Riportiamo dall'UNITA' di oggi, 26/03/2009, a pag. 38, l'intervista di Leonardo Sacchetti a Emmanuel Todd dal titolo " Lo scontro di civiltà non ci sarà. E l'Islam non fa paura ".
Todd vede in maniera positiva la nuova politica estera statunitense nei confronti dell'Iran e dichiara " Penso invece che l’aggressività americana abbia frenato molto l’emergere della stabilizzazione della democrazia iraniana, causando un atteggiamento di rigidità militare, nazionalista, di cui il presidente Ahmadinejad è un sintomo ". Todd accusa l'amministrazione Bush e la sua politica estera se in Iran, oggi, non c'è democrazia. Il vero responsabile della repressione, e cioè il regime teocratico imposto dall'ayatollah Khomeini nel 1979, non viene menzionato.
Ecco l'intervista :
I paesi musulmani sono semplicemente in ritardo sulla modernizzazione, senza essere diversi nell’essenza rispetto agli altri paesi». Emmanuel Todd è il demografo francese che, insieme a Youssef Courbage, ha appena pubblicato in Italia per Marco Tropea editore il libro L’incontro delle civiltà, un agile saggio che ribalta la tesi di Samuel P. Huntington sullo «scontro di civiltà», sapientemente manipolata dai neoconservatori negli ultimi anni. «Il mondo musulmano – è la tesi di Todd e Courbage – si è incamminato verso il punto di incontro di una storia molto più universale di quanto si voglia in realtà ammettere». Emmanuel Todd, nel suo libro si respira una certa dose di «ottimismo». Possiamo vedere la demografia come un potente strumento di lettura per avviare politiche inclusive? «La demografia permette soprattutto di non considerare a priori l’esistenza di sistemi culturali, religiosi o meno, chiusi gli uni agli altri. Nell’insieme del mondo musulmano i tassi di fecondità stanno decrescendo, come si sono abbassati nell’insieme del mondo cristiano. Questo fattore iscrive questi paesi in una storia universale della modernizzazione». Con Courbage lei scrive che «lo scontro di civiltà non avrà luogo» perché l’instabilità dei paesi musulmani è legata a un’evoluzione della loro demografia. In quei contesti spesso patriarcali, quanto questa evoluzione è dettata dall’alfabetizzazione femminile? «Il contesto è patriarcale e non è questione di negare l’esistenza di uno statuto della donna più basso nel mondo arabo o in Iran rispetto all’Europa. Che le donne, dopo gli uomini, imparano a leggere e scrivere e accedono a una coscienza moderna del tutto normale, è una legge demografica. L’alfabetizzazione delle donne provoca l’abbassamento della fecondità e porta alle conseguenze abituali della modernizzazione. La demografia ci dice che il sistema patriarcale se frena la modernizzazione non rappresenta un ostacolo assoluto. In paesi come la Tunisia o l’Iran le coppie hanno solo due bambini e un quarto delle famiglie accetta di non avere figli. Qui, il sistema patriarcale sta per esplodere». Nei suoi libri «Il crollo finale» e «Dopo l’impero» lei ha previsto la fine dell’Urss e la crisi economica Usa. Nel 30esimo anniversario della rivoluzione degli ayatollah, l’Iran ha una popolazione giovane e donne alfabetizzate. Perché, fino ad ora, tutto ciò si traduce in astensionismo politico e non in un cambio anche elettorale? «Con la storia, occorre avere pazienza. L’Iran ha fatto una rivoluzione come l’Inghilterra nel 1640, la Francia nel 1789 o la Russia nel 1917. Lo sviluppo di un sistema elettorale stabilizzato prende tempo. Non si può negare che gli iraniani, anche se a volte si astengono, nel complesso votano molto e sovente. Penso invece che l’aggressività americana abbia frenato molto l’emergere della stabilizzazione della democrazia iraniana, causando un atteggiamento di rigidità militare, nazionalista, di cui il presidente Ahmadinejad è un sintomo. Oggi, il presidente Usa Obama potrebbe accelerare lo sviluppo di una vera democrazia in Iran, attraverso un atteggiamento di apertura, di comprensione e di incoraggiamento. Ne avrà il coraggio?». Usando gli strumenti della demografia, come descrive la fase di «letargo» demografico e culturale delle società occidentali? «È vero che l’Occidente è entrato in una fase di stagnazione educativa, anche se a un livello alto. In Francia il 30% dei giovani ha un’educazione superiore e il nuovo analfabetismo è un mito. Ma è vero che un mondo troppo stabile può avere paura di un mondo che progredisce. Anche se questa progressione interviene a un livello molto più basso. Aggiungo che l’Europa vive senza saperlo una crisi religiosa: la chiesa cattolica ha finito per perdere il potere sociale. La pratica religiosa è insignificante dalla Svezia alla Sicilia. Senza che gli europei ne abbiano coscienza, esiste un’angoscia metafisica che porta senza dubbio a un’attitudine fantasmatica di paura e d’invidia di fonte all’islam percepito come una religione vivente». Nell’«Incontro delle civiltà» il Pakistan è il paese in cui queste turbolenze potrebbero tradursi in profonda crisi. Perché? «Il tasso di alfabetizzazione e l’indicatore di fecondità permettono di localizzare ogni paese sulla traiettoria della modernizzazione. Con 2 figli per donna, l’Iran ha superato la sua crisi; con 4,5 per donna, invece, il Pakistan è nel peggiore momento di caduta rispetto alla modernità, con le relative conseguenze di disorganizzazione dei valori famigliari. E in più il Pakistan possiede il nucleare». In Italia, le seconde generazioni di immigrati sono vissute dal governo Berlusconi come un problema anziché una risorsa. Quali differenze vede tra la politica italiana e quella legata a Sarkozy? «La cosa importante non è la politica, ma sono i modi e il momento. L’immigrazione è cominciata in Francia generazioni prima che in Italia. Il Fronte Nazionale sta per sparire; il tasso di matrimoni misti è elevato fra i figli degli immigrati e i giovani francesi. Piuttosto, i francesi stanno ritrovando il piacere della lotta di classe. L’islamofobia è diventata una caratteristica delle élite, l’arabofobia lo era per quelle classi popolari che hanno nutrito il FN. Adesso l’Italia, sorpresa e irritata, scopre una popolazione di origine straniera. Ma è, come la Francia, un paese latino, ugualitario, poco interessato dalle questioni razziali e con molti bambini di origine straniera che parlano italiano e bambini di coppie miste. Ne sono sicuro: al di là delle politiche governative, l’Italia si abituerà come la Francia».
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