Sulla politica del presidente Obama, due articoli oggi, 11/04/2009. Sulla STAMPA, di Maurizio Molinari, e sul FOGLIO di Christian Rocca, con la consueta intervista al prof. Franco Zerlenga. In entrambi sembra di capire che Obama non è ancora arrivato al capolinea. Ci auguriamo che abbiano ragione.
La Stampa- Maurizio Molinari: " Linea dura di Obama, voglio altri soldi per i nostri in Iraq".
CORRISPONDENTE DA NEW YORK
Al Qaeda rialza la testa e torna a colpire gli americani in Iraq. E’ di cinque militari Usa morti e uno ferito il bilancio di un attacco kamikaze a Mosul, nel nord dell’Iraq, nel quale sono stati uccisi anche due poliziotti iracheni. Un camion che apparentemente portava grano ma in realtà era imbottito di esplosivo si è lanciato contro la sede della polizia irachena a Mosul, puntando a fare il maggior numero di vittime. Sebbene il tenente colonnello Michael Stuart, capo delle operazioni nel nord dell’Iraq, escluda che si sia trattato di un blitz mirato a colpire americani quanto avvenuto conferma i recenti rapporti di intelligence che suggeriscono un rafforzamento di Al Qaeda tanto a Mosul quanto a Baquba.
L’attentato che ha causato il più pesante bilancio per le truppe americane nell’ultimo anno ha coinciso con le dichiarazioni del generale Raymond Odierno, comandante delle forze in Iraq, che ha ipotizzato un «rinvio dell’applicazione degli accordi sul ritiro firmati con l’Iraq» in ragione dei quali entro la fine di giugno tutte le città dovranno essere consegnate alle forze di Baghdad.
Se Al Qaeda ha scelto Mosul come nuova roccaforte dei propri militanti è perché si tratta di una città al centro delle tensioni etniche fra arabi sunniti e curdi, grazie alle quali i jihadisti puntano a inserirsi nel tessuno sociale guadagnando sostegni. «Ci troviamo in una situazione di crescente pericolo a causa dell’aumento di attività di Al Qaeda, delle tensioni fra sunniti e curdi, e delle infiltrazioni di elementi pro-iraniani organizzati in gruppi come gli Hezbollah» ha detto Odierno al Times di Londra, lasciando intendere il rischio che gli attentati possano intensificarsi proprio in coincidenza con il ritiro degli americani al fine di impedire alle truppe irachene di assumere il controllo della città.
Se Odierno dovesse suggerire un rinvio del ritiro l’ultima parola spetterebbe a Nuri al-Maliki, premier iracheno, ma a confermare che il Pentagono si prepara ad un altro anno di guerra arriva la richiesta del presidente Barack Obama al Congresso di varare 83,4 miliardi di dollari per le operazioni «in Iraq e Afghanistan». In una lettera alla presidente della Camera, Nancy Pelosi, Obama ha parlato di una «resurrezione dei taleban» e delle «minacce di Al Qaeda contro l’America» augurandosi una «veloce approvazione dei fondi». Nelle passate settimane il presidente si era opposto all’idea di questi «fondi supplementari per la guerra» sostenendo che le spese militari non sarebbero dovute andare oltre quelle già previste nel bilancio per il 2010 ma le pressioni del Pentagono lo hanno portato a cambiare idea. «Non possiamo aspettare l’approvazione del bilancio in agosto o settembre per finanziare operazioni militari in Iraq e Aghanistan che devono essere svolte in maggio o giugno» ha spiegato il portavoce Robert Gibbs riassumendo la genesi della richiesta alla Camera firmata da Obama in maniera analoga a quando faceva il predecessore George W. Bush.
Il Foglio- Christian Rocca: " Obama sbaglia tutto sull' islam, ma piano piano se ne renderà conto ".
New York. “Salumeria Rosi”, progettata dal premio Oscar Dante Ferretti, si trova su Amsterdam Avenue, tra la settantreesima e la settantaquattresima strada di Manhattan. Il pensatore newyorchese Franco Zerlenga, già professore di Storia dell’islam alla New York University, ordina lasagne con ragù di maiale e besciamella, trippa alla parmigiana, insalata di indivia con acciughe, limone e aglio e una torta all’olio d’oliva con gelato di crema e bacche imbevute nel Chianti. Da bere, Coca light. Elettore, finanziatore e militante obamiano, Zerlenga è sconcertato dalle prime mosse del suo presidente sui temi del confronto con l’islam: “Sta dicendo soltanto ‘platitude’, banalità, oppure cose patetiche”. Il prof non vorrebbe nemmeno commentare l’inchino al re saudita, poi però sbotta: “Quella fotografia è orribile. Ma che cosa aveva bevuto, che cosa aveva fumato? E’ una cosa umiliante per tutto il mondo libero… inchinarsi davanti al capo di uno dei più ripugnanti regimi del dopoguerra…”. Zerlenga non è contento nemmeno del discorso di Obama al Parlamento turco: “Ha detto che non vogliamo la guerra con l’islam, ma è l’islam che ha dichiarato la guerra a noi. Dire che bisogna parlare con i nemici è una stupidaggine, se poi sono i nemici a non voler parlare con noi. Sulla Turchia – continua Zerlenga – Obama sbaglia completamente, è ‘out of his mind’, non si rende conto che farla entrare in Europa vuol dire accettare un altro paese che ha commesso un genocidio, quello degli armeni. Un solo genocidio non basta e ne abbiamo bisogno di un altro? Almeno i tedeschi si vergognano dell’Olocausto e chiedono continuamente scusa per ciò che è successo, mentre i turchi in nome dell’islam non lo riconoscono nemmeno”. Secondo Zerlenga, “Obama ha subìto un lavaggio del cervello da gente come Zbigniew Brzezinski”, consigliere per la Sicurezza nazionale di Jimmy Carter, “e del Council on Foreign Relations”. La sua Amministrazione, dice Zerlenga, parla di “operazioni d’emergenza oltremare” invece che di guerra al terrore e di “disastri causati dall’uomo” anziché di terrorismo: “Siamo al trionfo della neolingua di Orwell, alla retorica più becera del politicamente corretto”. Ma il pensatore newyorchese è ottimista: “Piano piano Obama si renderà conto”. Le critiche al presidente si fermano qui, con una sola appendice sulla scelta “patetica” di bloccare gli stipendi del suo staff e di tagliare i costi del nuovo elicottero per andare incontro al nuovo sentimento populista diffuso nel paese. Zerlenga vede però anche qualche segno positivo: “Intanto per la prima volta Obama ha riconosciuto il ruolo politico dell’islam. Lo ha detto esplicitamente al Parlamento turco e quando s’èdi Teheran è una Repubblica islamica”. Il pensatore newyorchese crede che Obama sia “un Gorbaciov americano”, perché come il leader sovietico “ha capito che il mondo è cambiato e che il secolo americano è finito”. Zerlenga ricorda che Obama l’ha fatto capire chiaramente a Gordon Brown, dicendogli che “era bello quando c’erano Roosevelt e Churchill a decidere, ma ora siamo in venti”. Avendo capito che il mondo è cambiato, secondo Zerlenga, “Obama sta cercando di spiegare agli americani che siamo sempre i migliori, ma anche che abbiamo molti limiti”. Il ruolo tradizionale del Partito democratico, continua Zerlenga, del resto “è sempre stato quello di rendere più umano il capitalismo”. Così, sul fronte interno, Obama si sta battendo per modernizzare il paese, a cominciare dalle fonti energetiche alternative fino all’istruzione: “Nessuno ha le nostre straordinarie università, ma le scuole sono in uno stato terribile”. Per finire, Zerlenga cita una poesia che ha appena composto. Si intitola “Peace at All Costs”, pace a tutti i costi: “Peace (at all costs) is genocide in Darfur 9/11 in New York unrighteousness in Saudi Arabia tyranny in Burma And to those worldly appeasers Whose bloody interests parasite Bedouin’s heirs buy – every day.
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