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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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L'Opinione - Corriere della Sera - Il Riformista Rassegna Stampa
25.03.2009 Tsahal: le accuse fantascientifiche di Hitchens e le fonti palestinesi del Guardian
E inoltre: l'analisi di Dimitri Buffa

Testata:L'Opinione - Corriere della Sera - Il Riformista
Autore: Dimitri Buffa - Christopher Hitchens - Anna Momigliano
Titolo: «L'esercito israeliano contrattacca alle accuse: noi non tagliamo l'albero su cui sediamo - La deriva religiosa dell'esercito - I delitti di Gaza tra finti 'scoop' e omertà militari»

Riportiamo dall'OPINIONE di oggi, 25/03/2009, l'articolo di Dimitri Buffa dal titolo " L'esercito israeliano contrattacca alle accuse: noi non tagliamo l'albero su cui sediamo ", dal CORRIERE della SERA, a pag.1-34, l'articolo di Christopher Hitchens dal titolo " La deriva religiosa dell'esercito " e dal RIFORMISTA, a pag. 9, l'articolo di Anna Momigliano dal titolo " I delitti di Gaza tra finti 'scoop' e omertà militari ". Ecco gli articoli

L'OPINIONE - Dimitri Buffa : " L'esercito israeliano contrattacca alle accuse: noi non tagliamo l'albero su cui sediamo "

“Se l’esercito si comportasse in modo immorale, taglierebbe il ramo su cui si regge e dissuaderebbe proprio le persone migliori dal servire nelle forze armate o dal mandarvi i loro figli.” Lo ha spiegato nei giorni scorsi il capo di stato maggiore israeliano Gabi Ashkenazi parlando a giovani reclute del genio alle quali ha ricordato che “A sessant’anni dall’indipendenza, Israele deve ancora difendersi e ora è il vostro turno”. Ma a parte il capo di stato maggiore i giornali come il “Jerusalem Post” hanno pubblicato decine di testimonianze di riservisti e soldati, anche paracadutisti, o “zankanim” che dir si voglia, i quali hanno raccontato tutta un’altra atmosfera: “ci era proibito persino toccare le loro caramelle, in alcuni casi abbiamo lasciato le case occupate solo dopo averle pulite e rimesse a posto, e in più di un’occasione abbiamo consegnato qualche banconota al capo famiglia, comunque gli ordini erano quelli di evitare al massimo ogni coinvolgimento di civili che non fossero complici dei terroristi.. poi naturalmente esistono sempre gli idioti e i criminali..dentro e fuori da Tzahal..” In Italia “la Repubblica” e in Israele il giornale gemellato “Haaretz” nelle scorse settimane hanno molto montato le denunce provenienti da alcuni riservisti a proposito di sistematiche uccisioni a freddo, devastazioni e rapine compiute dai soldati di Tzahal ai danni di inermi civili palestinesi durante l’operazione “piombo fuso”. E l’Onu fa di tutto per cercare di incastrare, senza prove, Israele in una qualche violazione dei diritti umani. Ma nonostante tutto questo zelo si può tranquillamente affermare che in Israele in particolare e nel mondo occidentale in generale nessuno crede che le prassi denunciate da Dani Zamir, istruttore al corso preparatorio pre-militare “Yitzhak Rabin” dell’Oranim Academic College di Kiryat Tivon siano vere. E’ stato lui la pietra dello scandalo pubblicado e facendo diffondere un bollettino che dava conto dello sfogo di alcuni riservisti che avevano partecipato alla guerra di Gaza e poi al suo corso di strizzacervelli democratico. Ma adesso sulla stampa israeliana viene fornito un quadro d’insieme sulla sua persona che ne mina altamente l’attendibilità. Prima di tutto e come al solito nessuna delle testimonianze citate si riferisce a qualcosa che i soldati dicono d’aver fatto in prima persona, ma sempre a qualcosa che dicono d’aver sentito o visto fare da altri soldati. Inoltre lo stesso articolo su Ha’aretz di giovedì scorso ricorda che nel 1990 Zamir, allora comandante di una compagnia di paracadutisti della riserva, venne processato e condannato per essersi rifiutato di garantire protezione a una cerimonia durante la quale degli “israeliani di destra” portavano i Rotoli della Torah nella Tomba di Giuseppe a Nablus (Cisgiordania). Zamir, in un’intervista di giovedì scorso a Israel Radio, affermò che i soldati dell’operazione anti-Hamas con cui ha parlato durante l’incontro “riflettevano un’atmosfera all’interno dell’esercito di disprezzo per i palestinesi”. Ma Zamir, guarda caso, in un libro del 2004 intitolato “Refusnik: i soldati di coscienza israeliani”, redatto da Peretz Kidron e con una prefazione di Susan Sontag, sosteneva analoghi concetti. Il libro venne lodato da Noam Chomsky, e già questo la dice lunga, e comprendeva un capitolo a firma di Zamir, descritto come “un ufficiale della riserva originario del kibbutz Ayelet Hashahar condannato a 28 giorni per essersi rifiutato di servire a Nablus, ora a capo del seminario preparatorio del movimento kibbutzistico per i giovani alla vigilia del loro arruolamento nelle forze armate”. E che scriveva Zamir che sembra un odiatore di professione delle Israeli Defence Forces? “Con stupida determinazione e col compiacimento dei sapientoni predicatori primitivi e nazionalisti sfegatati – era la sua prosa - ci stanno ingannando e conducendo alla catastrofe, mentre Pompei si dedica a banchetti e incontri sportivi alla vigilia del disastro, vedo un vulcano nella terra dove un terzo degli abitanti (nei territori occupati) non può votare, sotto un sistema di giustizia militare che è una farsa. Collaborare con un regime che mi ordina di far parte di un apparato antidemocratico che porta all’autodistruzione, alla disintegrazione e alla decadenza nazionale, è illegittimo, ingiusto e immorale, e resterà tale finché lo stato non adotterà una delle due sole possibile opzioni: annettere i territori conquistati nel 1967 garantendo pieni diritti a coloro che vi abitano, oppure ritirarsi, affrancandoci dalla responsabilità verso coloro che vi abitano, che sceglieranno per loro conto il regime che preferiscono”. Insomma oggi quest’uomo se ne esce con accuse da lui già fatte in precedenza, forse per vendicarsi del processo e della condanna subiti per non avere voluto servire Israele. E guarda caso, oggi come allora, i suoi obbiettivi sono sempre gli stessi: la destra nell’esercito o quella al potere in Israele.

CORRIERE della SERA - Christopher Hitchens : " La deriva religiosa dell'esercito "

Hitchens scrive : " I coloni razzisti e i loro complici tra i rabbini stanno allevando un esercito dentro l'esercito in modo che un giorno, se verrà mai presa la decisione di smantellare o evacuare gli insediamenti abusivi nei territori palestinesi, ci saranno ufficiali e soldati a sufficienza, corroborati dai rabbini e dai loro sermoni estremisti, che si rifiuteranno di eseguire gli ordini. Si scoveranno i versetti della Torah che consentono di ammazzare anche gli ebrei laici, e non solo gli arabi. ". Dà per scontato che i crimini di guerra siano stati davvero commessi dai soldati israeliani. E' stata aperta un'inchiesta apposta, ma Hitchens, in modo quanto meno arrogante, crede di conoscere già il risultato, fidandosi ciecamente di Dany Zamir. Anzi, la versione dell'esercito non gli interessa proprio, dato che, nel suo pezzo, non scrive una frase al riguardo. Come al solito in questi processi a Israele, non c'è spazio per la difesa.
Riguardo alle affermazioni sull' "esercito nell'esercito " sembrano uscite da un romanzo. Hitchens ha le prove di quello che scrive? No, dal momento che non ne fa menzione nel suo pezzo, tutto basato su illazioni personali.
Ecco l'articolo :

Le rivelazioni sulle atrocità commesse dai soldati israeliani a Gaza indicano che i rabbini militari hanno incitato alla «Guerra santa» per l'espulsione dei non ebrei dalla terra di Israele. Lo studioso israeliano Dany Zamir, che per primo ha raccolto testimonianze di soldati israeliani sotto choc, viene citato spesso come se questi insegnamenti estremisti fossero una novità. Non lo sono. Ricordo una visita in Israele nel 1986, quando il capo cappellano dell' esercito nei territori occupati, il rabbino Shmuel Derlich, consegnò alle truppe una lettera pastorale in cui ordinava di applicare il comandamento biblico di sterminare gli Amalechiti, perché «nemici di Israele». Nessuno però si era imbattuto negli ultimi tempi in un Amalechita, e per questo motivo un funzionario dei servizi di informazione dell'esercito israeliano chiese al rabbino Derlich se poteva essere più preciso e indicare chiaramente a chi si riferiva. In maniera piuttosto evasiva — anche se allarmante — il religioso rispose, «i tedeschi». Non ci sono tedeschi in Giudea né in Samaria e neppure, a quanto io ne sappia, nell'intero Antico Testamento, e pertanto l'esortazione del rabbino a trucidare tutti i tedeschi e allo stesso modo, probabilmente, tutti i palestinesi, fu sottoposta al tribunale militare. Quaranta rabbini militari si fecero avanti pubblicamente in difesa di Derlich e la conclusione alquanto fiacca del giudice fu che il nostro uomo non aveva commesso alcun reato, ma gli consigliava in futuro di trattenersi dal fare dichiarazioni politiche a nome dell'esercito.
Il problema in questo caso è appunto che il rabbino non aveva fatto nessuna dichiarazione politica, ma adempiva al suo dovere religioso nel ricordare ai fedeli le parole esatte della Torah. Non è affatto insolito in Israele ascoltare i dibattiti dei rabbini militari su come interpretare il seguente passo del Libro dei Numeri, 31, 13-18 (nella mia traduzione del 1985). Gli Israeliti hanno infierito senza pietà contro i Midianiti, uccidendo tutti i maschi adulti. Ma, interviene il loro severo comandante, non hanno fatto il loro dovere fino in fondo: «Mosè si adirò con i comandanti dell'esercito che erano tornati dalla campagna militare. "Avete risparmiato le donne! Eppure sono state proprio loro che, su ordine di Balaam, hanno indotto gli Israeliti a peccare contro il Signore nella faccenda di Peor, e la comunità del Signore è stata punita con la pestilenza. Ora, pertanto, uccidete tutti i maschi tra i bambini e tutte le giovani donne che hanno conosciuto un uomo carnalmente, ma risparmiate quelle giovani che non hanno avuto rapporti carnali con un uomo"». (...) Se gettiamo uno sguardo all'orrenda catasta di morti tra i civili palestinesi, risultato dell'attacco israeliano, è facile intuire la strada intrapresa nel medio e lungo termine. I coloni razzisti e i loro complici tra i rabbini stanno allevando un esercito dentro l'esercito in modo che un giorno, se verrà mai presa la decisione di smantellare o evacuare gli insediamenti abusivi nei territori palestinesi, ci saranno ufficiali e soldati a sufficienza, corroborati dai rabbini e dai loro sermoni estremisti, che si rifiuteranno di eseguire gli ordini. Si scoveranno i versetti della Torah che consentono di ammazzare anche gli ebrei laici, e non solo gli arabi. Le prove di tutto ciò sono già in corso, con le attenuanti religiose ripescate per il massacro di Baruch Goldstein e i cavilli talmudici per l'assassinio di Yitzhak Rabin. Questa esegesi biblica, un tempo ritenuta estrema e metaforica, oggi si avvicina pericolosamente alla norma. È giunto il momento che gli Stati Uniti revochino tutti gli aiuti finanziari a Israele che possano venire impiegati anche indirettamente nelle attività degli insediamenti, non solo perché tale colonizzazione rappresenta il furto della terra di un altro popolo, ma anche perché la Costituzione americana ci vieta esplicitamente di spendere denaro pubblico per il sostegno di qualunque fede religiosa.

Il RIFORMISTA - Anna Momigliano : " I delitti di Gaza tra finti 'scoop' e omertà militari "

Nel suo articolo, Anna Momigliano cita un pezzo del Guardian, nel quale sono citati tre video che proverebbero che le accuse fatte a Tsahal sono vere. La fonte che ha diffuso i tre video? Palestinese, ovviamente.
Ecco l'articolo:

«Abbiamo le prove». Ieri il quotidiano inglese Guardian titolava sulla prima pagina del proprio sito di potere provare che le «accuse di violazione dei diritti umani da parte dell'esercito israeliano» sarebbero un fatto. Le "prove" sono tre video, realizzati a Gaza da Clancy Chassay. Nel primo una famiglia, la cui casa è evidentemente distrutta, racconta di essere stata bombardata da un aereo senza pilota (drone) israeliano mentre prendeva il té; visto che i drone sono molto precisi, il cronista sostiene che gli israeliani devono avere colpito intenzionalmente i civili. Nel secondo filmato tre fratelli adolescenti dicono di essere stati utilizzati come scudi umani dai militari israeliani. Nel terzo video infine alcuni paramedici raccontano che i soldati israeliani hanno sparato contro di loro e infatti alcune immagini di repertorio mostrano dei paramedici palestinesi sotto il fuoco. Ed è questo l'unico filmato dei tre in cui esistono elementi che sembrino davvero una prova concreta. L'esercito non ha risposto alle domande del Guardian.
I fatti denunciati dal quotidiano sono gravi, e si aggiungono alle denunce di alcuni soldati riportate la scorsa settimana da Haaretz: in alcuni casi le prove sembrano esserci, in altri la questione è probabilmente più complicata, ma non per questo può essere ignorata. Dal canto loro le Ong israeliane invitano alla cautela, e chiedono più trasparenza ai vertici militari.
«Per noi una testimonianza diventa una prova solo quando è verificata» dice Sarit Michaeli. Una che di testimonianze e di diritti umani se ne intende, visto che la sua organizzazione, B'tselem raccoglie le testimonianze dei palestinesi che sostengono di essere maltrattati (dalle autorità israeliane o palestinesi). E poi ne chiede conto ai presunti responsabili. «Noi ci andiamo sempre coi piedi di piombo» dice. «È capitato qualche volta che le testimonianze fossero smentite, altre volte sono state confermate eccome».
Allora il Guardian è giunto a conclusioni affrettate? «Non giudico, i giornalisti hanno standard diversi, possono sempre fare una rettifica. Le organizzazioni per i diritti umani devono essere molto più scrupolose». Massima cautela dunque anche sulle accuse sulle vittime civili: «Dal punto di vista legale tutto dipende dalle informazioni che erano in possesso l'esercito. Dicono di avere informazioni che i terroristi si nascondevano nelle case? Noi chiediamo una prova, il problema è che non ce la forniscono». Conclusione? «L'esercito deve piantarla di eludere le domande». Il che poi, al di là dei titoli, è anche quello che chiede il Guardian in un editoriale: «L'esercito [israeliano] ha i mezzi per confutare queste accuse, ma non si sente obbligato a farlo».
Questo non giustifica che Tsahal ignori le accuse, ma dovrebbe essere un invito per i media a verificarle sempre bene. «Già, circolano un sacco di informazioni sbagliate» commenta Michael Menkin di "Rompere il silenzio", un'organizzazione indipendente di militari israeliani che si occupa proprio di raccogliere le testimonianze dei soldati nei Territori e denunciare alcune «politiche eticamente scorrette». Menkin ha combattuto nella Seconda intifada, ora si dice «molto preoccupato» dalle notizie sulla Guerra di Gaza. «Stiamo raccogliendo le testimonianze di 15 soldati, che farebbero pensare che comportamenti non-etici fossero diffusi. Ma per fare i necessari controlli incrociati servono tre mesi». Haaretz ha già pubblicato alcune testimonianze scomode di militari. «Sono credibili» dice Menkil. Ma poi mette le mani avanti: «Sarebbe comodo dire che il nostro esercito è un mostro, ma non è affatto vero, noi guardiamo i casi specifici. A volte si comporta molto bene, altre molto male». Per esempio? «Chiudere Gaza ai giornalisti è stato un fatto grave».

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