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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera - Io Donna Rassegna Stampa
06.04.2009 Tenetele fermi i piedi, sollevate il burka
Orrore in Pakistan, nell'analisi di Pierluigi Battista

Testata:Corriere della Sera - Io Donna
Autore: Pierluigi Battista - Cecilia Zecchinelli
Titolo: «Le grida della fustigata e l’abitudine all’orrore»

 Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 06/04/2009, a pag. 22, l'articolo di Pierluigi Battista dal titolo " Le grida della fustigata e l’abitudine all’orrore " su una donna pachistana che, colpevole di essere stata trovata fuori casa con uomo che non era suo marito, è stata, secondo quanto prevede la legge, fustigata in piazza. Ecco l'articolo :

Allora, c’è un energumeno che sprona i suoi torvi compari: «Tenetele fermi i piedi, solle­vate il burqa». Nel video ripreso da tutti i siti internazionali, il branco dei picchiatori (co­me scrive Viviana Mazza sul Corriere) «intur­bantati e barbuti» picchia selvaggiamente una donna con le cinghie mentre la poveretta implora: «Vi prego, basta, vi prego». Le suppliche servono solo ad aizzare la banda dei bruti, che conta il numero esatto dei colpi da infligge­re: 34. Lei, diciassettenne, subisce la fustigazione mentre una folla di devoti assiste al castigo come a una punizio­ne ineluttabile. La terribile colpa della vittima è di essersi trovata in compagnia di un uomo che non era suo marito. Il luogo è la valle di Swat, una provincia talebana nel Nord-ovest del Pakistan. Qualcuno ha ripreso con il telefo­nino la scena del linciaggio islamico. Su Internet si sono viste le scene dell’orrore, con l’audio dei lamenti della donna e delle urla dei carnefici. Nessuno ha protestato: oramai nessuno considera più un problema che una don­na pachistana sia fustigata a sangue per una miserabile inezia.
La scena della donna fustigata è la raffigurazione del­l’orrore politico contemporaneo. E l’orrore non consiste nel fatto che certe cose accadano, ma che accadono ora­mai come se fossero un fenomeno naturale e ovvio. È ov­vio che consistenti porzioni del pianeta siano lo scenario, illuminato da videoregistra­zioni diffuse in tutto il mondo, delle violazioni più efferate della dignità delle persone. Le organizza­zioni a difesa dei diritti umani, Amnesty Internatio­nal in testa, sprofondano nell’impotenza. Le Nazioni Unite, invece che nell’impo­tenza, sprofondano nel ridi­colo, mettendo a capo de­gli organismi che dovrebbe­ro tutelare il rispetto dei diritti umani rappresentanti di Stati che ne sono la perfetta negazione. L’opinione pubbli­ca occidentale è stanca, anzi esausta. La crisi economica suggerisce ai governi prudenza, acquiescenza, silenzio, per non mettere a rischio la convenienza dei buoni rap­porti internazionali con dossier superflui come quello dei diritti fondamentali. Inoltre, il discredito di ogni vel­leità di «esportazione della democrazia», con tutte le gof­faggini retoriche e i colossali errori geopolitici che ha tra­scinato con sé, ha messo fine a ogni pretesa «universali­stica » sul piano dei diritti, al rifiuto dell’idea che ogni dispotismo sia immodificabile, e che la libertà sia impos­sibile oltre i confini delle democrazie già consolidate.
È finita l’epoca in cui all’islam «moderato» si chiedeva di dare un giudizio di condanna delle fustigazioni, delle lapidazioni, delle impiccagioni messe in atto con motiva­zioni di tipo religioso. E mentre nell’Iraq islamico si inau­gura la caccia all’omosessuale, Tariq Ramadan — la ver­sione «dialogante» della cultura musulmana — accusa imprecisate «lobby» di favorire tenebrose campagne a fa­vore dell’omosessualità nei Paesi islamici. La donna fusti­gata in Pakistan è sola nelle mani dei suoi carnefici, co­stretta a subire le cinghiate degli energumeni, sempre più consapevole che le sue suppliche resteranno inascol­tate, dentro e fuori il Pakistan. Solo per essere uscita con
un uomo.

Sulla condizione di inferiorità della donna nei Paesi arabi. Su IO DONNA del 04/04/2009, a pag. 83, l'articolo di Cecilia Zecchinelli dal titolo " Abbasso il Commesso ". Alle donne saudite, tra i mille altri divieti (come quello di guidare), è vietato lavorare in un negozio ed è vietato anche stare nella stessa stanza con un uomo che non sia il marito.
Questa situazione genera non pochi imbarazzi. Per esempio, come raccontato nell'articolo di Cecilia Zecchinelli, una donna, per comprarsi un paio di mutande (sexy o no che siano), deve rivolgersi ad un commesso uomo.

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