Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Terrorista palestinese uccide a colpi d'ascia un tredicenne e ferisce un bambino Cosa c'entra Lieberman ?
Testata:Corriere della Sera - La Repubblica - Ansa - Adnkronos Autore: Francesco Battistini Titolo: «Israele, Lieberman sette ore dalla polizia»
Ieri a Bat Ein un terrorista palestinese armato di ascia ha ucciso un tredicenne e ferito un bambino di sette anni. Tutti i media italiani trattano la notizia tranne ANSA e ADNKRONOS. Evidentemente l'assassinio a sangue freddo di un ragazzino ebreo non fa abbastanza scalpore per le due agenzie stampa.
Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 03/04/2009, a pag. 18, la cronaca di Francesco Battistini dal titolo " Israele, Lieberman sette ore dalla polizia " preceduto da un nostro commento.
CORRIERE della SERA - Francesco Battistini : " Israele, Lieberman sette ore dalla polizia "
L'impostazione dell'articolo è sbagliata. Nel titolo si fa riferimento all'interrogatorio della polizia a Lieberman per le accuse a suo carico di frode. L'articolo è sull'attentato terrorista palestinese, ma nel titolo non viene scritto. Sembra quasi che Lieberman sia stato interrogato sette ore dalla polizia per aver ucciso il ragazzo. Battistini dà la responsabilità dell'attentato a Lieberman e alle sue dichiarazioni di ieri. Questo non è corretto. I terroristi palestinesi hanno più volte dichiarato che, per loro, un governo vale l'altro e un attentato non si organizza in 24 ore. Battistini, comunque, non è l'unico a intravedere un nesso (inesistente) fra le dichiarazioni di Lieberman su Annapolis e l'attentato: lo fanno anche gli altri quotidiani italiani tranne UNITA' e REPUBBLICA. La cronaca di Alberto Stabile su REPUBBLICA, però, chiama il palestinese "assalitore".
GERUSALEMME — È entrato negli uffici di Bat Ein, vestito da ebreo ortodosso. «Correva». Aveva un’ascia in mano. «Abbiamo cercato di bloccarlo». È riuscito a scavalcare le scrivanie, oltre gli adulti. «Quando ha visto i bambini, ha colpito». L’ascia ha ucciso sul colpo un ragazzino di 13 anni e ne ha ferito un altro, di sette. I coloni hanno preso le armi, sparato. Il palestinese era ferito, ma è riuscito a scappare. Le sue vittime, Shlomo Nativ e Yair Gamliel, non hanno cognomi qualunque: il primo era il figlio del fondatore di Bat Ein, insediamento che sta a metà strada fra Gerusalemme e Hebron; il padre del secondo è in carcere, 15 anni di condanna, per un attentato a una scuola palestinese. Difficile farlo passare per uno psicopatico: la sua azione è stata rivendicata da Jihad islamica. Difficile dire che non c’entrano le parole incendiarie di Avigdor «Yvette» Lieberman, il neoministro degli Esteri:si vis pacem para bellum, aveva detto solo poche ore prima, e invece la guerra è già bell’e pronta. L’aria si scalda. E al secondo giorno di governo, «Yvette» ci mette ancora del suo: dopo Annapolis, getta nella pattumiera le trattative con la Siria sul Golan («non lo restituiremo, Israele può offrire solo pace in cambio di pace»); incassa l’avvertimento del siriano Bashar Assad («il Golan tornerà a noi con la pace o con la guerra»); precisa che sulla Road Map «non ci sarà unIsrabluff, perché abbiamo assunto obblighi e li rispetteremo, ma ci vuole reciprocità»; dice di voler «dialogare con l’Autorità palestinese di Abu Mazen, ma voglio anche accertarmi che l’assegno sia coperto: lotti contro il terrorismo, controlli Gaza, smilitarizzi Hamas, altrimenti sarà difficile andare avanti sulla Road Map». La strada si fa difficile anche per lui. Passate le elezioni, formato il governo, Lieberman ieri è stato convocato dalla polizia. Sette ore sotto torchio. È la vecchia inchiesta per corruzione, riciclaggio e abuso d’ufficio che riguarda lui, suo figlio e il suo legale: in ballo ci sono grandi somme di denaro, perché con una serie di finte società si sarebbero fatti pagare dall’estero, illegalmente, la campagna elettorale. Era un interrogatorio già fissato, dicono gl’investigatori, e altri ne seguiranno. Una bomba a orologeria, anche se la giustizia israeliana ha spesso tempi biblici e lo stesso Lieberman, qualche giorno fa, ha messo le mani avanti: se ci sarà processo, lui non ha nessuna intenzione di lasciare la poltrona. Deve prepararsi alla sua guerra personale, «Yvette», se vuole governare in pace. Gli attacchi interni ed esterni si moltiplicano. Il presidente Peres, che nel 2001 lo voleva far processare all’Aja per razzismo, non apprezza le sue uscite. Tzipi Livni dice che «questo governo non è un partner per la pace coi palestinesi». Hillary Clinton chiede un incontro urgente (Obama vedrà Netanyahu a maggio). E gli egiziani, che ancora aspettano le scuse per la volta che Lieberman propose di bombardarli con l’atomica, ieri l’hanno detto chiaro: «Non è un interlocutore. Non lo è nemmeno Netanyahu. D’ora in poi, per parlare col governo israeliano, il nostro uomo sarà Ehud Barak. Il laburista. L’unico ragionevole ».
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