Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Sitara Achakzai assassinata dai talebani in Afghanistan Si batteva da anni per i diritti delle donne
Testata: Corriere della Sera Data: 14 aprile 2009 Pagina: 15 Autore: Alessandra Muglia Titolo: «Difendeva le donne afghane. Uccisa dai killer talebani»
Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 14/04/2009, a pag. 1-15, l'articolo di Alessandra Muglia dal titolo " Difendeva le donne afghane. Uccisa dai killer talebani" sull'assassinio di Sitara Achakzai.
Sitara Achakzai, 52 anni, consigliera provinciale a Kandahar nota per le sue battaglie in favore delle donne, è stata uccisa a colpi di pistola davanti a casa da due uomini in moto. L’agguato si è svolto in pieno giorno mentre la donna tornava da una seduta consiliare, la prima a cui aveva partecipato dopo essere rimasta ferita il mese scorso nell’attacco kamikaze che aveva insanguinato l’aula, uccidendo tredici persone. Sitara era andata in aula per congedarsi dai colleghi prima di espatriare. Aveva già comprato il biglietto aereo per lasciare l’Afghanistan, il primo maggio. Sulla sua testa pendeva una taglia molto alta, 300mila rupie pachistane (quasi 3mila euro). Tanto avevano messo in palio i talebani per vederla morta. Lei lo sapeva, sapeva di avere i giorni contati in Afghanistan e aveva deciso di lasciare il Paese, per la seconda volta dopo la fuga in Germania durante l’era talebana. Non ha fatto in tempo a mettersi in salvo Sitara Achakzai, nota per le sue battaglie in favore delle donne e consigliera provinciale a Kandahar, culla del potere talebano. L’attivista, 52 anni, è stata uccisa a colpi di pistola davanti a casa, «da due uomini in moto» ha precisato Ahmad Wali Karzai, capo del Consiglio provinciale e fratello del premier. L’agguato si è svolto in pieno giorno mentre la donna tornava da una seduta consiliare. La prima a cui aveva partecipato dopo essere rimasta ferita il mese scorso nell’attacco kamikaze che aveva insanguinato l’aula, uccidendo tredici persone. Terrorizzata, Sitara aveva deciso di lasciare il Paese. «Aveva già un biglietto pronto per il primo maggio» raccontaall'Independent un’amica. Si era recata in aula per congedarsi dai colleghi prima di espatriare. Una seduta d’addio, prima di volare lontano. Invece è stata uccisa. Ultima vittima della lunga serie di donne punite per aver osato sfidare il fondamentalismo dei talebani con la loro attività: come la ballerina Shabana massacrata a gennaio nella valle di Swat, la superpoliziotta Malalai Kakar, colpita a settembre a Kandahar, le giornaliste Shikeba Sanga Amaj e Zakia Zaki trucidate nel 2007, la politica Safia Amajan assassinata nel 2006. L’uccisione di Sitara, rivendicata dai talebani, è arrivata il giorno dopo che uno dei più alti responsabili religiosi della minoranza sciita ha difeso la controversa legge sulle donne voluta da Hamid Karzai e che lo stesso presidente, su pressione della comunità internazionale, ha promesso di rivedere. Secondo Mohammad Asif Mohseni le critiche occidentali contro il testo, che di fatto autorizza gli stupri in ambito familiare, sono «un’invasione culturale che parte dal principio che una cultura è meglio di altre». Sotto choc Malalai Joya, attivista per i diritti umani e parlamentare eletta nel 2005 a soli 27 anni e poi sospesa: «Un altro brutale messaggio per le donne afghane» dice lei che vive nel terrore, mai nella stessa casa per più di 24 ore per sfuggire ai talebani che le danno la caccia. Parlando con il quotidiano australianoThe Age lamenta che nonostante la liberazione delle donne fosse una dei principali obiettivi dell’invasione dell’Afghanistan nel 2001, la loro situazione si è continuata a deteriorare: «Il 90% è vittima di violenza domestica, l’80% dei matrimoni sono forzati». Azra Jafari, prima signora sindaco, eletta quest’anno, dice che la condizione delle donne è peggiorata rispetto al periodo del governo di transizione (tra il 2002 e il 2004), quando l’istruzione femminile era incoraggiata, le donne arrivarono al governo e conquistarono il 25% dei seggi in Parlamento. «Allora avevamo 3-4 ministre, ora ne è rimasta una soltanto» osserva. «Questo assassinio a sangue freddo mette in questione la direzione in cui si sta muovendo l’Afghanistan — riflette Wenny Kusuma, a capo del Fondo per donne afghane delle Nazioni Unite — Non c’è alcun rispetto per la legge di diritto». L’altro giorno, nel distretto del Khash Rud (al confine con l’Iran), un uomo e una ragazza sono stati fucilati in pubblico, «colpevoli » di una fuga d’amore quando lei era già fidanzata con un altro. L’ultima dimostrazione di come i talebani siano tornati a dettar legge.
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