Sull'UNITA' di oggi, 12/04/2009, Umberto De Giovannangeli intervista Saeb Erekat, a pag.23, con il titolo " L'Italia non si schieri con l'unilateralismo dei nuovi falchi di Israele ". Naturalemente le affermazioni di Erekat sono solo propaganda, ma Udg le ingoia senza repliche. Non è vero che il governo israeliano è contro l'ipotesi dei due Stati, ma vista l'esperienza di Gaza, gradirebbe non ripeterla. Ma Udg si guarda bene dal porre questa domanda ad Erekat, non sia mai, prima di tutto botte a Israele, nevvero Udg ? Si vede che questa linea piace anche ai collaboratori del giornale tutto rosso/nero, visto che non aprono bocca ( Colombo, Zeri, niente da obiettare ?) Ecco l'articolo:
Èla prima risposta ufficiale dell’Autorità nazionale palestinese alle esternazioni del neo premier israeliano Benjamin Netanyahu e del ministro degli Esteri Avigdor Lieberman. Quelle che Saeb Erekat, capo negoziatore dell’Anp, consigliere politico del presidente Mahmud Abbas (Abu Mazen), annuncia a l’Unità, sono le condizioni che la leadership palestinese pone per sedersi a un tavolo negoziale con la nuova dirigenza israeliana. «Perché si possa avere negoziati politici – afferma Erekat – Israele deve accettare la soluzione dei “due Stati”; riconoscere gli accordi sottoscritti, Annapolis inclusa; e congelare le attività di insediamento.Nonci possono essere negoziati senza questi elementi ». Queste richieste, spiega il capo dei negoziatori dell’Anp, sono contenute in una lettera ufficiale che il presidente Abbas ha inviato ai rappresentanti del Quartetto per il Medio Oriente (Usa, Ue, Onu, Russia, ndr.). Erekat lancia ancheunappello all’Italia: «Difenda il principio dei due Stati, nonavalli l’unilateralismo irresponsabile dei falchi israeliani ». «Israele non si sente vincolato da trattati», ha proclamato il neo ministro degli Esteri,AvigdorLieberman. Qual è la risposta dell’Anp? «Si tratta di un’affermazione grave, che se attuata porrebbe Israele in rotta di collisionenon solo con la dirigenza e il popolo palestinese, ma anche con gli Usa, l’Europa, i Paesi arabi che hanno condiviso le decisioni emerse dalla conferenza di Annapolis (novembre 2007, ndr.)». In concreto, quali sono i punti che l’Anp ritiene irrinunciabili per ridare slancio al processo di pace? «Sono quelli contenuti in una lettera ufficiale che il presidente Abbas ha inviato ai rappresentanti del Quartetto: l’accettazione da parte di Israele del principio dei due Stati, il riconoscimento degli accordi sottoscritti, Annapolis inclusa, il blocco della colonizzazione dei Territori. Se il primo ministro Netanyahu assicura il rispetto di queste condizioni, siamo pronti a riprendere i colloqui immediatamente e ai massimi livelli ». Il premier israeliano è rimasto sul vago per ciò che concerne l’accettazione del principio dei due Stati. «Non è più tempo di vaghezze. È una pericolosa illusione ritenere, da parte israeliana, che sia possibile perpetuare l’attuale status quo puntando sulla potenza militare ». Da cosa ricominciare? «Dalle importanti affermazioni fatte dal presidente Usa Barack Obama a Istanbul. Il presidente Obama ha ribadito il suo impegno per raggiungere un accordo globale fondato sul principio dei due Stati. Sta a Israele dire se è d’accordo o meno. Per quanto ci riguarda, siamo pronti». Quel «siamo» include anche Hamas? «Con Hamas sono in corso trattative che riprenderanno ufficialmenteal Cairo il prossimo 26aprile. Il nostro obiettivo è di dar vita a un governo di unità nazionale che abbia tra le sue priorità la ricostruzione di Gaza. Maalla base di questa intesa deve esserci il riconoscimentoda parte diHamasdegli accordi fin qui sottoscritti dall’Autorità nazionale palestinese e dall’Olp». Vorrei tornare alle prospettive di pace. Cosa potrebbe accadere nel caso,moltoprobabile, cheil govergoverno israeliano dovesse rifiutare le condizioni poste dall’Anp? «Sarebbe un salto nel vuoto pericolosissimo. Bloccare il negoziato fa solo il gioco delle forze, interne ed esterne, che puntano alla destabilizzazione. Il MedioOriente resta una polveriera pronta a esplodere. E la mancata soluzione della questione palestinese può esserne l’innesco. Obama ne è consapevole. Netanyahu sembra di no. E ciò è inquietante».
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