mercoledi` 14 maggio 2025
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



Clicca qui






Corriere della Sera - La Stampa Rassegna Stampa
24.03.2009 Sulla politica estera di Obama
Due interviste a Roger Cohen e Franco Frattini

Testata:Corriere della Sera - La Stampa
Autore: Paolo Valentino - Emanuele Novazio
Titolo: «L'apertura degli Usa all'Iran causerà tensioni con Israele - Ma la pace passa dal Pakistan»

Sulla politica estera di Barack Obama riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 24/03/2009, a pag. 15, l'intervista di Paolo Valentino a Roger Cohen dal titolo " L'apertura degli Usa all'Iran causerà tensioni con Israele  " (preceduta da una nostra critica) e dalla STAMPA, a pag. 5, l'intervista di Emanuele Novazio al ministro Frattini dal titolo " Ma la pace passa dal Pakistan ". Ecco gli articoli:

CORRIERE della SERA - Paolo Valentino : " L'apertura degli Usa all'Iran causerà tensioni con Israele "

Roger Cohen, molto favorevole all'apertura di Obama all'Iran, a proposito dell'amministrazione Bush dichiara : " La linea dell'Amministrazione Bush, quella secondo cui Israele non può mai sbagliare, fossero gli insediamenti nei territori palestinesi, la guerra in Libano anche dopo che Kofi Annan aveva negoziato la tregua o gli attacchi indiscriminati e inaccettabili a Gaza che hanno portato alla morte di civili e bambini, è stata disastrosa." . Come se le guerre intraprese da Israele fossero capricci di un bambino viziato e Bush, come un adulto troppo indulgente, si dimostrasse sempre pronto a soddisfarli.
Cohen sostiene che Netanyahu appare intenzionato ad agire militarmente contro l'Iran...ma non specifica la fonte della sua informazione, né offre una soluzione al problema della minaccia nucleare iraniana
Afferma  poi "
il quesito è cosa sia negli interessi di Israele: lo è una linea che ha portato a due guerre in tre anni, ha visto Israele e gli USA criticati nel mondo, non solo in quello islamico? Non credo ". Ciò che conta, per Cohen, è l'approvazione dei Paesi islamici e del resto del mondo...Israele sbaglia a difendersi quando viene attaccato perchè questo fa diminuire la sua popolarità.
Per quanto riguarda le sue dichiarazioni sull'Iran, da lui visto in maniera molto positiva, si può osservare che il presunto "pragmatismo" degli ayatollah contrasta con l'ideologia del "martirio" che proclamano, che non c'è motivo per credere che l'incitamento al genocidio di Ahmadinejad sia solo "retorica" e non un programma politico e che se i giovani non vogliono rovesciare il regime forse è perchè quelli che lo desiderano sono rinchiusi in carcere o morti impiccati.

Ecco l'intervista:

WASHINGTON — «Una delle conseguenze inevitabili del messaggio di Barack Obama agli iraniani sarà una ridefinizione, dolorosa ma necessaria, dei rapporti degli Stati Uniti con Israele, nel momento in cui le differenze di vedute sull'Iran si faranno più forti».
Roger Cohen è uno degli editorialisti di punta del New York Times
sulla politica estera. E' da poco tornato dall'Iran, dove in febbraio ha trascorso due settimane, che ha raccontato in diversi articoli pieni di sorprese e di novità sulla società iraniana, descritta come «vibrante e curiosa, giovane e ansiosa di aprirsi al mondo ».
Come giudica l'appello di Obama?
«Penso che rappresenti un cambiamento d'approccio radicale. Nessun presidente o dirigente americano aveva mai usato il termine Repubblica Islamica dell' Iran, dicendo che deve riprendere il suo posto nella comunità delle nazioni. Di fatto è il riconoscimento trent'anni dopo della rivoluzione khomeinista. Ed è un punto cruciale: una delle più gravi ragioni di preoccupazione e ansia in Iran era la nozione che l'obiettivo di fondo degli Stati Uniti fosse quello di minare ed eventualmente rovesciare questo regime. Ora il presidente offre "reciproco rispetto". In secondo luogo, Obama ha tolto di fatto dal tavolo almeno per il futuro prevedibile l'opzione militare».
Lei riconosce che il processo sarà lungo e difficile, paragonandolo a quanto è successo in Irlanda del Nord. L'Amministrazione dovrà affrontare critiche e superare molti ostacoli. E uno di questi saranno sicuramente le divergenze con Israele: quanto peseranno?
«Il punto è di capire cosa sia veramente nell'interesse di lungo periodo di Israele. La linea dell'Amministrazione Bush, quella secondo cui Israele non può mai sbagliare, fossero gli insediamenti nei territori palestinesi, la guerra in Libano anche dopo che Kofi Annan aveva negoziato la tregua o gli attacchi indiscriminati e inaccettabili a Gaza che hanno portato alla morte di civili e bambini, è stata disastrosa. Non è questo il solo modo di essere un buon alleato d'Israele. Penso invece che Obama capisca prima di tutto che occorra un approccio regionale a questi problemi: non ci sarà pace, se non parliamo anche ai nemici. Questa amministrazione è decisa a cambiar corso».
Ma l'evoluzione politica in Israele va verso una radicalizzazione...
«Certo. Ci saranno tensioni forti con Israele sull'Iran, specialmente se avremo un governo di destra. Netanyahu ha una posizione intransigente su tutta la linea. E appare intenzionato ad agire militarmente contro Teheran entro l'anno. Ma la mia previsione è che Obama voglia riequilibrare i rapporti con Israele dicendo: noi vi appoggiamo e difendiamo la vostra sicurezza senza condizioni, all'interno delle frontiere del '67. Ma siamo determinati a spingere per un processo di pace, che richiederà flessibilità nell'obiettivo di portare a una posizione comune le due ali dei palestinesi Fatah e Hamas. Ripeto, il quesito è cosa sia negli interessi di Israele: lo è una linea che ha portato a due guerre in tre anni, ha visto Israele e gli USA criticati nel mondo, non solo in quello islamico? Non credo».
Qualcuno giudica troppo positivi i suoi commenti sull'Iran.
«L'Iran è una sorpresa per chiunque ci vada. Il regime è oppressivo, mai suggerito diversamente. La retorica di Ahmadinejad è odiosa e inaccettabile. Ma gli ayatollah non sono pazzi, sono pragmatici, è sbagliato farne una caricatura. Inoltre, due terzi delle popolazione ha meno di 35 anni e in tre decenni ha visto migliorare la qualità della sua vita. Non sono rivoluzionari, non vogliono rovesciare il sistema, vogliono riforme, più pluralismo, più governo rappresentativo. E il modo migliore per aiutarli a muovere il Paese in questa direzione a mio avviso è impegnare il regime, promuovere il dialogo».

La STAMPA - Emanuele Novazio : " Ma la pace passa dal Pakistan "

Ministro Frattini, Obama vuole una strategia d’uscita dall’Afghanistan ma chiede più uomini all’Europa. Che cosa significa questo doppio binario?
«Significa non concentrarsi sull’aspetto “più uomini”, ma guardare a cosa servono: se servono a formare polizia e forze armate siamo pronti a contribuire. Ma prima di tutto significa considerare Afghanistan e Pakistan due facce della stessa medaglia: una strategia complessiva per la regione non può prescindere dal ruolo del Pakistan, che per noi è motivo di preoccupazione maggiore dell’Afghanistan. ».
Che fare in concreto?
«Intanto non ci devono essere sconfinamenti di truppe e addestratori: delegittimerebbero un governo che dobbiamo aiutare. L’azione europea dev’essere multipla: serve una politica di aiuti che non si basi principalmente su donazioni, ma su stabilizzazione politica. Bisogna impegnarsi in un accordo di libero scambio, aprire il nostro mercato. E mettere finalmente in agenda il Pakistan: non siamo ancora riusciti ad estendergli il mandato dell’alto rappresentante Ue per l’Afghanistan».
Cambiare prospettiva dunque?
«Sì, bisogna guardare a cosa accadrà fra 10 anni, non a cosa è successo 10 anni fa. Con l’Afghanistan stiamo facendo il bilancio di quello che è accaduto dal 2001. Se nel 2002 avessimo pensato a cosa sarebbe stato dell’Afghanistan 10 anni dopo, forse non avremmo fatto l’errore di concentrare il nostro impegno sullo sforzo militare trascurando la ricostruzione. Forse non avremmo pensato che parlare di Iran era tabù, e avremmo coinvolto l’Iran per una stabilizzazione. Col Pakistan siamo ancora in tempo».
L’Iran, dunque: la sua missione è confermata?
«Confermo l’intenzione di un incontro con Mottaki, magari già il 31 alla Conferenza dell’Aja, dove spero ci sarà perché non c’è conferma: ho interesse a capire, prima di organizzare la visita. Ho fatto un’offerta politica che ha sorpreso molti, e Obama ha sorpreso ancor di più. Ora tocca all’Iran fare un passo, anzi due: essere presente all’Aja a livello politico e poi alla conferenza G8 di Trieste, a giugno».
E la risposta di Khamenei a Obama?
«Attendista, di chi vuol vedere quali saranno i passi reali».
Le elezioni iraniane c’entrano?
«Non ne enfatizzerei il ruolo. In Iran ci sono linee diverse, ma anche alcune linee guida. Ciò detto sarebbe un errore attendere le elezioni. Il vincitore sarà rafforzato dalla vittoria, oggi l’Iran può essere più attirato da un inizio di dialogo con l’Occidente».
L’apertura di Obama ha fatto suonare qualche campanello d’allarme in Israele.
«La leggerei come il bisogno di capire cosa vuole l’Iran. Se si resta fermi alla bomba atomica non andiamo da nessuna parte, perché il programma nucleare iraniano purtroppo sta procedendo. Se invece impegniamo l’Iran in un negoziato che contiene incentivi e segnala occasioni che si possono perdere, si fa chiarezza».
Obama ha liberato dinamiche nuove a Teheran. Non si può ipotizzare un modello simile con Hamas? Il suo leader Meschaal ha ricordato il documento del 2006 in cui si impegna a far parte di un governo palestinese indipendentemente dal riconoscimento di Israele, e demanda all’Anp le trattative con Gerusalemme.
«In questo modo si elude un principio del Quartetto, che rappresenta la comunità internazionale. Mentre l’offerta di Obama non rimette in discussione decisioni internazionali: se si accettasse che Hamas può prescindere dal riconoscimento di Israele, il Quartetto tornerebbe indietro. Spero non lo faccia».
Il siriano Assad ha aperto agli Usa: tattica o cambio di passo?
«Sono convinto che gli americani ritengono possibile agganciare la Siria. Ne sono lieto: quando mesi fa Italia e Francia condivisero l’idea di aprire a Damasco, l'amministrazione Bush era scettica. Ma sbaglieremmo se oggi dicessimo alla Siria, dove entro aprile andrò in visita: “ecco la nostra precondizione, rinnega l’Iran”. Non è ancora in grado di farlo. E deve recuperare i rapporti con Arabia e Lega araba. E’ un percorso che l’Italia vuole accompagnare: ci considerano interlocutori affidabili, anche perché possiamo far leva su Israele»
Con Liebermann agli Esteri nel nuovo governo israeliano, si rischio una impasse definitiva nel negoziato?
«Netanyahu è pragmatico: uno come lui la pace la può fare. Quanto a Liebermann, ha avuto il coraggio di dire che se serve alla pace è pronto a ritirarsi dall’insediamento dove abita. Una massiccia dose di pragmatismo non manca neanche a lui».

Per inviare la propria opinione a Corriere della Sera e Stampa, cliccare sulle e-mail sottostanti


lettere@corriere.it
direttore@lastampa.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT