa) filo-israeliani ha avuto successo nel delegittimare Durban II come «un tribunale anti- israeliano». Fino alla conclusione della Conferenza, sabato prossimo, attivisti pro-Israele distribuiranno volantini sulle violazioni dei diritti dell’uomo in Iran, «con particolare enfasi sulle esecuzioni pubbliche e la violenza contro le donne» riferiva ieri Ha’aretz. In questo come altri casi (emblematica l’azione anti-boicottaggio del «britannico» Ron Prosor) la campagna sarà supervisionata da un diplomatico di Tel Aviv, Ronnie Lashno -Yaar. Il quotidiano israeliano ha raccontato che a Ginevra Tel Aviv ha approntato una sala stampa attrezzata per rispondere in tempo reale alle dichiarazioni anti-israeliane e spedito nella città svizzera una delegazione speciale di 14 studenti che hanno ricevuto un training presso il ministero degli esteri e il Congresso mondiale ebraico.
Il MANIFESTO - Maurizio Matteuzzi : " Le assenze di Obama "
Più che l'articolo di un quotidiano italiano sembra un discorso di Ahmadinejad. Matteuzzi, in conclusione, scrive : " chiunque non sia accecato sa bene che Israele in quanto stato ebraico è uno stato etnico-religioso e che razzista è il suo governo – specie adesso con quel tal ministro degli esteri. E sa che fra razzismo e diritti umani il legame è indissolubile. ". Accecato da cosa? Dal buon senso? Israele è una democrazia. E non è razzista, tanto che la cittadinanza è garantita anche a non ebrei. Israele difende la propria esistenza dagli attacchi esterni. Per questo è razzista?
L’amministrazione Obama è nata, per sua stessa ammissione, (anche) per ridare all’etica un posto di prima fila nel teatro della politica, dopo le devastazioni morali emateriali degli anni di Bush. Etica, e coraggiosa, è stata la decisione di Obama di ordinare la pubblicazione dei 4 rapporti del ministero della giustizia sui «metodi di interrogatorio duri» - leggasi tortura – usati dalla Cia nella «guerra al terrorismo». Improntata all’etica anche la decisione, più volte ribadita dalla nuova amministrazione, di «rientrare » alle Nazioni unite, dopo gli anni dell’unilateralismo e dell’aperto disprezzo di Bush .Ma la spinta etica di Obama sembra, almeno per ora, esaurirsi qui. Privilegiando altri obiettivi che con l’etica hanno poco a che fare. Quali l’assenza – felici di essere smentiti – di un’azione giudiziaria contro i «mandanti» degli agenti torturatori e l’assenza da «Durban 2», la conferenza sul razzismo di Ginevra, che Obama ha deciso di boicottare. Come prima (come sempre?), la politica contro l’etica. La politica come Realpolitik. E, ancora una volta, il doppio standard su temi quali i diritti umani e il razzismo, indissolubili. Ci sarebbe già da discutere sull’aministia preventiva che Obama ha regalato ai torturatori della Cia, sulla base dell’obbedienza dovuta - di sinistra memoria argentina - a ordini superiori. Forse – realismo politico oblige – non era consigliabile fare di più, per non provocare l’ammutinamento della Compagnia. E non ricadere nella facile scappatoia della «mela marcia». A una condizione, però, come rilevava un editoriale del sovversivo New York Times di domenica: di risalire, e colpire, gli anelli superiori della catena di comando. Nella fattispecie personaggi come quel Jay Bybee, ex assistente ministro della giustizia ed estensore dei più «nauseanti passaggi» (NYT) delmanuale di tortura, ora giudice federale. Masopra i Bybee e i tanti piccoli minuziosi Eichmann come lui, c’erano i Donald Rumsfeld alla difesa, gli Alberto Gonzalez alla giustizia, i Dick Cheney alla vicepresidenza. Anche senza volere o potere riesumare George Bush, la testa del serpente, è a quegli anelli cheObama deve arrivare se vuole coniugare l’etica alla politica. Lo stesso ragionamento vale anche, a nostro avviso, per il boicottaggio di Durban 2 sul razzismo proclamato da Obama, anticipato da Israele e seguito da un certo numero di paesi, fra cui l’Italia. Se per l’Italia con ogni probabilità la ragione vera sia il più che il giustificato timore di essere chiamata in causa per gli exploit razzisti nostrani, per gliUsa di Obama si deve parlare di automatica subalternità a Israele, indipendentemente dal governo in carica in quel paese. E quindi anche nel caso che quel governo sia il più di destra nella storia dello stato ebraico e il più antitetico rispetto alle intenzioni dell’amministrazione Usa sul conflitto. Durban 2 forse non è stata preparata nelmigliore dei modi, forse sarebbe stato meglio non iniziare i lavori con l’attacco immediato e frontale a Israele di un Ahmadinejad. Forse e senza forse. Però chiunque non sia accecato sa bene che Israele in quanto stato ebraico è uno stato etnico-religioso e che razzista è il suo governo – specie adesso con quel tal ministro degli esteri. E sa che fra razzismo e diritti umani il legame è indissolubile.
Il MANIFESTO - Alberto D'Argenzio : " E l’anti-razzismo? È finito ostaggio dello scontro tra Israele e Iran"
Incredibile D'Argenzio: nega l'evidenza. Secondo lui " Tra chi non va a Ginevra e chi ci va per dare battaglia, rimane ben poco sul tavolo e quel poco è un testo che nella sua ultima versione, decisa per consenso venerdì scorso, non menziona direttamente Israele e nemmeno i territori occupati (ma sì include un riferimento all’Olocausto ed alla necessità di non dimenticare quel genocidio).". Insomma. Durban II non è antisemita. Si parla pure dell'Olocausto e della necessità di ricordarlo... Secondo D'Argenzio disertare Durban II è una cosa deplorevole perchè è falso che è antisemita e sarebbe stata un'ottima occasione per parlare di razzismo. D'altronde i riferimenti a Israele, nella bozza delle conclusioni, sono solo indiretti. Ahmadinejad nel suo discorso ha calunniato Israele? Per il MANIFESTO non è grave. Anzi, il presidente iraniano non ha tutti i torti. Ci rallegriamo del fatto che, a rappresentare i singoli Stati dell'Ue non ci fossero i giornalisti del MANIFESTO perchè allora il Vaticano sarebbe stato in ottima compagnia.
Di razzismo non si parla, almeno non a Ginevra e almeno non per ora. Le parole di Ahmadinejad, l’uscita dalla sala degli ambasciatori europei ed ancor prima il boicottaggio di Usa, Israele, Italia, Olanda, Polonia, Germania, Canada, Nuova Zelanda e Australia, rischiano di liquidare il vertice mondiale sul nascere. Sarà dura per Ban Ki-moon e soprattutto per l’anima di Durban II, l’Alta commissaria dell’Onu per i diritti umani Navi Pillay, salvare il salvabile, che in fondo è una dichiarazione univoca ed universale contro razzismo, xenofobia, islamofobia e antisemitismo. Un testo, o meglio, ancora una bozza di conclusioni, finita ormai ostaggio di due mondi che si fanno la guerra sulla pelle di chi il razzismo, nelle sue diverse declinazioni, lo vive in prima persona. E sono molti. «Sono profondamente deluso - ha detto ieri il Segretario generale delle Nazioni unite puntando il dito sul partito del boicottaggio - rimpiango profondamente che alcuni abbiano scelto di farsi da parte. Spero che non duri a lungo». Tra chi non va a Ginevra e chi ci va per dare battaglia, rimane ben poco sul tavolo e quel poco è un testo che nella sua ultima versione, decisa per consenso venerdì scorso, non menziona direttamente Israele e nemmeno i territori occupati (ma sì include un riferimento all’Olocausto ed alla necessità di non dimenticare quel genocidio). Mancano, insomma, quegli aspetti che avevano portato all’abbandono da parte di Stati uniti ed Israele della Conferenza di Durban del 2001. Il problema è che è comunque presente nel testo un richiamo proprio alle conclusioni della riunione in Sud Africa di otto anni fa, quelle dello scandalo e dell’abbandono. A questo, a un richiamo, si aggrappa il partito del boicottaggio, un partito che spacca l’Unione europea, anche se non in parte uguali. Ieri gli ambasciatori dei 23 paesi della Ue (su 27) che si sono recati a Ginevra hanno levato le tende alle parole di Ahmadinejad,ma solo per il suo intervento: non abbandoneranno la Conferenza. Almeno non per il momento. La CommissioneUe, presente come osservatrice, ha ricordato che il testo pur non essendo «ideale, ma il frutto di un compromesso», rispetta comunque «le linee rosse» fissate dai 27. L’esecutivo comunitario, ha affermato una portavoce, intende comunque «reagire in modo appropriato» a eventuali «dichiarazioni inaccettabili». Parole spese prima dell’intervento di Ahmadinejad. «Il documento finale – ha detto ancora Ban Ki-moon - è molto equilibrato e stabilisce un quadro concreto di azione in una campagna globale alla ricerca della giustizia per le vittime del razzismo nel mondo». Dal testo, oltre a mancare i riferimenti a Israele, è stato eliminato anche l’articolo sulla «diffamazione di religione», un punto reclamato da molti paesimusulmani ma condannato da quelli occidentali per i suoi possibili effetti sulla libertà di espressione. «La migliore replica a questo tipo di eventi – ha dichiarato ieri Pillay riferendosi a presenti ed assenti - è di rispondere e correggere, non di ritirarsi e boicottare la Conferenza». Anche perché, fa notare l’Alta commissaria per i diritti umani dell’Onu, chi non è d’accordo può sempre chiarire la propria posizione con una nota a pie di pagina, una pratica di routine nei negoziati internazionali. Evidentemente quando ci sono di mezzo Ahmadinejad e Israele la routine salta.
L'UNITA' - Nella sua cronaca, Umberto De Giovannangeli scrive : " Le sue parole incendiano la Conferenza. E provocano la risposta ferma e sdegnata di decine di delegati. Aveva promesso uno «show». E show è stato. Segnato dal più retrivo armamentario antisionista.". L'odio di Ahmadinejad nei confronti di Israele non è solo antisionista, ma anche antisemita. Per il resto la cronaca è sostanzialmente corretta.
La versione di Rainews24 del discorso di Ahmadinejad è annacquata e asettica. Manca un commento, una presa di posizione contro le dichiarazioni del presidente iraniano.
Il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad ha monopolizzato la prima giornata della Conferenza internazionale sul razzismo, in corso a Ginevra, sotto l'egida delle Nazioni Unite. Nel suo discorso davanti a una platea internazionale in cui spiccavano le assenze annunciate dei rappresentanti di Stati Uniti, Canada, Israele, Germania, Italia, Australia, Olanda e Polonia, Ahmadinejad ha attaccato senza citarlo direttamente Israele, provocando l'uscita dalla sala delle delegazioni dei Paesi europei e occidentali. Il capo dello Stato iraniano ha criticato l'istituzione di "un governo razzista" in Medio Oriente dopo il 1945. Immediate le reazioni da parte della comunita' internazionale contro gli attacchi di Ahmadinejad. Il ministro degli Esteri Franco Frattini, in missione a Berlino, ha detto che "l'Italia fin dall'inizio non ha voluto partecipare a un'occasione che presumibilmente, nella nostra valutazione come in quella della Germania, avrebbe potuto risolversi in una cattiva occasione utilizzata per incitare all'odio anti-israeliano". Da Parigi, il presidente francese, Nicolas Sarkozy, ha condannato come "un intollerabile appello all'odio razziale" il discorso tenuto da Ahmadinejad. Sarkozy, che ha inviato una delegazione alla Conferenza Durban 2, ha lanciato un appello all'Ue a dare mostra di "estrema fermezza". Il ministro degli Esteri francese, Bernard Kouchner, da parte sua ha affermato che "non e' possibile alcun compromesso" di fronte alle dichiarazioni anti-israeliane di Ahmadinejad. Per il Vaticano il testo in discussione alla conferenza di Ginevra sul razzismo e' ormai "accettabile": il portavoce del Vaticano, padre Federico Lombardi, spiega cosi' la posizione della Santa Sede a 'Durban 2'. "Ne sono stati tolti tutti elementi che davano luogo a principali obiezioni", ha spiegato il gesuita. Prosegue oggi la Giornata della Shoah, che da ieri sera vede Israele raccolto in silenzio in memoria dei sei milioni di ebrei uccisi nello sterminio nazista. Gli eventi dell'Olocausto saranno ricordati in forma solenne nelle scuole; al suono delle sirene il Paese si fermera' per un minuto di raccoglimento.
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